Poesie personali


Scritta da: Nello Maruca
in Poesie (Poesie personali)

CXLII

Col cuore che trabocca fuor dal petto
è di buonora in chiesa parrocchiale,
Sperando che ricorra buon finale
Vorrebbe trovarsi al prior cospetto

Che sol levare pote bubbon'infetto
Spargendo sua benedizion speciale,
Che rigenera e guarisce d'ogni male
e che a senno leva ogni difetto.

Quando pensieri viaggiano a galoppo
Pure per mente ch'è d'alt'intelletto
Puranco picciola cosa divien troppo.

Così la mente del misero Votto
Che d'angoscia resta ora congesta
Diviene pigra al par che pria è lesta.
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    Scritta da: Nello Maruca
    in Poesie (Poesie personali)

    L'avaro

    In loco del vero Iddio, l'Onnipotente
    Altro ne tiene in cuore il gran furfante:
    Lui disconosce il Padre, l'Onniveggente
    ma dei possedimenti è grand'amante.

    Sol la materia tiene a conoscenza,
    della spiritualità nulla curanza.
    Vive contando i beni di giorno in giorno
    e solo la roba, null'altro vede intorno.

    Produce il vino ma lo vende a botte,
    e delle mandrie vende latte e ricotte
    Olio! Un cucchiaio per l'intero giorno,
    un tozzo di pane e cacio a mezzogiorno

    e delle mandrie vende latte e ricotte;
    il volto tiene scuro e l'occhio bieco.

    Ha men la vista, quasi divien cieco.
    Valersi dell'oculista è uno spreco.
    Schiavo della ricchezza, n'h'arsura
    mentre il denaro lo presta a usura.
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      Scritta da: Nello Maruca
      in Poesie (Poesie personali)

      LXXXIII

      Si dona, allora, quasi tutto a scuola,
      pone massim'impegno all'istruzione
      e, in breve, di tutto, fa ripetizione:
      materie rivede, setaccia e scola *

      l'intelligenza sveglia, in alto vola,
      indi, rinsalda l'insita passione
      e ancor maggior'impegno in essa pone
      che gaudio dona ed animo consola.

      Preordinato a stretta spremitura
      non meno spasmodicamente attende
      disciogliere aggroviglio all'orditura.

      Il cuore in petto lesto balza al suono
      del nome quando, da cattedra scende
      docente brioso, dall'aspetto buono.
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        Scritta da: Nello Maruca
        in Poesie (Poesie personali)

        LXXXII

        Il benessere raggiunto manco l'ha tocco
        E nemmanco la nutrice reso altera,
        umili sono rimasti in loro sfera
        palesando dotto cervello, non allocco.

        Le faccende campestri non dan sbocco
        Che persona appassiona e rende fiera
        Pur se l'impegna da mattina a sera
        E l'animo addolcisce e rende becco (1)

        Quando, però, impegno arduo sospinge
        Necessita all'occhio che altrove volge
        E l'energia da quella parte pinge.

        Indi l'ometto ch'è due fuochi in mezzo
        verso lo più imponente indulge (2)
        Tralasciando, alquanto, quello rozzo.
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          Scritta da: Nello Maruca
          in Poesie (Poesie personali)

          LXXXI

          Intanto Votto dona di se il meglio,
          costantemente, in aula, attento resta,
          un sol pensiero nuota nella testa:
          Di mamma e del casato esser l'orgoglio.

          Nei fatti di campagna resta sveglio
          e nel lavoro ch'allesta mai fa sosta
          e a ogni necessità, tosto, s'appresta.
          In diligenza non paventa uguaglio.

          L'abile coltivatore poco invidia,
          conosce strame per formare letame
          e di coltura ogni cosa studia.

          Pur se piacevolmente d'esso tien fame
          Il ritmo al lavoro deve scemare
          che la coscienza esige altro dettame.
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            Scritta da: Nello Maruca
            in Poesie (Poesie personali)

            LXXX

            Or son due mesi già d'intenso studio,
            è certo che a breve sarà verifica
            Di quanto i docenti han dato con fatica,
            Il risultato indicherà, poi, il preludio.

            D'insegnamento non si da compendio
            Che qual chirurgo bisturi in piaga pratica
            e ferma decision il male districa
            Così di materia non si vuol dispendio.

            L'impegno nell'ascolto è assoluto;
            non un trambusto, non un sol bisbiglio.
            Tutto è fermo, tutto resta muto.

            Il silenzio è rotto solamente
            Da quella voce che con grand'orgoglio
            Sa d'essere ascoltata attentamente.
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              Scritta da: Nello Maruca
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              Carabiniere

              Ah! Se potessi essere non io
              e al par di Dante mi facesse Iddio
              dell'Esercito branca tant'onesta
              con diligenza canterei le gesta.
              Con mano lesta stilerei lo scritto
              e, di Te, Grande, narrerei l'editto.

              Se, poi, di Giotto avessi mente esperta
              Tua storia pingerei con mano certa;
              l'illustrerei su tela ricamata
              come nessuna mai fu disegnata.
              A Dio che innalza e abbassa pregherei
              Onde uguagliare altra mai potrei.

