Poesie inserite da Christabella del Mar

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Scritta da: Christabella del Mar

Camminando sulla Via Duomo

Camminavo senza meta,
distaccata e serena come una idiota
sulla Via Duomo quasi vuota,
senza energie e pensieri, senza fretta
come una sonnambula scoperta
dalla campana che suonava mezzogiorno
e l'ombra tozza del gigante campanile
mi fece domandarmi se era un sogno.
Sentivo dei passi, vedevo dei volti
sempre di più, e non erano dei morti.
Ripresi i sensi, tutto era vero
anche se il suono pareva avvolto
nel strano mistero di un'antico monastero
sognato una volta, vicino al cimitero.
La strada sembrava un sentiero
che univa il passato pesante e nero
con il futuro incerto, ancora straniero
leggero e trasparente come una gocce d'etero.
Strofino gli occhi, mi tocco i capelli,
mi svegliano in tutto il profumo dei fornelli
e due fratelli che fanno duello
con due ombrelli. Nell'alto-uccelli.
Composta martedì 24 marzo 2020
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    Scritta da: Christabella del Mar

    Nevica scrivendo nevicate

    L'inverno comincia quando comanda la neve.
    L'inferno comincia dove comanda il fuoco,
    quando le fiamme bevono le raggi del sole.
    Oggi ho voglia di neve, di tanta neve
    fino al paradiso, dove l'ultimo raggio di luna,
    congelato, sta per diventare
    una spada si argento o di sale.
    Guardo a destra, mi gira la testa.
    Guardo a sinistra, mi perdo la vista.
    Guardo indietro, manca il biglietto di treno del passato.
    Inutile guardare avanti, e troppo fumo di solfato...
    alzo lo sguardo verso l'alto
    da dove si abbassa il sipario di nebbia grossa
    che pressa e schiaccia le ossa.
    Qui nevica scrivendo nevicate prefabbricate...
    separa in sillabe la parola "l'amore",
    alcune, come "vita", "speranza" e "futuro" sono state cancellate.
    Andiamo, dai, saliamo sulla cima di una montagna!
    Se hai altro da fare, possiamo lasciare le mani fredde e bianche, come ilo gesso
    a riempire le lavagne con lettere e cifre,
    segni e disegni senza senso e colore,
    pieni di errori, senza valori e calore.
    Forse così, lasciati alla sorte, faranno uscire al mondo una canzone
    nel rumore del vento della dimenticanza
    sai, tipo una vacanza...
    ho voglia di neve, tanta neve, quella verace.
    Quella di prima, quella vorace
    ti ha spaccato il torace e si vede un pizzico di cuore...
    adesso ho voglia di neve, quella vergine, divina, per altre mille ore.
    E deve nevicare e nevicare ancora
    fino che ci uscirà tutta l'anima!
    Deve nevicare fino che si dimentica di odiare,
    di nevicarci nel nome di tutte le vendete.
    Voglio neve fino alla bocca, fino alla fronte, fino alla mente, fino alla morte.
    Voglio tenerti stretta la mano,
    e con un sorriso maledetto, affondarci definitivamente nella neve
    . Ecco le nuvole da dove caderà
    la mia neve di novembre,
    le mie favole di farfalle, nere e bianche.
    Loro hanno capito il messaggio
    e ci preparano il viaggio.
    Sii pronto, amore, anche se per ora piove.
    Sai, non può piovere per sempre!
    Fra poco farà la neve, amore, sorridi, dai.
    Composta sabato 23 novembre 2019
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      Scritta da: Christabella del Mar

      Tempo strambo

      Andavo a zanzo, con passi e sentimenti tediati
      sotto un cielo cenerino, scialbo, smorto
      che non sapeva ancora cosa fare
      star fermo e taciturno, piovere o nevicare.
      Il cielo mi sembrava un cimitero
      dove il tempo pensa solo ai fatti suoi,
      ma come tutto ciò che reca inibizioni
      mi generano timide riflessioni
      e soprattutto "cosa" siamo noi...
      i cimiteri sono come i rifugi
      dove i nostri pensieri
      non valgono niente: non possono uscire,
      non possono entrare.
      È tardi... è tardi. A qualcuno potrebbe interessare!
      Il loro tempo si ritira completamente da noi
      chiudendo dentro ogni nostra alleanza.
      Ma i nostri pensieri, per non sentirsi soli, delineano una geometria dove il tempo scorre da noi, senza una fonte.
      Inutile. Cominci a sentire un peso sulla fronte
      e puoi sentire solo la voce di caronte.
      Diventi l'ostaggio di una buia notte.
      Da quella buia stanza non vedi più la danza di nuvole stufate sul cielo cenerino...
      né le croci stanche che sembrano supportarsi a vicenda
      i pensieri ora guardano altrove, lontano dal mondo
      lontano dai morti, vicino al momento
      momento, l'unità di tempo che scorre condensata
      in una clessidra rotta da una croce di cemento
      nel cimitero, sotto il cielo cenerino, in un momento strambo.
      Composta mercoledì 11 marzo 2020
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        Scritta da: Christabella del Mar

