Poesie inserite da Angelo Michele Cozza

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Scritta da: Angelo Michele Cozza

Non presenti al censimento dei soli

Ineffabile quintessenza
intatta leggera e diamantina
mi giungi e rallegri il mio cuore
instancabili pensieri poi
fanno il filo e ti sorridono
e festosi intorno ti ruotano,
tra spire ti avvolgono lievi:
cinta non puoi più fuggire
e uno sguardo innamorato
tra luci di stelle e di sole
si posa e ti accarezza,
stanco di baci su te si riposa.
Allo stesso ormeggio
e a una sola corda avvinti
restiamo quando il mare
ruggisce e si ingrossa
o se imperversa la tormenta
e il vortice della vita
l'un dall'altro tenta
di strapparci meschino.
Vita non abbiamo
che uniti mia diletta:
non armi la sorte la sua mano
contro di noi domani
non ci ributti infiacchiti
da solitudini in prigioni
senza luce ove mai vedremmo
l'ombra di noi stessi
e una mancanza d'aria
impedirebbe anche il respiro.
Non sai già tu il dolore
che l'asfissia diffonde?
Restiamo incorniciati
nel porta fotografie dell'amore
non ci ingiallisca il tempo
non spappoli la nostra essenza
o si spacchi il vetro
che dalla polvere ci protegge!
Il tutto che nel nulla svanisce
non si avverta che qui siamo
e ci risparmi per altre primavere:
la fortuna del due ci arrida
e soli il rapace vuoto non ci ritrovi.
Composta lunedì 19 maggio 2014
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    Scritta da: Angelo Michele Cozza

    Da te torno a tornare mare!

    Ozia sullo scoglio l'uccello marino
    un velo fosco l'orizzonte nasconde
    un naviglio lento si distanzia;
    sonnecchia il vento, l'onda è calma
    diradate schiume si spengono
    cala e imbruna il giorno cadente.
    Mare, stanco di tutto e di niente
    ancor a te mio soccorso torno
    e una fratellanza ritrovo
    se tutto addosso par mi crolli
    e dall'impresa del vivere mi dimetto.

    Che imperituro ti contamina cuore
    che su te aderisce e morde
    che ti scombina e l'ago
    della bussola di essere dirige,
    che oltre lo sguardo vuoto e fisso?
    Sono come un suolo spaccato
    in uno sverdito sepolcro:
    nulla germina nell'arso!
    Che mi dissangua e aggruma
    in questo pestilenziale stagno
    ove sostano impaludati pensieri?
    Tramonta, dirupa la luce
    cresce l'invaso del buio
    si ritirano gesti e parole,
    niente oltre l'acedia dirompe.
    S'aprisse a rinsanguarmi
    un cielo ai raggi della sera
    vita in cui più non credo:
    oh dimenticare le tariffazioni di pene
    le sottrazioni di allegria
    la mancanza di irenici abbandoni!

    Ravviva e enfatizza me spento mare
    di ottimismo empimi salsedine
    fomenta e capovolgi il mio animo
    che tocca il fondo del nulla
    quando ogni luce mente o si spegne
    e in me vecchio tutto si stinge,
    rialzami da questa infelicità
    in cui son disteso e non comprendo:
    nei vortici flussi e riflussi
    del mio essere solo io non anneghi!
    Composta lunedì 3 marzo 2014
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      Scritta da: Angelo Michele Cozza

      Rivelazioni e crivelli cognitivi

      Or che più non hai maschere
      e la tua identità è palese
      ora che posso intendere chi sei
      e non devo più nulla chiederti
      ora che ogni avere ho sepolto
      nella tomba del vuoto, ora si
      che posso da te staccarmi vita!
      Passata è l'alba dell'inganno
      tutto ho visto polverizzarsi
      dall'osservatorio del tempo;
      scricchi e tarlante parlante
      abbiamo origliato,
      il dilagare del male consueto
      il rarefarsi del bene
      il bastardume della menzogna
      i truffatori e i truffati di speranza
      le sopraffazioni del peggio sul meglio
      i lamenti e lo schianto
      del significato e del significante
      tanto censimmo vivendo.
      Le cose sono come sono
      e ogni simbolica e eletta
      magnificazione è inutile!
      Alzeremo un drappo bianco
      un giorno in segno di resa
      e saremo lo stesso impallinati
      da oscuro e invisibile nemico:
      si compirà il disastro fatale
      per noi giunti alla cognizione
      che la vita sia la china
      la decomposizione e la rovina
      di un prodigio fallito, il rantolo
      di una volontà di essere in agonia.
      Ci infatuammo di amore e desideri
      cercammo come forsennati speranze
      l'ebrezza di esser liberi e sognare
      combattemmo l'irruzione del dolore
      addolcimmo aspre malinconie
      ci assopimmo tra dogmi e fede fatui
      ci sorressero immaginazione e sogni
      ci lanciammo oltre la materia
      verso l'infinito noi finiti
      assetati di spirito e di essenza
      e tutto ebbe zero come risultato!
      Non rivelarti ad altri svelata vita
      abbia il suo decorso l'illusione
      affascina chi ancor le spalle
      non ti volta e candido cammina
      attirato dalle chimere del futuro
      che tanto promettono sorridendo.
      Composta martedì 4 marzo 2014
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        Scritta da: Angelo Michele Cozza

