Poesie inserite da Angelo Michele Cozza

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Scritta da: Angelo Michele Cozza

A venir di primavera

Dimmi lampeggio di rapita pupilla
da dove giunge questa brezza sottile
che amorevole il cuore accarezza
e come scosso ramo lo fa tremare?
Congedatosi l'uggioso inverno,
con verdi tratteggi e sfumature
si va ridisegnando la vita,
con alacre passo riprende vigore;
altra cromìa di filigranate sensazioni
crea amorevoli contrasti all'accostarsi
di madreperlacei colori.
Oggi spumeggia il mare, brilla
il verdello tra prosperi pomari;
dilaga e ondeggia, tra selvaggi campi,
il rosso dei papaveri; brontolano
i turgidi rivi dei botri; vero e raro
dopo lungo volo, spietato falco
tregua dona ad ansimante preda!
Ah precoci annunci di primavera,
ripiegare della povertà della terra
che ubertosa si arricchisce di fiori,
emozioni che accestite e rinverdite,
rose e gerani alle finestre del cuore
spalancato, da dove lungimirante
una speranza ben salda guarda
un divenire riaffermarsi
con occhi d'amore e di illusioni!
Riprendimi solare tepore, dilata
le sgonfie sacche dell'anima di dolcezza,
innalzami fino alla bellezza pura
tra fermenti di luce e di chiarori;
circondato da riverberi e fili dorati
trepido e irraggiato, dello sbocciare
di un nontiscordardimè fammi testimone:
addolcito dall'evento poi io lo raccolga
e sopra come suggello vi imprima
l'impronta di un casto bacio augurale
prima che in dono lo offra al mio amore!
Ah questo apprendimento
del viver non vano che per noialtri
scolari svogliati, non ha mai fine!
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    Scritta da: Angelo Michele Cozza

    Borbotta e tace la mente

    L'artificiere che è nella mente fa brillare
    le sue mine, una marea di scintille fluisce:
    sono pensieri in agnizione,
    occupano circonvulozioni, fanno calca.
    Non si sfollano, mi provocano,
    fanno groviglio, perforano;
    come una ciurmaglia allo sbaraglio
    saccheggiano la stiva della mia coscienza
    all'alba di un suo stanco riveglio.
    C'è chi va, chi resta: un traffico mai visto
    con un frastuono mi intontiscono.
    Più li appallotto e li butto nel cestino
    più si riproducono copiosi.
    Vorrei svigliarmela, depistarli
    dissuaderli dai loro intenti imperscrutabili
    ma mi circondano, si accampano
    e assediano ogni mia volontà ostile.
    Che vorranno mai poi
    perché si impicciano della mia vita
    e interrogano il cuore all'esame
    del suo contenente e contenuto?
    Son leggeri più dell'aria, è vero
    ma perché allora pesano tanto
    e pressano emisferi cerebrali!
    Alcuni scherzano e mi frullano
    come fa un bizzarro vento con i fuscelli
    altri vogliono inculcarmi assurdità
    affascinarmi di nulla
    ingannarmi di poter raggiungere il tutto
    convincermi che esista l'eterno
    o spaventarmi mostrando spietati
    l'effimero tempo che pestifero
    tutto svanisce e cancella.
    Ecco che si staccano ancora
    dalle visceri della mia mente
    or balordi or sagaci
    pungenti e senza lasciarmi intendere
    la trama o il fine o il senso
    così come talvolta accade
    dopo aver letto un libro intero.
    Che filo li lega, luce o buio li proietta,
    perché mi trivellano l'anima,
    che riportano in superficie, saggiano
    il mio coraggio o il mio terrore affiorante?
    Mi curano, mi guariscono
    o mi ammalano e mi aggravano di un male oscuro
    sono allodole o spaventapasseri
    tarlano o insufflano amore di essere?
    Quanto suggeriscono per predare il meglio
    o il peggio del vivere;
    mi abbagliano o mi spengono
    ascoltando la cantafavola della vita?
    Ecco, la folla smembra, qualcuno ancora
    già assonnato si trattiene, tardivo svanisce
    poi discende e si propaga un silenzio.
    All'esplosione succede la stagnazione:
    è sempre un capovolgimento,
    un repentino alternarsi passando
    tra l'alfa e l'omega dell'essere
    quasi sempre nulla più poi resta in piedi;
    nel sub-errante vive o muore il pensiero
    ma mai, se vivi, ci dispensa dalla sua presenza.
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      Scritta da: Angelo Michele Cozza

      Il Tempo stinge molte cose!

