Scritta da: Alexandre Cuissardes
in Poesie (Poesie personali)
sbandato
Sto da una parte,
dove per caso mi sono trovato.
Aspetto qualcuno che sappia
e mi dica
se sono dalla parte giusta
o no.
Composta domenica 22 luglio 2012
Sto da una parte,
dove per caso mi sono trovato.
Aspetto qualcuno che sappia
e mi dica
se sono dalla parte giusta
o no.
Le mie poche cose modeste,
il mio passaporto invisibile,
valido solo per luoghi vicini,
le scarpe da corridoio,
non adatte a lunghe camminate,
ho deciso,
non prendo niente,
la mia meta è vicina,
non è fatta di passi,
è un salto.
Loro non li guardano dall'alto
perché non si considerano padroni,
e neppure dal basso
perché non sono schiavi,
li guardano ad altezza d'uomo,
per poter mirare bene,
e fanno "pum" col dito,
chissà perché col dito.
Metto gli occhiali neri,
ma non per non vedere,
i miei occhi sono chiusi.
Li metto perché tu non veda
lacrime a pelle
per il tuo andare via.
Metto un cappotto al cuore
perché non senta il freddo del tuo abbandono.
Fra un po'
con un fazzoletto asciugherò le lacrime
ed un bicchiere di vin scappato riscalderà il mio cuore
e toglierò il cappotto.
E da domani nuove compagnie.
Presenti e pronti,
soldati con le pezze al culo
e spade di latta
a combattere non per un ideale
ma per un generale
che sta seduto al bar
con un bicchiere in mano
ed una cameriera dal gran seno
sulle sue ginocchia.
Se poi vinciamo la battaglia d'oggi
noi abbiamo portato a casa la pellaccia,
almeno per un giorno,
lui invece si farà l'ennesima bottiglia
per festeggiare l'ennesima medaglia,
non di latta.
Io ero con voi
quando applaudivamo a parole
che si sono rivelate bugie.
Io ero con voi
quando parlavamo
con un plurale imposto da estranei.
Io ero con voi
quando credevamo
che un simbolo avesse un valore.
Io ero con voi
quando soffrivamo
per i compagni che si erano armati,
e persi,
e morti.
Io ero con voi
quando credevamo nel secondo plurale,
nel noi.
Adesso dove sono,
mentre voi continuate ad applaudire,
ad urlare
a pensare di essere insieme,
non per crescere
ma per non sentirvi soli,
per condividere un fallimento
senza rendervene conto,
ad ubriacarvi delle parole al plurale
dette dai terzi di allora,
imbonitori da piazza.
Io sono qui,
vicino a voi,
con un giaccone imbottito,
certo del mio far male
del mio sbagliare mira.
Tanti morti perché alla fine
forse voglio morire in compagnia.
Sono vicino a noi,
come allora,
stavolta per sempre.
Allungo il calvario
per allontanare il momento della croce
e nel frattempo penso
che prima sarò in cima
prima mi toglierò il pensiero.
Ma siccome non sono ne puro,
ne bravo come il mio antico predecessore,
mentre salgo penso a quanti ne vorrei vedere,
a buon diritto,
al posto mio,
ed a quanti di quelli che mi urlano
e sputano addosso
vorrei rispondere con qualche bomba a mano,
ma mi è andata male
non come meritavo
ma come hanno deciso quelli peggiori di me, mondo a rovescio.
Guardiamoci il viso,
l'uno dell'altro,
la differenza da ieri,
ma non nello stesso momento,
non incrociamo gli sguardi,
non intrecciamo i ricordi.
Evitiamo le rabbie.
Cancelliamo tutto,
ognuno il suo,
voltiamoci le spalle,
è solo un semplice addio,
l'addio di una coppia finita,
o mancata.
La magistratura tiene sotto scacco i politici.
La burocrazia,
che è serbatoio di voti
tiene sotto scacco i partiti.
I partiti tengono sotto scacco il paese,
il paese va per conto proprio,
anzi vorrebbe,
ma ha le ganasce fiscali
a ruote,
palle
e seni,
non può più muoversi.
E così tengono in ostaggio ciò che resta del paese,
il quasi niente.
Al tuo dire corrisponde il mio dare.
Tu dici facciamo
ed io solo faccio,
dici cambiamo
ed io cambio
mi adeguo.
Tu chiedi di fare sacrifici
perché domani andrà meglio,
ma me lo dici
dall'alto del tuo star bene.
Lo dici a me,
che cerco una panchina per stanotte,
e "per fortuna" non ho più famiglia.
Ed alla fine pretendi anche il mio voto?
Io voterei,
ma non con una penna,
con una pistola
e non un simbolo
ma una persona,
un "te"
davanti alla mia rabbia.