Poesie inserite da Alexandre Cuissardes

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Scritta da: Alexandre Cuissardes

Qualcuno su tanti

Su Casini lasciam fare
c'è il cognome già a spiegare.
Con Bersani è suppostina,
si va in bagno ogni mattina.
Se si crede a Berlusconi
tutti gli altri son coglioni.
Fini ormai non dice niente,
come il nome è trasparente.
Su Di Pietro cosa dire,
non si può neanche capire.
Niki Vendola si sa
vende in prosa vanità.
Di quegli altri che pensare,
che han coraggio da buttare
a voler per forza stare
sempre a galla,
sempre in sella.
Pur se odiati,
detestati,
alla sedia stan legati,
e con loro la gran truppa,
quell'esercito chiamato
-servitori dello stato-
dal paese mantenuto.
Composta giovedì 9 maggio 2013
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    Scritta da: Alexandre Cuissardes

    La seconda casa

    I segni di penna sul muro,
    prove del crescere di tuo figlio,
    sono nascosti
    sotto la vernice bianca di tanti nuovi arrivi.
    I ricordi di dieci case
    tutti in una nuova casa,
    la più vecchia.
    Unica buona cosa,
    ed una vecchia vita,
    stanca della tua compagnia
    che ha deciso di mollarti
    prima che sia tu a farlo.
    Ti lascia solo il tempo
    di riprendere i ricordi
    ma alla rinfusa,
    dopo ci sarà tutto il tempo,
    per mettere in ordine.
    Composta giovedì 9 maggio 2013
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      Scritta da: Alexandre Cuissardes

      Ritorno alla periferia del mare

      le tue scritte "ti amo"
      con le tante o fino alla fine del muro
      seguite da i suoi
      "davvero?" con i punti interrogativi
      fino alla fine del muro
      sono state quasi cancellate
      da mille spruzzi di mare,
      dall'acqua delle piante annaffiate,
      dalla pioggia
      o dalle pallonate al muro fattosi porta
      date da ragazzi diventati mai grandi,
      cresciuti soltanto in stupidità,
      senza alun rispetto per l'amore a parole,
      quello fatto di vernice sui muri.
      Il cortile è lo stesso,
      biciclette appoggiate,
      una miseria diversa
      una miseria straniera
      che non ha cancellato la nostra,
      due miserie convivono.
      Come del resto i padroni,
      i ladroni.
      I capelli hanno cambiato colore,
      la testa ha cambiato mille volte bandiera,
      il cuore no.
      I tatuaggi sul corpo sono anch'essi segni sbiaditi,
      nessuno li ha mai annaffiati o colpiti,
      piccoli fili caduti.
      Le ferite che hai dentro
      quelle si sono solchi profondi,
      se ci infili il dito lo tiri su rosso e bagnato.
      Ed ogni tanto ti riappare alla vista
      non sai neanche dove,
      ne come,
      l'unica traccia rimasta delle scritte sui muri,
      quel punto interrogativo,
      unica certezza.
      Composta giovedì 9 maggio 2013
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        Scritta da: Alexandre Cuissardes

        Dai nonni

        È un'ora d'estate
        di un giorno che si chiama domenica.
        Questa fila di ore
        messe in fila da sempre,
        ma per oggi qui ancora per poco.
        E noi di famiglia
        nel giorno di festa
        tutti estasiati
        davanti a quel quadro
        fatto di luce,
        firmato finestra,
        che tanto seduce.
        Aspettiamo curiosi
        che si abbui tutto quanto
        per voltare la faccia
        ed andarcene a cena.
        Composta lunedì 6 maggio 2013
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          Scritta da: Alexandre Cuissardes

          Toc toc

          Vorrei farmi una casa,
          ma la vorrei così nascosta
          da dover dire
          ogni volta che voglio tornare
          che non trovo la strada,
          come quando si è molto bevuto,
          o siamo confusi dalle tante vie del ritorno.
          E vorrei un portone gigante,
          pesante,
          che solo chi è sano e forte può muovere,
          ed una serratura che cambiasse ogni giorno
          per farmi capire
          ogni sera che torno,
          che non è casa mia.
          Composta lunedì 6 maggio 2013
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            Scritta da: Alexandre Cuissardes

            Molti ieri fa

            Matteo neppure mi considera,
            corre fra gli alberi.
            Ha poco da dirmi,
            oppure ha cose più importanti da fare
            che non venirmi incontro.
            Fatica a muovere la coda
            ma forse non ha voglia di salutarmi.
            O forse non mi riconosce,
            ho una maschera veneziana sul corpo
            ed il viso troppo scoperto.
            Corre sulla quattro zampe.

            È passato del tempo,
            quello fatto di anni.
            Matteo è sepolto nel "giardino di sopra"
            della villa dalla quale si guarda Firenze.
            Lo seppellì mio padre
            che per un giorno smise di bestemmiare
            e volle farsi prete
            per seppellire l'amico a quattro zampe.
            Composta lunedì 6 maggio 2013
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              Scritta da: Alexandre Cuissardes

              Tempo da perdere per pensare

              Ho bisogno di una casa
              dove da dentro
              attraverso i vetri
              vedo un fuori che piove
              e che mi bagna i capelli,
              e mi bagna le lacrime
              per diluirle,
              farle scendere più in fretta,
              sparire
              con i dolori
              in un bicchiere di vino di sabbia.
              E voglio un fuoco
              che accechi chi lo guarda cattivo
              ma riscaldi il mio cuore
              imperfetto e lontano,
              assente.
              Voglio una guerra
              ma solo nel giorno che se ne festeggia la fine
              e si contano i morti.
              Nessuno.
              Una guerra per burla.
              E voglio un giorno speciale
              ma non lo voglio in futuro
              lo vorrei oggi
              e su questo non scherzo
              perché non ho molto tempo.
              Ma mi scuote un risveglio,
              un ceffone ben dato.
              Capisco che l'ora di sogno è fnita.
              Straccio i miei - voglio -
              ed il mio - ho bisogno-
              e torno ad alzare le braccia,
              in fila con gli altri,
              il ritorno alla cella del padiglione realtà
              del mio carcere a vita.
              Composta lunedì 6 maggio 2013
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                Scritta da: Alexandre Cuissardes

