Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

Questo utente ha inserito contributi anche in Frasi & Aforismi, in Indovinelli, in Frasi di Film, in Umorismo, in Racconti, in Leggi di Murphy, in Frasi per ogni occasione e in Proverbi.

Scritta da: Silvana Stremiz

Il poeta

Il poeta è un uccello
che becca le parole
sotto la neve del normale
viene sul davanzale
e scappa, impaurito
se lo vuoi catturare
Il poeta è femmina
Il poeta è gagliardo
ha qualcosa, nello sguardo
che tu dici: è un poeta
Spesso è analfabeta
ma è meglio
è piú immediato
il poeta è un ammalato
colitico, fegatoso, asmatico
il poeta è antipatico, scontroso
ombroso: guai
chiamarlo poeta
è una cometa
che annuncia un mondo nuovo
è assolutamente inutile
è un fallito
è un pappagallo di partito
è organico, no,
è fatto d'aria
ha nella penna tutta intera
la rabbia proletaria
è sopra la politica
è sopra il mondo
il poeta è tisico e biondo
il poeta è sempre suicida
il poeta è un furbone
il poeta è una sfida
alle banalità del mondo
il poeta è assolutamente
del tutto normale
il poeta è omosessuale
il poeta è un santo
il poeta è una spia
poi un giorno va via
in un isola lontana
o anche a puttana
e lascia un gran vuoto
nella poesia
la sua
il poeta è il titolo
di questa mia.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Silvana Stremiz

    La petite promenade du poète

    Me ne vado per le strade
    strette oscure e misteriose
    vedo dietro le vetrate
    affacciarsi Gemme e Rose.
    Dalle scale misteriose
    c'è chi scende brancolando
    dietro i vetri rilucenti
    stan le ciane commentando.
    ...
    ...
    La stradina è solitaria
    non c'è un cane; qualche stella
    nella notte sopra i tetti:
    e la notte mi par bella.
    E cammino poveretto
    nella notte fantasiosa
    pur mi sento nella bocca
    la saliva disgustosa. Via dal tanfo
    via dal tanfo e per le strade
    e cammina e via cammina,
    già le case son più rade.
    Trovo l'erba: mi ci stendo
    a conciarmi come un cane:
    Da lontano un ubriaco
    canta amore alle persiane.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Silvana Stremiz

      Elogio della rosa (Adone)

      Poi le luci girando al vicin colle,
      dov'era il cespo che ' bel piè trafisse,
      fermossi alquanto a rimirarlo, e volle
      il suo fior salutar pria che partisse;
      e vedutolo ancor stillante e molle
      quivi porporeggiar, così gli disse:
      "Sàlviti il Ciel da tutti oltraggi e danni,
      fatal cagion dei miei felici affanni:
      Rosa, riso d'Amor, del Ciel fattura,
      rosa del sangue mio fatta vermiglia,
      pregio del mondo e fregio di natura,
      de la Terra e del Sol vergine figlia,
      d'ogni ninfa e pastor delizia e cura,
      onor de l'odorifera famiglia,
      tu tien d'ogni beltà le palme prime,
      sovra il vulgo dè fior Donna sublime.
      Quasi in bel trono Imperatrice altera
      siedi colà su la nativa sponda.
      Turba d'aure vezzosa e lusinghiera
      ti corteggia d'intorno e ti seconda;
      e di guardie pungenti armata schiera
      ti difende per tutto, e ti circonda.
      E tu fastosa del tuo regio vanto
      porti d'or la corona e d'ostro il manto.
      Porpora dè giardin, pompa dè prati,
      gemma di primavera, occhio d'aprile,
      dite le Grazie e gli Amoretti alati
      fan ghirlanda a la chioma, al sen monile.
      Tu, qualor torna a gli alimenti usati
      ape leggiadra o zeffiro gentile,
      dài lor da bere in tazza di rubini
      rugiadosi licori e cristallini.
      Non superbisca ambizioso il Sole
      di trionfar fra le minori stelle,
      che ancor tu fra i ligustri e le viole
      scopri le pompe tue superbe e belle.
      Tu sei con tue bellezze uniche e sole
      splendor di queste piagge, egli di quelle.
      Egli nel cerchio suo, tu nel tuo stelo,
      tu Sole in terra, ed egli rosa in cielo.
      E ben saran tra voi conformi voglie:
      dite fia '1 Sole, e tu del Sole amante,
      ei de l'insegne tue, de le tue spoglie
      l'aurora vestirà nel suo levante.
      Tu spiegherai nè crini e ne le foglie
      la sua livrea dorata e fiammeggiante,
      e per ritrarlo ed imitarlo appieno
      porterai sempre un picciol Sole in seno. "
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Silvana Stremiz

        Le conchiglie

        Ogni incrostata conchiglia che sta
        In quella grotta in cui ci siamo amati
        Ha la sua propria particolarità.

