Scritta da: Angelo Michele Cozza
in Poesie (Poesie personali)
Elegia
Quanti solleoni e rose settembrine
nevi nidi e fiori di ibisco
discendendo la vita potrò
ancora censire prima del nulla?
Chiuderò anch'io gli occhi
e sposerà pace e oblio
per sempre il cuore intirizzito.
Tu hai visto quanto ti ha amato
come ha gioito e tremato donna
quando per un poco lo hai toccato
e come dignitoso abbia poi pianto
espiando la pena di un inganno.
Oh addio giorni di stelle cadenti,
difesi ultimi sogni tardivi
ricordi di carezze e baci
di arrivi e partenze furtive
addio speranze e illusioni
disciolte in intrugli amari!
Chi vi poté credere e ubbidire
istigato dalla voglia di vivere
prima che abiezione funghisse
e rancura abbattesse amore!
Cuore incontri e t'accompagni
oggi a smanie di funebri brame
taciti voci e risali silenzi.
Ridato mai ci è quanto perduto:
la corda dell'innocenza prima
tesa si spezza e il suo carillon
nessuno poi più ode deluso.
Che altro fluisce tra te e me
lamia con petto artigliato
mentre aspettiamo la fine
e il nulla cresce e si infiocca?
Che ti sazia mentre il tempo
sorpassa il passato e lo specchio
ti ricorda vespri di beltà
giunti con ciocche di capelli
bianchi oggi ancor più fitte?
Ognuno solo per conto suo
passante tra giorni di gramaglie
e ragne di ricordi viscosi
illuso, più illuso di prima,
illuso di padroneggiare il timone
di una vita che molle e floscia
delusa barcolla su un vascello
senza alberi e vele, che va
senza sestiere per un deserto mare
senza vento verso la boa
che segna il confine di ogni veduta
all'allungo della luce di un faro.
Che vedi nitido davanti a te
oltre il supplizio mio mesto che sbuca
e rischiarisce da questa lontananza
d'anima al venir della cava sera?
La guerra è finita e insieme siamo morti:
ognuno forse illumina la sua ombra
vagando tra campi di memorie:
all'altra amata, miserrimo chiede perdono.
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