        Da tempo un disboscamento è in atto

        Da tempo un disboscamento è in atto
        anche le rare erbe son disseccate
        gli anni e i giorni al sole
        e alle intemperie son passati.
        Lo sforzo di prolungare
        l'amore per la vita, ora sterpaglia,
        più non è nelle mie forze
        un mal di vivere mi tedia e mi scava.
        Sono come un lichene di Sbarbaro
        sopravvivo su rocce solitarie
        e in condizioni estreme;
        frantumi e polvere in un fluire
        di apparenze estranee e staccate
        da sbuffi di vento son dispersi.
        Le maghe, le sirene e le sibille
        per altri mi hanno lasciato
        grigio squallore sul cuore incombe.
        Ci soffermeremo sulla battigia
        a fissar nell'acqua bolle di schiuma
        all'arbitrio divino tireremo un sasso
        vedremo la pioggia battere insistente
        su muri e vetrate; senza sogni,
        fisseremo orizzonti sfumati e velati.
        Il tempo di essere che fu
        è scorso in un batter d'occhi
        gesti parole atti amori decaduti
        a spenti ricordi echeggeranno vano
        oltre l'inganno che li contenne.
        Oh cimeli di speranze e di illusioni
        anneriti dal crepuscolo del tramonto
        e sparsi in un invivibile silenzio,
        mancamenti per insufficienza
        di essere nella nullità del tutto!
        Continuano a fissarmi fissi e gelidi
        gli occhi di Thanatos ma l'ombra nera
        non mi abbraccia né mi stringe ancora:
        atterrito e senza appoggiarmi a qualcosa
        all'autorità del Nulla mi sottometto.
        Composta lunedì 27 gennaio 2014
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          Scritta da: Angelo Michele Cozza

          Lira e trombe equoree

          Fino alle nane dune
          e prima delle spente agavi
          sospinto da impeti di vento
          turbinoso di spume e bolle
          brilla scava risucchia e rode
          il frangente rabbioso,
          più rigurgita e più attacca
          senza posa barche in secca
          o ancorate a fronti murati.
          Ancor rimbomba, più in là,
          il mugghio tra gli irti scogli
          erti a difesa di lidi e case
          a schiera sul litorale.
          Ah fragore prossimo che stridi
          con silenzi e quiete
          di piane valli e cime sommerse!
          Dal lungomare flagellato
          dalla tua ira, oggi
          con occhi vuoti ti fisso mare
          lira e trombe equoree ascolto
          e in segreto di me ti parlo;
          oltre la vista che ti confina
          sondo il mistero che mi infondi
          e interpreto la sua voce.
          Simili e dissimili forse
          a volte le nostre vite:
          sempre nuove masse acquee
          da fiumi e cielo o cloache
          a te convergono copiose;
          per noi se evapora la speranza
          e prosciuga l'illusione
          possiamo solo incenerire
          e sale mai daremo dopo il rogo
          del sole che nasce e muore
          sul tuo orizzonte mobile
          al variare dell'altura
          del belvedere da cui ti guardiamo.
          L'attesa dell'amo che risale
          speso ha successo per il pescatore
          per noi privi di fede
          qualunque sia l'esca usata
          dall'insondabile mistero
          dell'essere mai nulla pescheremo,
          conchiglie o perle di sapienza
          dalla battigia della vita
          mai raccoglieremo.
          Il tempo è veloce e il vivere
          tra maree di stagioni
          ci sbatte col suo moto
          e come acqua che passi
          tra le dite delle mani
          in un niente fugge:
          zavorrati da malinconie
          annegheremo all'improvviso
          o a poco a poco e negli occhi
          ci resterà la speme delusa
          di avvistare una riva
          che noi naufraghi tra flutti
          mettesse in salvo dalla morte.
          Composta venerdì 3 gennaio 2014
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            Scritta da: Angelo Michele Cozza

