Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

In Barca

Vedi le stelle, amore,
Ancor più chiare nell'acqua e splendenti
Di quelle sopra a noi, e più bianche
Come ninfee!

Ombre lucenti di stelle, amore:
Quante stelle sono nella tua coppa?
Quante riflesse nella tua anima?
Solo le mie, amore, le mie soltanto?

Guarda, quando i remi muovo,
Come deformate s'agitano
Le stelle, e vengon disperse!
Perfino le tue, lo vedi?

Rovesciano le stelle le acque
Acque povere, inquiete, abbandonate...!
Dici, amore, che non viene scosso il cielo
E immobili son le sue stelle?

Là! hai visto
Quella scintilla volare su di noi? Le stelle
In cielo neanche son sicure.
E di me, che sarà, amore, di me?

Cosa sarà, amore, se presto
La tua stella fosse lanciata sopra un'onda?
Sembrerebbero le tenebre un sepolcro?
Svaniresti tu, amore, svaniresti?
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    La strada nel bosco

    Chiusero la strada lì nel bosco
    già una settantina d'anni fa,
    maltempo e piogge l'hanno cassata,
    ed ora non potresti mai dire
    che c'era un tempo una strada lì nel bosco
    prima ancora che piantassero gli alberi.
    Starà sotto la macchia e sotto l'erica,
    o sotto gli esili anemoni.
    Solo il custode riesce a vedere
    che dove cova la palombella
    e i tassi ruzzolano a loro agio
    c'era un tempo una strada lì nel bosco.

    Pure, se nel bosco ti inoltri
    in una tarda sera d'estate, quando fa
    la brezza freschi i laghetti guizzanti di trote,
    dove la lontra fischia al compagno
    (non temono gli uomini nel bosco
    poiché ne vedono ben pochi),
    udrai lo scalpitio di un cavallo
    e il frusciar di una gonna sulla rugiada,
    un galoppo fermo e persistente
    attraverso quelle nebbiose solitudini:
    quasi che perfettamente conoscessero
    l'antica perduta strada lì nel bosco...
    Ma non c'è nessuna strada lì nel bosco!
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Il cuore del cipresso

      O cipresso, che solo e nero stacchi
      dal vitreo cielo, sopra lo sterpeto
      irto di cardi e stridulo di biacchi:

      in te sovente, al tempo delle more,
      odono i bimbi un pispillìo secreto,
      come d'un nido che ti sogni in cuore.

      L'ultima cova. Tu canti sommesso
      mentre s'allunga l'ombra taciturna
      nel tristo campo: quasi, ermo cipresso,
      ella ricerchi tra què bronchi un'urna.

      Più brevi i giorni,
      e l'ombra ogni dì meno
      s'indugia e cerca, irrequieta, al sole;
      e il sole è freddo e pallido il sereno.

      L'ombra, ogni sera prima, entra nell'ombra:
      nell'ombra ove le stelle errano sole.
      E il rovo arrossa e con le spine ingombra

      tutti i sentieri, e cadono già roggie
      le foglie intorno (indifferente oscilla
      l'ermo cipresso), e già le prime pioggie
      fischiano, ed il libeccio ulula e squilla.

      E il tuo nido? Il tuo nido?... Ulula forte
      il vento e t'urta e ti percuote a lungo:
      tu sorgi, e resti; simile alla Morte.

      E il tuo cuore? Il tuo cuore?... Orrida trebbia
      l'acqua i miei vetri, e là ti vedo lungo,
      di nebbia nera tra la grigia nebbia.

      E il tuo sogno? La terra ecco scompare:
      la neve, muta a guisa del pensiero,
      cade. Tra il bianco e tacito franare
      tu stai, gigante immobilmente nero.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Le sei del mattino

        Le sei del mattino.
        Ho aperto la porta del giorno ci sono entrato
        ho assaporato
        l'azzurro nuovo nelle finestre
        le rughe della mia fronte di ieri
        sono rimaste sullo specchio

        sulla mia nuca una voce di donna
        tenera peluria di pesca
        e le notizie del mio paese alla radio

        vorrei correre d'albero in albero
        nel frutteto delle ore

        verrà il tramonto, mia rosa
        e al di là della notte
        mi aspetterà
        spero
        il sapore di un nuovo azzurro.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Il giudice Somers

          Come accade, ditemi,
          che io, il più erudito degli avvocati,
          che conoscevo Blackstone e Coke
          quasi a memoria, che feci il più gran discorso
          che il tribunale avesse mai udito, e scrissi
          un esposto che meritò l'elogio del pretore Breese —
          come accade, ditemi,
          che io giaccio qui, dimenticato, ignoto,
          mentre Chase Henry, l'ubriacone della città,
          ha un cippo di marmo, sormontato da un'urna,
          su cui la Natura in un capriccio d'ironia
          ha seminato un cespo in fiore?
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            I limoni

            Ascoltami, i poeti laureati
            si muovono soltanto fra le piante
            dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti.
            Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi
            fossi dove in pozzanghere
            mezzo seccate agguantano i ragazzi
            qualche sparuta anguilla:
            le viuzze che seguono i ciglioni,
            discendono tra i ciuffi delle canne
            e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni.

            Meglio se le gazzarre degli uccelli
            si spengono inghiottite dall'azzurro:
            più chiaro si ascolta il susurro
            dei rami amici nell'aria che quasi non si muove,
            e i sensi di quest'odore
            che non sa staccarsi da terra
            e piove in petto una dolcezza inquieta.
            Qui delle divertite passioni
            per miracolo tace la guerra,
            qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
            ed è l'odore dei limoni.

            Vedi, in questi silenzi in cui le cose
            s'abbandonano e sembrano vicine
            a tradire il loro ultimo segreto,
            talora ci si aspetta
            di scoprire uno sbaglio di Natura,
            il punto morto del mondo, l'anello che non tiene,
            il filo da disbrogliare che finalmente ci metta
            nel mezzo di una verità
            Lo sguardo fruga d'intorno,
            la mente indaga accorda disunisce
            nel profumo che dilaga
            quando il giorno più languisce.
            Sono i silenzi in cui si vede
            in ogni ombra umana che si allontana
            qualche disturbata Divinità

            Ma l'illusione manca e ci riporta il tempo
            nelle città rumorose dove l'azzurro si mostra
            soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
            La pioggia stanca la terra, di poi; s'affolta
            il tedio dell'inverno sulle case,
            la luce si fa avara - amara l'anima.
            Quando un giorno da un malchiuso portone
            tra gli alberi di una corte
            ci si mostrano i gialli dei limoni;
            e il gelo del cuore si sfa,
            e in petto ci scrosciano
            le loro canzoni
            le trombe d'oro della solarità.
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