        Una dell'anima nostra ha la porpora
        Che ha succhiato nel sangue ai nostri cuori
        Quando io brucio e tu a quel fuoco ardi;

        Un'altra imita te nei tuoi languori
        E nei pallori tuoi di quando, stanca,
        Ce l'hai con me perché ho gli occhi beffardi.

        Questa fa specchio a come in te s'avvolge
        La grazia del tuo orecchio, un'altra invece
        Alla tenera e corta nuca rosa;

        Ma una sola, fra tutte, mi sconvolge.
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Silvana Stremiz

          L'ultimo canto di Saffo

          Placida notte, e verecondo raggio
          Della cadente luna; e tu che spunti
          Fra la tacita selva in su la rupe,
          Nunzio del giorno; oh dilettose e care
          Mentre ignote mi fur l'erinni e il fato,
          Sembianze agli occhi miei; già non arride
          Spettacol molle ai disperati affetti.
          Noi l'insueto allor gaudio ravviva
          Quando per l'etra liquido si volve
          E per li campi trepidanti il flutto
          Polveroso dè Noti, e quando il carro,
          Grave carro di Giove a noi sul capo,
          Tonando, il tenebroso aere divide.
          Noi per le balze e le profonde valli
          Natar giova trà nembi, e noi la vasta
          Fuga dè greggi sbigottiti, o d'alto
          Fiume alla dubbia sponda
          Il suono e la vittrice ira dell'onda.
          Bello il tuo manto, o divo cielo, e bella
          Sei tu, rorida terra. Ahi di cotesta
          Infinita beltà parte nessuna
          Alla misera Saffo i numi e l'empia
          Sorte non fenno. À tuoi superbi regni
          Vile, o natura, e grave ospite addetta,
          E dispregiata amante, alle vezzose
          Tue forme il core e le pupille invano
          Supplichevole intendo. A me non ride
          L'aprico margo, e dall'eterea porta
          Il mattutino albor; me non il canto
          Dè colorati augelli, e non dè faggi
          Il murmure saluta: e dove all'ombra
          Degl'inchinati salici dispiega
          Candido rivo il puro seno, al mio
          Lubrico piè le flessuose linfe
          Disdegnando sottragge,
          E preme in fuga l'odorate spiagge.
          Qual fallo mai, qual sì nefando eccesso
          Macchiommi anzi il natale, onde sì torvo
          Il ciel mi fosse e di fortuna il volto?
          In che peccai bambina, allor che ignara
          Di misfatto è la vita, onde poi scemo
          Di giovanezza, e disfiorato, al fuso
          Dell'indomita Parca si volvesse
          Il ferrigno mio stame? Incaute voci
          Spande il tuo labbro: i destinati eventi
          Move arcano consiglio. Arcano è tutto,
          Fuor che il nostro dolor. Negletta prole
          Nascemmo al pianto, e la ragione in grembo
          Dè celesti si posa. Oh cure, oh speme
          Dè più verd'anni! Alle sembianze il Padre,
          Alle amene sembianze eterno regno
          Diè nelle genti; e per virili imprese,
          Per dotta lira o canto,
          Virtù non luce in disadorno ammanto.
          Morremo. Il velo indegno a terra sparto
          Rifuggirà l'ignudo animo a Dite,
          E il crudo fallo emenderà del cieco
          Dispensator dè casi. E tu cui lungo
          Amore indarno, e lunga fede, e vano
          D'implacato desio furor mi strinse,
          Vivi felice, se felice in terra
          Visse nato mortal. Me non asperse
          Del soave licor del doglio avaro
          Giove, poi che perir gl'inganni e il sogno
          Della mia fanciullezza. Ogni più lieto
          Giorno di nostra età primo s'invola.
          Sottentra il morbo, e la vecchiezza, e l'ombra
          Della gelida morte. Ecco di tante
          Sperate palme e dilettosi errori,
          Il Tartaro m'avanza; e il prode ingegno
          Han la tenaria Diva,
          E l'atra notte, e la silente riva.
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: Silvana Stremiz

