Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Della morte

Entrate, amici miei, accomodatevi
siate i benvenuti
mi date molta gioia.
Lo so, siete entrati per la finestra della mia cella
mentre dormivo.
Non avete rovesciato la brocca
nè la scatola rossa delle medicine.
I visi nella luce delle stelle
state mano in mano al mio capezzale.

Com'è strano
vi credevo morti
e siccome non credo nè in Dio nè all'aldilà
mi rammaricavo di non aver potuto
offrirvi ancora un pizzico di tabacco.

Com'è strano
vi credevo morti
e voi siete venuti per la finestra della mia cella
entrate, amici miei, sedetevi
siate i benvenuti
mi date molta gioia.

Hascìm, figlio di Osmàn,
perché mi guardi a quel modo?
Hascìm figlio di Osmàn
è strano
non eri morto, fratello,
a Istanbul, nel porto
caricando il carbone su una nave straniera?
Eri caduto col secchio in fondo alla stiva
la gru ti ha tirato su
e prima di andare a riposare
definitivamente
il tuo sangue rosso aveva lavato
la tua testa nera.
Chi sa quanto avevi sofferto.

Non restate in piedi, sedetevi.
Vi credevo morti.
Siete entrati per la finestra della mia cella
i visi nella luce delle stelle
siate i benvenuti
mi date molta gioia.

Yakùp, del villaggio di Kayalar
salve, caro compagno,
non eri morto anche tu?
Non eri andato nel cimitero senz'alberi
lasciando ai tuoi bambini la malaria e la fame?
Faceva terribilmente caldo, quel giorno
e allora, non eri morto?

E tu, Ahmet Gemìl, lo scrittore?
Ho visto coi miei occhi
la tua bara scendere nella fossa.
Credo anche di ricordarmi
che la tua bara fosse un po' corta per la tua statura.

Lascia stare, Gemìl
vedo che ce l'hai sempre, la vecchia abitudine
ma è una bottiglia di medicina, non di rakì.
Ne bevevi tanto
per poter guadagnare cinquanta piastre al giorno
e dimenticare il mondo nella tua solitudine.

Vi credevo morti, amici miei
state al mio capezzale la mano in mano
sedete, amici miei, accomodatevi.
Benvenuti, mi date molta gioia.

La morte è giusta, dice un poeta persiano,
ha la stessa maestà colpendo il povero e lo scià.
Hascìm, perché ti stupisci?
Non hai mai sentito parlare di uno scià
morto in una stiva con un secchio di carbone?
La morte è giusta, dice un poeta persiano.

Yakùp
mi piaci quando ridi, caro compagno
non ti ho mai visto ridere così
quando eri vivo ...
Ma lasciatemi finire
la morte è giusta dice un poeta persiano ...

Lascia quella bottiglia, Ahmer Gemìl,
non t'arrabbiare, so quel che vuol dire
affinché la morte sia giusta
bisogna che la vita sia giusta.

Il poeta persiano ...
Amici miei, perché mi lasciate solo?

Dove andate?
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Ti guardo e il sole cresce

    Ti guardo e il sole cresce
    Presto ricoprirà la nostra giornata
    Svegliati cuore e colori in mente
    Per dissipare le pene della notte

    Ti guardo tutto è spoglio
    Fuori le barche hanno poca acqua
    Bisogna dire tutto con poche parole
    Il mare è freddo senza amore

    È l'inizio del mondo
    Le onde culleranno il cielo
    E tu vieni cullata dalle tue lenzuola
    Tiri il sonno verso di te
    Svegliati che io segua le tue tracce
    Ho un corpo per attenderti per seguirti
    Dalle porte dell'alba alle porte dell'ombra
    Un corpo per passare la mia vita ad amarti

    Un corpo per sognare al di fuori del tuo son.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Le Ciaramelle

      Udii tra il sonno le ciaramelle,
      ho udito un suono di ninne nanne.
      Ci sono in cielo tutte le stelle,
      ci sono i lumi nelle capanne.
      Sono venute dai monti oscuri
      le ciaramelle senza dir niente;
      hanno destata nè suoi tuguri
      tutta la buona povera gente.
      Ognuno è sorto dal suo giaciglio;
      accende il lume sotto la trave;
      sanno quei lumi d'ombra e sbadiglio,
      di cauti passi, di voce grave.
      Le pie lucerne brillano intorno,
      là nella casa, qua su la siepe:
      sembra la terra, prima di giorno,
      un piccoletto grande presepe.
      Nel cielo azzurro tutte le stelle
      paion restare come in attesa;
      ed ecco alzare le ciaramelle
      il loro dolce suono di chiesa;
      suono di chiesa, suono di chiostro,
      suono di casa, suono di culla,
      suono di mamma, suono del nostro
      dolce e passato pianger di nulla.
      O ciaramelle degli anni primi,
      d'avanti il giorno, d'avanti il vero,
      or che le stelle son là sublimi,
      conscie del nostro breve mistero;
      che non ancora si pensa al pane,
      che non ancora s'accende il fuoco;
      prima del grido delle campane
      fateci dunque piangere un poco.
      Non più di nulla, sì di qualcosa,
      di tante cose! Ma il cuor lo vuole,
      quel pianto grande che poi riposa,
      quel gran dolore che poi non duole;
      sopra le nuove pene sue vere
      vuol quei singulti senza ragione:
      sul suo martòro, sul suo piacere,
      vuol quelle antiche lagrime buone!
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Donna genovese

        Tu mi portasti un po' d'alga marina
        Nei tuoi capelli, ed un odor di vento,
        Che è corso di lontano e giunge grave
        D'ardore, era nel tuo corpo bronzino:
        -Oh la divina
        Semplicità delle tue forme snelle-
        Non amore non spasimo, un fantasma,
        Un'ombra della necessità che vaga
        Serena e ineluttabile per l'anima
        E la discioglie in gioia, in incanto serena
        Perché per l'infinito lo scirocco
        Se la possa portare.
        Come è piccolo il mondo e leggero nelle tue mani!
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Oh gran bontà de' cavallieri antiqui!
          Eran rivali, eran di fé diversi,
          e si sentian degli aspri colpi iniqui
          per tutta la persona anco dolersi;
          e pur per selve oscure e calli obliqui
          insieme van senza sospetto aversi.
          Da quattro sproni il destrier punto arriva
          ove una strada in due si dipartiva.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Contusione

            Colore inonda la macchia, porpora cupo.
            Tutto slavato è il resto del corpo,
            ha colore di perla.

            In un anfratto di rupe
            risucchia il mare ossesivamente,
            un solo vuoto è perno di tutto il mare.

            Non più grande che una mosca
            il marchio funesto
            striscia giù per il muro.

            Il cuore si chiude,
            il mare cala,
            gli occhi sono schermati.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Nel cerchio di un pensiero
              a volte mi riposo sognando
              e lí sta il tuo peccato
              perché mi entri nel corpo
              e il corpo si appassiona
              gridando di un'estasi che non è sua
              altri giovani amanti diciamo
              che sono presenti
              nei tuoi baci nelle mie disattenzioni
              infatti su di me hanno camminato
              le ombre dei morti
              di coloro che sono inceneriti
              in un letto
              e non hanno mai avuto niente.
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