              Se del musico Verdi avessi l'estro
              le lodi canterei da gran maestro:
              Le canterei al suon di cornamusa
              e in ciel l'innalzerei, storia diffusa.
              Dolce all'orecchio il suono giungerebbe
              Tal che manco melodia d'Angeli terrebbe.

              Povero sono, però, in mente e arte
              perciò ogni velleità metto da parte;
              il sangue forte pulsa nelle vene
              sferzando nel cervello forti pene.
              In minuetto mi muovo in queste righe
              come formica nel trascinar le spighe.
              M'accosto, con timore, tremolante
              a narrare di Te, Uomo importante.

              Degno di fede e di vetusto onore
              il bene altrui alberghi dentro al cuore,
              da sempre per l'altrui la vita doni:
              Fedele più dei cani ai lor padroni.
              Quella divisa nera a strisce rosse
              vanta conquiste di molte riscosse:
              La porti con l'orgoglio del gran Fante
              d'importante battaglia reduce zelante...

              Ti volle Emanuele Primo di Sardegna
              quale tutore d'ordine e di legge;
              presente sempre dove il male affligge
              resti al tuo posto fino alla consegna:
              Rivedo la battaglia di Pastrengo,
              della Sforzesca e quella di Novara,
              per questo dentro al cuore mio Ti tengo
              e la Figura Tua m'è dolce e cara.

              In Aspromonte e sul silano monte
              hai combattuto lotte da valente,
              avverso i disonesti, per l'ostaggio,
              reprimesti nel silenzio il brigantaggio.
              In Libia fosti a conquistar medaglie
              lasciandoti alle spalle molte Spoglie,
              nella campagna fosti a Senafè
              e combattesti in quel di Macallè.

              Del sangue Tuo inondasti Podgora
              e quel Tuo sacrificio vale ancora,
              mostrandoti al dovere servo ligio
              rendesti alla Nazione gran servigio.
              Nei secoli fedele: Qesto il Tuo Motto
              fedele resti in tal mondo corrotto,
              lo fai per dedizione al Tuo dovere,
              degno sei d'ogni stima, carabiniere.
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                Scritta da: Nello Maruca
                in Poesie (Poesie personali)

                I piccoletti e la befana

                I piccoletti in fila vanno verso
                Il camino, lo fanno cheti cheti
                a sera zitti, seri, sereni e lieti.
                Composti, con fare assai diverso

                dall'usuale, congenita movenza.
                In mano ognuno tiene un piccolo
                calzino stretto sul cuoricino, solo
                Il più piccino è fuor di contingenza.

                Ciascuno la calza lascia accosta
                al focolare certo che l'indomani
                balocchi, chissà quali, avrà infra le mani.
                Già la vecchia Befana vedono che sosta

                accanto ai loro calzini da vuoti
                a farli pieni. La vedono volare,
                col sacco in spalle, la sentono parlare,
                la scopa tra le mani: sono estasiati.

                I piccoletti cuori carchi son di candore
                sognano di vedere, vedono davvero.
                Credono alle favole, amano l'amore.
                Quest'è candore puro, è candore vero.
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                  Il rimorso

                  Ogni mattina allo spuntare del giorno,
                  all'apparire dell'attesa aurora
                  sorgesse il sole o spirasse bora *
                  o ch'estate fosse o piovoso inverno

                  senz'alcun'indugio al campicello
                  sperando mettere qualcosa nel paniere
                  t'incamminavi per la ricerca giornaliera,
                  con chissà qual'altri pensieri nel cervello:

                  Quante volte, però' fu la ricerca vana,
                  quante volte il ritorno fu triste e deluso
                  che vuota fu la cerca quotidiana
                  e altro giorno in fame s'è concluso.

                  Nel desolato teterrimo abituro,
                  sfumata la speranza del mattino
                  tutt'intorno t'appariva ancor più scuro
                  ma la speranza non avea confino.

                  In quegl'anni di epidemica carestia
                  puranco d'affetti, nonna, fosti scarsa.
                  Povera in tutto, o nonna, io nol capia
                  perciò lo cuore me lo stringe morsa.

                  Grande, se solo poco avessi riflettuto
                  t'avrei qualche sospiro, forse, lenito.
                  Nol feci, più nulla or posso, t'ho perduto!
                  Il rimorso mi rode all'infinito.
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                    Scritta da: Nello Maruca
                    in Poesie (Poesie personali)

                    I (primo)

                    Sol nel guardarTi, Altissima Aurora,
                    vedere i bei capei arricciolati
                    e gl'occh'azzurri, che a guardare onora,
                    color che t'hanno a cuore sono beati.

                    Doni da bere a tutti gli assetati,
                    nessuno lasci fuori dalla Porta,
                    dentro, al sicuro meni i figl'amati
                    per grazia, per fede no: è assai corta. *

                    Vorrei avere l'onore d'invocarTi,
                    esser degno d'accedere a Tua Corte
                    ma a sufficienza non so ancora amarTi.

                    Quando mi ghermirà la certa Morte
                    E inerti rimarranno i miei arti
                    Sol'allora piangerò la triste sorte.
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