        Ah! Quante cose perdute!

        Ah! Quante cose perdute
        che perdute non erano.
        Tutte le serbavi tu.

        Minuti grani di tempo,
        che portò via un giorno il vento.
        Alfabeti nella spuma,
        che un giorno il mare travolse.
        Io li credevo perduti.

        E perdute le nubi
        che pretendevo fermare
        nel cielo
        fissandole con occhiate.
        E l'allegria alta
        dell'amore, e l'angoscia
        di non amare abbastanza,
        e l'ansia
        di amare, di amarti, di più.
        Tutto perduto, tutto
        nell'essere stato un tempo,
        nel non esistere più.

        E allora tu sei venuta
        dal buio, radiosa
        di giovane pazienza profonda,
        agile, perché non pesava
        sui tuoi fianchi snelli,
        sulle tue spalle nude,
        il passato che tu,
        così giovane, portavi per me.
        Ti guardavo alla luce dei baci
        vergini che mi hai dato,
        e tempi e spume
        e nubi e amori perduti
        furono salvi.
        Se da me fuggirono un giorno,
        non fu per morire
        nel nulla.
        In te continuavano a vivere.
        Ciò che io chiamavo oblio
        eri tu.
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          Scritta da: Christabella del Mar

          No, non lasciate chiuse

          No, non lasciate chiuse
          le porte della notte,
          del fulmine, del vento,
          di ciò che mai si è visto.
          Restino aperte sempre
          esse, le ben note.
          E tutte, quelle ignote,
          che si aprono
          sui lunghi percorsi
          da tracciare, nell'aria,
          sulle rotte che stanno
          cercandosi un varco
          con volontà oscura
          e ancora non l'hanno trovato
          in punti cardinali.
          Mettete alti segnali,
          astri, meraviglie;
          che si veda chiaramente
          che è qui, che tutto
          desidera accoglierla.
          Perché può venire.
          Oggi o domani, o fra mille
          anni, o il giorno
          penultimo del mondo.
          E tutto
          deve essere così piano
          come la lunga attesa.

          Eppure so che è inutile.
          Che è un gioco mio, tutto,
          aspettarla così
          come folata o brezza,
          temendo che inciampi.
          Perché quando lei verrà
          sfrenata, implacabile,
          a raggiungere me,
          muraglie, nomi, tempi,
          si frangeranno tutti,
          travolti, penetrati
          irresistibilmente
          dalla gigante tempesta del suo amore,
          ormai presenta.
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            Scritta da: Christabella del Mar

            Che grande vigilia nel mondo!