      Fuggendo dedali di viuzze cupe
      sbucato nella strada delle rose
      tra fragranze e effluvi trovai luce
      l'amore per sentieri seguii a fiuto.
      Raggiunto dai dardi di Cupido
      tra petali e variopinti corimbi
      nell'affrontare nuovi respiri
      io vidi il lampeggio della lucciola
      sentii il grillo sotto la luna
      l'occhio vuoto fattosi pieno
      brillare all'aurora del cuore.
      Come nelle notti d'estate
      quando boccioli di fuochi colorati
      s'aprono rischiarendo il mare
      e rimbombano echi di spari
      con colpi da intime bocche di fuoco
      ogni appuntamento io festeggiai;
      sul pentagramma dei sogni
      le note trascrissi delle ispirate
      melodie dall'anima eseguite.
      Ma gli anni passano e tu, Musa
      lo sai: il Tempo stinge molte cose!
      Autunnale il sole perde calore
      ad una a una cadono le foglie,
      l'anima e la carne invecchiano
      e a nulla vale ricorrere alla scatola
      del trucco per nascondere
      il pubblico spessore delle rughe
      datato sul pallido volto senile.
      Ora che il domani, come l'età,
      più povero e triste è divenuto
      andiamo a ritrovare la scatola nera
      della memoria e lasciar parlare
      il nastro confuso dei ricordi cari,
      ripetiamo, tra fruscii, con un fremito di voce
      la storia smagata della nostra vita.
      Nell'amaca di un'ultima illusione
      sempre ci sarà dato di cullarci
      e a occhi chiusi riappropriarci
      ancora per un attimo indefinito
      di quanto il tempo ci portò via.
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        Scritta da: Angelo Michele Cozza

        Quando lontana sei e solo vivo

        Quando lontana sei e solo vivo
        lasciami credere che qui sei:
        animati sospira e dammi respiro.
        Si... ecco nell'incanto che ti incarna
        oltre la finestra dei miei pensieri
        ritornello d'amore ti effondi
        alata erompi e tra i minuti vuoti rimbalzi.
        Su, affina e rendi i miei sensi strumenti
        acuti e sia per te un inno che l'animo ascolta
        al venire delle stelle sempre stupite
        di ritrovar nei tuoi occhi tanta luce.
        Non mutar per stanchezza o noia
        in inezia o illusione
        un trastullo che il cuor rallegra:
        stonato sarebbe poi il minuetto suonato
        e serrate sul nulla resterebbero le mani
        che a te si appigliano come edera al muro.
        Lasciati toccare e io, non ansio, smetta
        di credere e sperare che tu verrai;
        abitami, sbarrate siano porte e finestre
        ermetiche fessure siano chiuse e sigillate
        perché non ti porti via una folata
        e ricostruire un volto poi sia scongiurato.
        L'incorporeo non è impossibile
        se già lo tempesto di baci
        e un canto imita una voce!
        Non si anticipa ne segue un ritrovarci
        se il battito del tuo cuore ascolto
        e indivisa accanto a me ti fondi
        come fa il cielo all'orizzonte con il mare.
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          Scritta da: Angelo Michele Cozza