            Sarah Brown

            Maurizio, non piangere, non sono qui sotto il pino.
            L'aria profumata della primavera bisbiglia nell'erba dolce,
            le stelle scintillano, la civetta chiama,
            ma tu ti affliggi, e la mia anima si estasia
            nel nirvana beato della luce eterna!
            Và dal cuore buono che è mio marito,
            che medita su ciò che lui chiama la nostra colpa d'amore: -
            digli che il mio amore per te, e così il mio amore per lui, hanno foggiato il mio destino — che attraverso la carne raggiunsi lo spirito e attraverso lo spirito, pace.
            Non ci sono matrimoni in cielo,
            ma c'è l'amore.
            Vota la poesia: Commenta
              Scritta da: Silvana Stremiz
              Non piangere per me
              quando mi saprai morto
              Non oltre il suono tetro della campana lugubre
              Che dà notizia al mondo che sono fuggito
              Dalla sua codardia per vivere coi vermi.
              Anzi, se leggerai queste righe, dimentica
              La mano che le ha scritte: io ti amo così tanto
              Che vorrei scomparire dalla tua mente
              Se il pensiero di me può portarti dolore.
              Oh se mai tu posassi gli occhi su questi versi
              quando forse sarò già sfatto nella terra,
              Ti prego non chiamare il mio nome
              Ma lascia che il tuo amore con la mia vita muoia.
              Così che il mondo accorto non veda mai che tu
              Soffri ancora e ne rida, quando non sarai più.
              Vota la poesia: Commenta
                Scritta da: Silvana Stremiz

                Le mani

                Le mani delle donne che incontrammo
                una volta, e nel sogno, e ne la vita:
                oh quelle mani, Anima, quelle dita
                che stringemmo una volta, che sfiorammo
                con le labbra, e nel sogno, e ne la vita!
                Fredde talune, fredde come cose
                morte, di gelo (tutto era perduto):
                o tiepide, parean come un velluto
                che vivesse, parean come le rose:
                rose di qual giardino sconosciuto?
                Ci lasciaron talune una fragranza
                così tenace che per una intera
                notte avemmo nel cuore la primavera;
                e tanto auliva la soligna stanza
                che foresta d'april non più dolce era.
                Da altre, cui forse ardeva il fuoco estremo
                d'uno spirto (ove sei, piccola mano,
                intangibile ormai, che troppo piano
                strinsi? ), venne il rammarico supremo:
                - Tu che m'avesti amato, e non in vano! -
                Da altre venne il desìo, quel violento
                Fulmineo desio che ci percote
                come una sferza; e immaginammo ignote
                lussurie in un'alcova, un morir lento:
                - per quella bocca aver le vene vuote! -
                Altre (o le stesse) furono omicide:
                meravigliose nel tramar l'inganno.
                Tutti gli odor d'Arabia non potranno
                Addolcirle. - Bellissime e infide,
                quanti per voi baciare periranno! -
                Altre (o le stesse), mani alabastrine
                ma più possenti di qualunque spira,
                ci diedero un furor geloso, un'ira
                folle; e pensammo di mozzarle al fine.
                (Nel sogno sta la mutilata, e attira.
                Nel sogno immobilmente eretta vive
                l'atroce donna dalle mani mozze.
                E innanzi a lei rosseggiano due pozze
                di sangue, e le mani entro ancora vive
                sonvi, neppure d'una stilla sozze).
                Ma ben, pari a le mani di Maria,
                altre furono come le ostie sante.
                Brillò su l'anulare il diamante
                né gesti gravi della liturgia?
                E non mai tra i capelli d'un amante.
                Altre, quasi virili, che stringemmo
                forte e a lungo, da noi ogni paura
                fugarono, ogni passione oscura;
                e anelammo a la Gloria, e in noi vedemmo
                illuminarsi l'opera futura.
                Altre ancora ci diedero un profondo
                brivido, quello che non ha l'uguale.
                Noi sentimmo, così, che ne la frale
                palma chiuder potevano esse un mondo
                immenso, e tutto il Bene e tutto il Male:
                Anima, e tutto il Bene e tutto il Male.
                Vota la poesia: Commenta