            Che gran vigilia il mondo!
            Nulla era fatto.
            Né materia, né numeri,
            né astri, né secoli, nulla.
            Non era nero il carbone
            né tenera era la rosa.
            Nulla era nulla, ancora.
            Com'è ingenuo credere
            che fu il passato di altri
            e in altro tempo, ormai
            irrevocabile, sempre!
            No, il passato era nostro:
            e nemmeno aveva nome.
            Potevamo chiamarlo
            a nostro piacere: stella,
            colibrì, teorema,
            invece che "passato";
            togliergli il suo veleno.
            Un gran vento muoveva
            verso di noi miniere,
            continenti, motori.
            Di che, miniere? Vuote.
            Erano in attesa
            del nostro primo desiderio,
            per essere poi subito
            di rame, di papaveri.
            I porti, le città
            galleggiavano sul mondo,
            ancora senza un posto:
            aspettavano che tu
            dicessi loro: "qui",
            per lanciare le navi,
            le macchine, le feste.
            Macchine impazienti
            perché ancora senza meta;
            ché avrebbero fatto la luce
            se tu l'ordinavi,
            o le notti d'autunno
            se le volevi tu.
            I verbi, indecisi,
            ti guardavano negli occhi
            come cani fedeli,
            tremuli. Il tuo ordine
            avrebbe poi segnato
            il cammino, le azioni.
            Salire? Rabbrividiva
            la loro energia ignorante.
            Era forse andare verso l'alto
            "salire"? E andare verso dove
            era "discendere"?
            Con messaggi ad antipodi,
            ad astri, il tuo ordine
            avrebbe comunicato improvvisa
            coscienza del loro essere.
            Di volare o trascinarsi.
            Il grande mondo vuoto,
            inerte, innanzi a te
            stava: l'impulso
            lo avresti dato tu.
            E accanto a te, vacante,
            non nato ancora, in affanno,
            con gli occhi chiusi,
            il corpo già preparato
            per il dolore o il bacio.
            Con il sangue al suo posto,
            io, in attesa
            – ah, se non mi avessi guardato –
            che tu mi amassi
            e mi dicessi: "ora".
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              Scritta da: Christabella del Mar

              Domani. La parola

              "Domani". La parola
              libera, vacante, senza peso,
              si muoveva nell'aria,
              così senz'anima e corpo,
              senza colore né bacio,
              che l'ho lasciata passare
              al mio fianco, nel mio oggi.
              Ma, all'improvviso tu
              hai detto: "io, domani..."
              e tutto si è animato
              di carne e di bandiere.
              Mi si precipitavano
              addosso le promesse
              di seicento colori,
              con vestiti alla moda
              nude, ma tutte
              ricolme di carezze
              in treni o gazzelle
              mi giungevano – acute,
              suoni di violini –
              snelle speranze
              di bocche verginali.
              O veloci e grandi
              come navi, di lontano,
              come balene
              da mari remoti
              immense speranze
              d'un amore senza termine.
              Domani! Che parola
              vibrante, tutta tesa
              di anima e carne rosata,
              corda dell'arco dove
              tu hai messo, acutissima,
              arma di venti anni,
              la freccia più sicura
              quando hai detto: "io..."
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                Scritta da: Christabella del Mar

                Lì, oltre il sorriso

                Lì, oltre il sorriso,
                non ti si conosce più.
                Vai e vieni, scivoli
                per un mondo di valzer
                gelati, all'ingiù;
                e passando, i capricci,
                gli impulsi ti carpiscono
                baci senza vocazione,
                a te, la momentanea
                prigioniera dell'agevole.
                "Che allegra!" Dicono tutti.
                Ed è che tu allora
                tenti di essere altra,
                così somigliante
                a te stessa, che ho paura
                di perderti, così.

                Ti seguo. Attendo. So
                che quando non ti osservino
                gallerie né astri,
                quando il mondo crederà
                di sapere ormai chi sei
                e dirà: "sì, ora so",
                tu scioglierai,
                con le braccia in alto,
                dietro i capelli,
                il nodo, guardandomi.
                Senza rumore di cristallo
                cadrà per terra,
                maschera senza peso
                ormai inutile, il riso.
                E quando ti vedrai
                con l'amore che io ti tendo sempre
                come uno specchio ardente,
                tu riconoscerai
                un volto serio, grave,
                una sconosciuta
                alta, pallida e triste,
                la mia amata. Che mi ama
                al di là delle risa.
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                  Scritta da: Christabella del Mar

                  Perché hai nome tu?

                  Perché hai nome tu,
                  giorno, mercoledì?
                  Perché hai nome tu,
                  stagione, autunno?
                  Allegria, tristezza, sempre
                  perché avete nome: amore?

                  Se tu non avessi nome
                  io non saprei che cos'era
                  né come, né quando. Nulla.

                  Sa il mare come si chiama,
                  di essere il mare? Sanno i venti
                  i loro nomi, del sud
                  e del nord, oltre
                  che di essere puro soffio?
                  Se tu non avessi nome,
                  tutto sarebbe primo,
                  iniziale, tutto scoperto
                  da me,
                  puro fino al mio bacio.
                  Godimento, amore: delizia lenta
                  di godere, di amare, senza nome.

                  Nome: pugnale conficcato
                  nel mezzo di un petto puro
                  che sarebbe nostro sempre
                  se non fosse per il suo nome.
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