            Quando s'avviva un vento

            Dispiuma il flabello roggio
            che nel botro specchio riverbera
            un veemente vento di ponente,
            col suo fiato amplificato
            spennacchia volatili appollaiati
            chiome scuote e scrolla
            nuvolaglie scardina e disgrega;
            astuto, da spiragli o mal chiuso
            si intrufola per porte e scale
            mulina tra piazze sagrati e vie;
            traversale a pioppi e salici
            di terrose fiumane lontane mugola
            pareti rocce e muri come boomerang
            colpisce e si allontana.
            Se soffia tanto e alla valle
            in cui ebbi natali un giorno
            acceso va il ricordo
            su, oltre i querceti e i pruni,
            nel cimitero sotto il greppo
            forse lo udirà nell'aldilà
            mia madre da tempo seppellita
            e si rispolvererà un pezzo di vita
            passato e insieme consumato.
            Cade questo ritaglio di tempo
            ventilato che non mi allieta
            nel risucchio di un greppo;
            ora, tra mulinelli di solitudine
            fa stragi di pensieri e sogni.
            Atterrami, rovesciami e scalzami
            pure vento ma non immalinconirmi.
            Invidia, non vedi, da noi si alza
            per te che anche se muori risorgi.
            Composta lunedì 16 dicembre 2013
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              Scritta da: Angelo Michele Cozza

              Ad un'amica accorsa

              Costellazione di vaghezze
              che irrompi nel mio cielo
              perdona se, terremotato
              e in balia degli eventi,
              il cuore denudato, a te,
              svestito viene di speranza,
              se ad assistere ti costringe
              al crepitar di un rogo
              e lapilli, fumi e ceneri
              disturbano i tuoi occhi;
              se per tristezza,
              turbando tuo illibato amor di vita
              con nerofumi transita
              su candor di giovinezza!
              Tu non sai! Tra luci e ombre
              il tempo lo rimena,
              spossato lo catapulta nel giorno,
              cenciose prospettive
              gli apre e stracci sbandiera,
              con sogni in fuga lo deride
              e tramando gli passa accanto.
              Sballottato è sovente nell'ora
              come l'osso di seppia tra le onde
              ai cambiamenti di fronte del coraggio,
              instabile oscilla se si sposta
              il fulcro che ne equilibra il dubbio;
              alla speranza, amo teso nell'ombra,
              preda abbocca; detriti ruinati
              da pendii di giorni ostruiscono
              le condotte che amore
              adducono ai suoi atri!
              Come repentini franano i sogni,
              amica mia, come s'annera
              e si accorcia l'età delle illusioni!
              Cupo passante pur vorrei sorridere,
              concedermi, afferrarmi
              a rigogliosi rami d'amore:
              con altro passo farmi incontro
              fiducioso a corteo di stagioni!
              Per me che non ho più meta,
              inseguito da malinconie,
              bersaglio per dardi mortali
              volge alla fine il viaggio.
              Ah mio astro che triste favola
              pur ti narro, i neri sprazzi
              i ritagli di mala ventura,
              il rovescio della tunica che ti mostro,
              il rintronare di pensieri da cui sgorga
              lo sconcerto che odi e ch'io inetto
              e vile non so risparmiarti!
              Ma orsù, fuggi, allontanati
              da questo rimuginare cupo!
              La tua vita è alba, orgasmo di gioia,
              festoso rintocco di campana,
              suono di cornamusa,
              totale gaudio, euforia di dolcezze!
              Azzurri i tuoi giorni,
              ostri i tuoi tramonti,
              freschi pistilli, petali
              e gambi di rosa i tuoi anni;
              non arso dumo, non vespero,
              non tenebra, non singulto
              non lamento ostinato la tua voce;
              tripudio, non esacerbato
              momento d'agonia!
              Un fascio di felicità
              dai tuoi cespi lasciami raccogliere
              oggi bosco di felci e di viole!
              Possa lo stormire delle tue fronde
              far da sottofondo sonoro
              all'omelia quando pietra ricordo
              sarà deposta sulla mia tomba!
              Vagando tra i solchi uberi
              della tua pronta memoria,
              all'affiorare del mio ricordo,
              un mattino di primavera,
              alle prime luci mi coglierai
              fiore sbucato da invisibili radici:
              al capo di reciso stelo,
              tremulo, allora ti sorriderò corolla!
              Composta venerdì 30 novembre 2007
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                Scritta da: Angelo Michele Cozza