          Spoliazioni e disvoleri

          Quanto dovrò attendere il fatidico giorno
          quando potrò imbarcarmi per l'aldilà e salutare
          tirare il fiato e portarmi lontano
          dal nulla ultimo che censisco vivendo?
          Se vi sia una sub o sovra esistenza
          se starò poi meglio o peggio chi può saperlo.
          Or che l'anima non esulta e più non batte le mani
          vorrei partire in fretta ma da me non dipende
          ci sono imperscrutabili voleri che decidono
          e se anche mi inginocchiassi a un Soprintendente
          non riceverei di certo alcuna anticipazione di favore.
          Inutile presenza, nel mucchio qui che ci sto a fare
          vagabondo corpo oramai quasi incorporeo
          in sedimentazione di speranze e di illusioni!
          Che cessato l'inganno di essere e apparire
          dopo qualche ventata di anni a polvere si retroceda
          è un fatto risaputo e ne siamo tutti informati.
          Si corre e ci si inerpica per tante scale
          invaghiti di vano, affannati poi
          - è noto - dopo l'ultimo estremo gradino
          un vuoto spaventoso sotto i piedi.
          Che più può spuntare da un orizzonte
          che non raggia scurisce e incupisce?
          L'improbabile e il probabile avverabile
          più non si agogna, niente ci incita
          se il marchingegno che riavvia i sogni
          è troppo usurato e un sostituto è irreperibile;
          finito il tabacco e le cartine
          non vi è più nulla da fumare:
          nel portacenere annerito restano
          solo bruciacchiature e cicche incarbonite.
          È assai chiaro! Non vi sono stati confusionali
          o sedicenti errori di interpretazione:
          il tutto immaginato, che più non si contatta,
          è una sostanza sbriciolata: ne siamo consapevoli!
          Infastiditi, appena borbottiamo
          per l'attesa esasperante di venire
          dalla lista dei viventi cancellati
          e sbuffiamo si per dover ancora fruire
          di un respiro a tempo indeterminato...
          La spoliazione - l'avvertiamo - è ancora in atto
          muti e in silenzio, senza lagno, languenti
          volenti o dolenti attendiamo che si concluda:
          al culmine, insaccati in un legno, finalmente
          raggiungeremo quel totale niente che siamo.
          Composta sabato 20 novembre 2010
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            Scritta da: Angelo Michele Cozza

            Rendicontando

            Il filo sul fuso è oramai quasi alla fine
            e poco importa delle forbici di Atropo
            della snervante partita a scacchi
            l'esito da molto tempo ci è noto
            ci estranieremo da debiti e da crediti
            di respiro, tutto accadrà improvviso
            o dopo un calvario di giorni penosi.
            Vivendo ho parlato spesso al cuore
            in cerca di allegria e d'amore
            ho camminato sotto il brillio
            delle stelle, tra pulviscoli di sogni
            sono annegato e emerso dal pozzo
            dell'inespugnabile ignoranza
            ho alzato le braccia e gridato
            sulle scale del lutto e del dolore
            ho agognato presenze e vicinanze
            decifrato volti e sorrisi
            cercato occhi sinceri da guardare
            scavato per trovare semi di me stesso.
            Or e domani che mi resta da fare?
            Scoprire ciò che non fui
            quante belve mi mangiarono il cuore
            quando e quanto mi nutrii di menzogne
            misurare la media dei giorni
            in cui mortificai me stesso
            e fui costretto a spacciarmi per altro?
            Nessun abito è eterno o non si sgualcisce
            la vita e l'amore durano quel che durano
            la tonaca passando tra intemperie e stagioni
            si stinge si consuma poi rovina
            nel gran mare dell'esistenza dopo i flutti
            la bianca vela in lontananza scompare
            al calar del sole e se ne perde la rottae la scia.
            Cesseranno rumori e frastuoni
            risuonerà il silenzio diffuso dalle trombe
            del nulla e del vuoto
            caduto il destino alle mie spalle
            sopra i ruderi resterà l'indifferenza
            e lo sbeffeggio di un Dio a cui non ho creduto
            la vanità delle parole, la trasparenza pura
            di un opaco scivolare verso l'oscuro.
            La speranza? E chi mai la conobbe!
            La fortuna di incontrarla ad altri la regalo!
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              Scritta da: Angelo Michele Cozza