                Una lucida confusione

                C'è in palio un premio
                all'ennesimo concorso con le parole scritte in piccolo.
                È una lente d'ingrandimento
                per leggere le parole in piccolo,
                o in alternativa
                un corso per imparare a leggere le parole in piccolo.
                Mentre aspetti i risultati
                ti arriva in tavola
                una nuova foto
                con due attori e un tradimento,
                ricco dessert di un misero pasto di fatti banali.
                Ma intanto è questo,
                fino alle storie di stasera.
                Menù più ricco,
                c'è il calciatore con l'attrice,
                il cantante predicante,
                c'è chi presenta chi si è presentato
                per raccontare la sua leggenda,
                quello che si è convinto d'essere.
                E già conosci la colazione di domani
                fatta da chi discute davanti alla legge
                che si è spostata dai tribunali
                e si è dispersa in mille canali
                fra creme
                saponi
                e dolci biscotti,
                cibo per cani
                e marche di lusso per ragazzotti
                che ridono forte con i denti bianchi,
                e succhi di frutta
                che si parano davanti.
                Ma intanto ci chiede attenzione
                una pagina a caso.
                Ci vuol far sapere
                che c'è stato un morto,
                qualcuno malato
                di un male africano
                contratto durante i suoi sogni notturni
                fatti di viaggi lontani.
                Così impara
                a non sognare italiano.
                E intanto la mano
                di chi fa quel mestiere
                ha già reso libero un posto
                sul pallottoliere.
                Ha già spostato
                quell'"uno" al settore "nessuno".
                Ma adesso guardiamo
                nella pagina apposta
                se c'è o no la notizia
                che da tanto aspettiamo.
                L'invenzione annunciata,
                la più attesa di tutte.
                I programmi tivù
                iniettati per via endovenosa,
                tutti in libera vendita
                anche senza ricetta.
                Il parlamento è in fermento,
                c'è chi già urla allo scandalo,
                all'ennesimo scandalo.
                Il conflitto d'interessi
                dell'immortale potente
                ha sconfitto di nuovo
                il conflitto di disinteresse
                dell'eterno perdente.
                Ma già un nuovo partito
                si propone a chi ancora ha il porto di scheda
                ed esercita a pieno il diritto di voto,
                cioè sperare a vuoto.
                La promessa è allettante
                anche se originale
                ed un po' stravagante.
                Hanno già assicurato
                che il domani migliore,
                è il domani passato,
                qui nessuno ha capito.
                ma in cambio del voto
                sono pronti a pagare.
                Ed già in molti han capito
                ciò che devono fare.
                Composta domenica 21 aprile 2013
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                  Scritta da: Alexandre Cuissardes

                  Un sogno

                  un gruppo di medici è  venuto in ufficio.
                  Avevano rimostranze da fare,
                  ne ho riconosciuti molti
                  eravamo stati ragazzi insieme,
                  ma loro non hanno riconosciuto me,
                  sono un uomo sciupato.
                  Portavo come sempre
                  documenti nella stanza accanto  
                  e cercavo qualcuno.
                  Le impiegate mi hanno detto che non c' era ancora “ il poi” che sarebbe dovuto arrivare.
                  Ma non era mai in orario.
                  -Anzi è sempre in ritardo-
                  una di loro lo ha detto
                  ridendo forte,
                  ci siamo stretti
                  strusciati.
                  Lei si è bagnata,
                  ma forse erano lacrime
                  scivolate in basso,
                  mentre mi stringeva forte
                  con mani cattive.
                  Subivo la stretta
                  ma seguivo con gli occhi d' illuso
                  i medici andare all'  uscita
                  con l' aria di chi ha vinto
                  ma voleva di più.
                  Dietro la porta di legno e chiodi
                  il medioevo,
                  strada in salita
                  strada di grossi sassi appuntiti.
                  Verso la piazza,
                  alla stazione del treno
                  Fellini Federico
                  professione impresario
                  aveva mandato un clown dietro al gruppo
                  di turisti stranieri,
                  saltava e suonava la tromba.
                  Io stavo a distanza
                  con i pantaloni bagnati
                  bagnati di lei.
                  Il cielo si manteneva scuro,
                  tarda serata d' estate
                  o preludio al temporale  
                  o pomeriggio d' inverno,
                  niente mi era ben chiaro,
                  solo i miei tempi sbagliati,
                  forse.
                  Composta venerdì 12 aprile 2013
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                    Scritta da: Alexandre Cuissardes

                    la fine a colori

                    magdalena gioca forte,
                    ha perduto tutto quanto,
                    si è rivolta agli strozzini.
                    Vaga pazza per la strada,
                    a chi incontra chiede sempre
                    qualche soldo da puntare.
                    Vende il corpo per tre soldi,
                    per pagarsi la sua voglia,
                    per pigiare sui bottoni.
                    Ed impreca molto forte
                    a ogni fine di partita,
                    prende a calci la sua droga
                    tutta luci
                    tutti suoni.
                    Non ha più casa ne amici,
                    si è ridotta proprio male.
                    Una macchina ha deciso
                    la sua vita quanto vale.
                    Composta giovedì 11 aprile 2013
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