                Come a mosca cieca

                Andare a tentoni col pensiero
                di qua o di là che cambia
                se fatalmente sempre
                allo stesso punto poi arriveremo?
                Valga il vero fatidico, non si disvii:
                il turbine che mulina la vita
                e ci alza e ci spinge
                sulla torre da cui scrutiamo
                il senso ultimo delle cose
                nell'effimero ha sempre sbocco.
                A che nelle fenditure spiare
                se neppure alla luce vediamo!
                Solo un infingimento, mi ripeto,
                stipulato segretamente col cuore,
                -leva per il cambio della vita-
                ci salva dal groviglio
                di tenebre che ci attornia
                e ci catapulta su altra corsia.
                Falliti recensori di noi stessi
                ammettiamo onesti e convinti
                di non sapere niente
                oltre il solo fatto innegabile
                che sorge e tramonta il sole
                e si nasce e si muore ogni giorno.
                Fermarsi a mezza via
                di una strettoia di congetture
                o in alto mare o in una secca
                o su un cacume d'argilla di intedimenti
                sempre smarriti oltre ci si perde
                e alla mente un perché resta ignoto.
                Non si svelerà mai e poi mai
                la forza ignota che ci affatica
                e spinge i nostri passi ancora,
                il fluire di una potenza in atto
                che si attarda e ci solleva
                e in altri ondeggiamenti ci sbatte.
                A uno svolto, dopo un dedalo
                di malinconie e di pensieri,
                di colpo, riprendono battiti,
                ci appare una linea d'orizzonte
                e un senso di essere ci evoca.
                Bisogna uscire indenni, lucidi
                e irrobustiti dai soprassalti del vuoto
                per immaginare una sopravvivenza:
                dove poi andremo a finire, poco conta.
                Per ora, non accenderemo ancora
                ceri all'illusione e alla speranza;
                un po' di fuoco vivo nel crogiolo
                pur ci sarà sotto la cenere; domani
                ritorneremo nella bolgia dei recitanti,
                occultando l'incontro col nulla,
                continueremo a blaterare qualcosa.
                Composta sabato 30 novembre 2013
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                  Scritta da: Angelo Michele Cozza

                  Assenza

                  Brilla e ridente in alto passa
                  una luna novembrina stasera
                  -la ricordi la nostra prima luna? -
                  Aria fredda, amore, spiffera
                  dalla feritoia del balcone
                  ritornelli lunghi e lenti
                  orchestrale l'orologio suona,
                  intenso supplizio è di te l'attesa
                  t'aspetto e non verrai mia stella.
                  Impigliato in un vischio
                  di ore ombrose, intorno,
                  fitto un vuoto cresce
                  e un cuore floscio tonfa.
                  Più tardi, solo sarò ancora;
                  privo del caldo del tuo corpo
                  mi assedierà dura un'insonnia.
                  Privo di sonno e sogni
                  da un condotto di pensieri
                  fluida fuoriuscirà una malinconia
                  e non potrò, di sicuro,
                  evitare che mi inondi;
                  nubi basse di solitudine
                  si gonfieranno di nero
                  e alluvionata faranno una vita.
                  Tu, assente, non mi allungherai
                  per mettermi in secco le mani
                  e atterrito non saprò che fare.
                  Insaccato in demenze cupe
                  mi accecherò senza luce,
                  un sospiro dilatato estremo
                  e respirerò poi essenze di morte!
                  Spargi la tua anima calda ora
                  e dal gelo che nevica mi salvi;
                  cantami, con passione,
                  in do maggiore amore
                  la canzone che vorrei udire
                  più prima che una notte mi congeli.
                  Composta lunedì 18 novembre 2013
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                    Scritta da: Angelo Michele Cozza

                    Scatto apotropaico

                    Di che ti impicci cuore
                    perché lo sfondo del male
                    sondi tra le viste del mondo
                    e in un fremere d'orrore
                    ne fai rapporto scrupoloso?
                    Desisti e guarda oltre
                    estesi ne sono propaggini e forme:
                    cuore, ne trarresti solo pena e dolore!
                    Il male nasce scotta e vive
                    e terrifica ne è la teratologia!
                    Innumerabili i suoi figli
                    le variazioni e evoluzioni.
                    Desisti prima che ti avvisti
                    e riconosciutoti ribelle
                    o avverso al suo dominio
                    ti persegua e ti torturi:
                    insaziato ha sempre fame e sete.
                    Mal sopporta affronti e oppositori;
                    vanificata ogni protesta, vendette
                    insuffla e probi persegue,
                    pestifero emana i suoi odori
                    con mastice in ragne imprigiona.
                    Dalla notte dei tempi
                    da bene e virtù divorziato
                    tenace reclama il suo regno,
                    a Lucifero avvinto
                    paffuto succhia al suo seno,
                    scelleratezza si legge
                    sui suoi stendardi; mai arreso,
                    mai pago, arruola anime prave;
                    insano e stolto sani irride
                    pensieri e azioni intorbida
                    desideri e passioni impure diffonde;
                    coscienze spoglia di bontà e d'amore,
                    a tenebra fonde e tempera ogni luce;
                    essente essere incarbonisce
                    e spazzacamino non c'è per i suoi fumi.
                    Da millenni una stirpe di demoni
                    impegni annota sui suoi taccuini;
                    se cammina, ai bivi, ai trivi
                    o ai quadrivi sempre sa dove andare,
                    se inciampa o sta per cadere
                    sul male inciso fa perno e si regge.
                    Angeli decaduti o uomini lo perpetrano
                    per tenere alta la sua reputazione!
                    Composta giovedì 10 ottobre 2013
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