              Bavanera

              Elettiva vertigine espressiva
              scintilla aurea che mente solchi
              guizzo creativo figlio dell'estro
              poesia sei o poesia ti proclami?
              Nuova, luccicante o sbiadito reperto
              dormiente in crestomazie ingiallite
              se ci dai pazzi voli e ci tuffi nella luce
              convinti noi ti diciamo: poesia tu sei!
              Ventata di armonia, melodia di Musa,
              gaudente assonanza, sempre in alto
              tu porti il cuore di chi umile bipede
              devoto innamorato ti ascolta!
              Filigrana d'anima invisibile
              taglio e cucito di suoni
              trama di ritmi, tintinnio
              tra percossi precordi,
              distillato e infuso di emozioni,
              sorpreso ti conobbi
              quando ad un inaspettato
              risveglio su uno schermo
              di immagini mi sorridesti.
              Come radiosa alba
              spuntata da un lucernario
              ebbro di sole poi ti guardai,
              per tanta intensità di luce
              il cuore si smarrì nel tuo incanto
              gli occhi di lacrime si bagnarono
              quando il nettare che ti nutre
              si discioglieva sangue nelle mie vene.
              A lustri nomi, con te imparentati
              chiesi forma, senso e lineamenti;
              non iniziato e privo di talento
              con goffe esibizioni e fallimenti
              accanito adulatore ripetutamente
              tentai di riprodurti essenza.
              Volevo affidarti il raccolto
              maturo dei miei sensi cresciuti
              ciò che intendevo del mondo
              e a cui non sapevo dare voce:
              saghe di sogni, convergere di pene
              torreggiar di amori, intrecci di illusioni
              martellar di sconforto, pozzi di dolore
              avvisaglie di paure, nomi su croci!
              Dalla balaustra celeste
              dove talvolta l'anima s'affaccia
              per l'invito di voci lieti o atroci
              che s'alzano dal mare umano
              quante nasciture meraviglie
              emergono dalle tue spume
              quali ambizioni di immanenza
              allatti generosa col tuo seno!
              Riparo e confidente sei
              per coloro che sanno e vano
              insorgono e ancora gridano
              contro i misfatti del tempo
              tempo che passa come la vita
              preda di un risucchio eterno
              che risparmia solo te e la tua prole.
              Oh Musa dammi ancora fiato
              per umilmente renderti omaggio
              prima che la morte mi sfiati!
              Composta giovedì 8 ottobre 2009
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                Scritta da: Angelo Michele Cozza

                Scaduto o mancante è ogni altro sogno

                Non urla di vento o di umani
                o altro accidente possibile
                aggirante per il vulnerabile corpo
                mi fa veglio in questa notte
                lunga e vivissima di ricordi.
                Nel buio silenzio che regna
                mi accerchiano e opprimono immagini,
                si appressano e mi calpestano
                fatti trascorsi come zoccoli di cavalli sfrenati,
                nelle mia povera mente indifesa
                transitano profili di volti indecifrati
                or verginali or dilavati di ogni leggiadria
                sorgivi di lampi or benigni or astiosi
                si accampano poi sullo schermo vitreo
                della finestra libera di tendaggi.
                Che sobilla il cuore, che mi agita
                e intorpidisce un me furioso
                che mi fa infermo di quiete d'anima?
                Oh i ricordi tristi e durevoli
                i sentimenti di ieri, gli istupidimenti
                di sogni che si assembrano
                e come serpi si attorcigliano
                fino a soffocarmi nell'incredibile.
                Primeggia la tristezza che fu
                e ritorna in questa oscurità, spirante
                la odo e mi affatica, prende più forza
                se un accenno è in me di allontanarla.
                Via fantasmi, creature del passato
                che allattate altri consanguinei
                andate via! Sono stanco e voglio dormire:
                cessi il vostro imperio e si colmi
                di pace questo vuoto di assenze.
                -Scaduto o mancante è ogni altro sogno-
                così sbuca e recita l'informazione che espio
                così mi dice l'insonnia ogni sera
                se male assortito è il dosaggio
                di ricordanze tristi e liete.
                Composta martedì 1 dicembre 2009
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                  Scritta da: Angelo Michele Cozza

                  Bavanera

                  Se non inchiara l'opaco divenire
                  e nel torbido nero tremo e avvizzisco
                  se moccolo si fa il lucignolo della vita
                  a che nel fugace resistere e respirare?
                  Si, smettiamola: voglio capitolare!
                  Su vieni Morte, proba amante
                  annullami e innalza il tuo vessillo
                  sulla sostanza del mio corpo,
                  circondato da selvagge vermene
                  tumulato io resti sotto i cipressi.
                  A che vale restare al guinzaglio
                  del tempo despota che incede
                  e tra strappi d'essere al nulla mi adduce?
                  Sono stanco di tutto, di me, del mondo,
                  di tambureggiare dimessi di speranze
                  stanco di contumelie, di sogni, di ritorni
                  e partenze, di accalappi e di illusioni.
                  Non sono stato un buon impresario
                  del mio destino e fiaschi e fischi
                  a più non dire più non li ho contati:
                  pochi i giorni di rimediata allegria
                  rare e brevi le feste e i canti del cuore.
                  Appartato deluso e intirizzito
                  fuggite ombre, ho cambiato panchina
                  ma sempre il sole andava altrove,
                  ogni volta che ad un incrocio
                  sceglievo una viuzza illuminata
                  consueta era l'indifferenza raccolta
                  da cuori e occhi d'altri incrociati.
                  Passante avrei parlato per anni
                  di che dentro avevo e moriva
                  quando malinconie sfibravano
                  il corpo e l'anima pene spiantava.
                  Finché ho creduto in qualcosa
                  ho tenuto duro e combattuto
                  e ora che fido in più in niente
                  tanto vale che il mio incomprensibile
                  tutto smagato muti in uno zero assoluto.
                  Anche il nero, come il verde o l'azzurro,
                  è un colore nell'inganno delle tinte
                  possibili delle cose che colorano la vita.
                  Mi sarei dovuto abbonare a un Dio
                  ebete partecipare a mostre e raduni,
                  frequentare navate, sfilare ai suoi atelier
                  per infilarmi in celesti drappi e veli
                  ma non ebbi mai un biglietto di invito
                  e compresenza di me stesso solo fui.
                  Ieri oggi domani andate altrove
                  di voi libero, mi distendo nel nulla.
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                    Scritta da: Angelo Michele Cozza

                    Vieni fuori, esci dall'ombra

                    Può il vento delle parole amorevoli
                    incidere o scalfire muri di granito?
                    Eppure col suo mantice soffia
                    e nel tempo con carezze modella
                    il crinale selvaggio che lo respinge,
                    da sporgenze informi e senza volto
                    vi ritaglia, a volte, fisionomie divine.
                    Io non so che essere vento
                    vento che parla all'unisono umano
                    che scava dentro chi non intende
                    onda d'aria che increspa e infrange
                    lo specchio trasparente ove vanità
                    in sosta narcise si mirano, onda
                    che cancella immagini che niente
                    di chi vi si specchia riflettono conforme.
                    Soffierà stanotte il vento alla tua finestra
                    ma non aprirla, il respiro
                    registrane in silenzio.
                    Fiuu... fiuu... Lo senti
                    che parla con la mia voce?
                    -è tutto nero, è tutto buio
                    nulla si rischiara in me
                    voglio restare dove sono! -
                    così incomprensibile amica
                    mi sembrò di udire l'ultima volta
                    che sognai i tuoi occhi sui miei...
                    Or prima che mi avvii oltre la linea
                    che ci separerà all'infinito, ascolta.
                    Vieni fuori, esci dall'ombra
                    non ti fermare interita sul nulla
                    se riflessi di luce ti trapassano
                    e in una scia luminosa resti impigliata.
                    Sollevati sopra l'opaco e il nero
                    e spicca un volo, rompi l'indugio
                    e guarda oltre. Vi sono tempi
                    e luoghi d'amore, piane di speranze
                    navi in partenza, giovani sogni in attesa.
                    Varca il limite del limite
                    e cambia possesso di ciò che non hai
                    cedi ad un'altra fede e fanne polo
                    luminoso ovunque visibile
                    quando il cuore si smarrisce
                    e all'impazzita vaga senza meta
                    girovago tra paesaggi di giorni orripilanti
                    tra vociferare di echi di bubbole
                    o strazi di memorie di un'età passata.
                    La luce si cerca dentro e fuori di noi
                    senza abiura o pentimento per quello
                    che avemmo cercammo e fummo,
                    affrontando il possibile e l'impossibile
                    che come acqua che fruscia nella gora
                    si può udire fluire tra le anse
                    i gorghi e le curve del fiume della vita.
                    Non vili duelliamo, battiamoci
                    difendendo il regno della luce:
                    meglio perire in combattimento
                    che essere umiliati e iloti in marcimento
                    incatenati ai ceppi della rassegnazione
                    arresi e remissivi a ciò che accade
                    senza scatti alteri, vinti tra i vinti.
                    Raggiungi te stessa prima di altro cedimento
                    cessi una inanità interiore, fatti sovversiva
                    nell'attimo non ambiguo che ci unisce
                    in questo soffio che ci trapassa e va oltre.
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