Cacciari: il fascismo è lontano Occhetto: il fascismo è vicino Cacciari: ma dove lo vedi? Occhetto: là, sul falsopiano Cacciari: ma è solo un puntino Occhetto: ma è enorme, sciocchino Cacciari: è una nuvola bassa Occhetto: è una squadraccia Scusate se interrompo la conversazione disse il capo del plotone d'esecuzione.
Buongiorno, mezzanotte. Torno a casa. Il giorno si è stancato di me: come potevo io - di lui? Era bella la luce del sole. Stavo bene sotto i suoi raggi. Ma il mattino non mi ha voluta più, e così, buonanotte, giorno!
Posso guardare, vero, l'oriente che si tinge di rosso? Le colline hanno dei modi allora che dilatano il cuore.
Tu non sei così bella, mezzanotte. Io ho scelto il giorno. Ma, ti prego, prendi una bambina che lui ha mandato via.
Nevica: l'aria brulica di bianco; la terra è bianca; neve sopra neve: gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco: cade del bianco con un tonfo lieve. E le ventate soffiano di schianto e per le vie mulina la bufera; passano bimbi: un balbettìo di pianto; passa una madre: passa una preghiera.
Saltimbanco, addio! Buona sera, Pagliaccio! Indietro, Babbeo: Fate posto, buffoni antiquati, dalla burla impeccabile, Fate largo! Solenne, altero e discreto, ecco venire il migliore di tutti, l'agile clown.
Più snello d'Arlecchino e più impavido di Achille è lui di certo, nella sua bianca armatura di raso: etereo e chiaro come uno specchio senza argento. I suoi occhi non vivono nella sua maschera d'argilla.
Brillano azzurri fra il belletto e gli unguenti mentre, eleganti il busto e il capo si bilanciano sull'arco paradossale delle gambe.
Poi sorride. Intorno il volgo stupido e sporco la canaglia puzzolente e santa dei Giambi applaude al sinistro istrione che l'odia.
Il giorno più felice Il giorno più felice - l'ora più felice questo mio inaridito cuore ha già conosciuto; ogni più alta speranza di trionfo e d'orgoglio sento ch'è fuggita via.
Trionfo? Oh sì, così fantasticavo; ma da gran tempo svanirono ormai le visione di quel mio giovanile tempo - e sia pur così.
E quanto a te, orgoglio, che dirti? Erediti pure un'altra fonte quel veleno che approntasti per me - Ora acquietati, o mio spirito.
Il giorno più felice - l'ora più felice - che quest'occhi avrebbero visto - hanno già visto, il rifulgente sguardo di trionfo e d'orgoglio sento che è spento ormai.
Ma mi fosse pur riofferta quella speranza di trionfo e d'orgoglio, e con la pena che allora avvertivo - quella fulgente ora io non vorrei riviverla:
giacché oscure scorie erano su quelle ali e, al loro agitarsi, una maligna essenza ne pioveva - fatale per un'anima che già l'ha conosciuta.
La curva dei tuoi occhi intorno al cuore ruota un moto di danza e di dolcezza, aureola di tempo, arca notturna e sicura e se non so più quello che ho vissuto è perché non sempre i tuoi occhi mi hanno visto.
Foglie di luce e spuma di rugiada canne del vento, risa profumate, ali che coprono il mondo di luce, navi cariche di cielo e di mare, caccia di suoni e fonti di colori,
profumi schiusi da una cova di aurore sempre posata sulla paglia degli astri, come il giorno vive di innocenza, così il mondo vive dei tuoi occhi puri e tutto il mio sangue va in quegli sguardi.
Al giardino spettrale al lauro muto de le verdi ghirlande a la terra autunnale un ultimo saluto! A l'aride pendici aspre arrossate nell'estremo sole confusa di rumori rauchi grida la lontana vita: grida al morente sole che insanguina le aiole. S'intende una fanfara che straziante sale: il fiume spare ne le arene dorate; nel silenzio stanno le bianche statue a capo i ponti volte: e le cose già non sono più. E dal fondo silenzio come un coro tenero e grandioso sorge ed anela in alto al mio balcone: e in aroma d'alloro, in aroma d'alloro acre languente, tra le statue immortali nel tramonto ella m'appar, presente.
Tutto il tuo dolore, Louise, e il tuo odio per me nacquero dalla tua illusione, che fosse leggerezza di spirito e disprezzo dei diritti della tua anima ciò che mi fece volgere ad Annabella e abbandonarti. In realtà tu prendesti ad odiarmi per amor mio, poiché io ero la gioia della tua anima, formato e temprato per risolverti la vita, e non volli. Ma tu eri la mia disgrazia. Se tu fossi stata la mia gioia, non mi sarei forse attaccato a te? Questo è il dolore della vita: le si può essere felici solo in due; e i nostri cuori rispondono a stelle che non voglion saperne di noi.
Padre, se anche tu non fossi il mio padre, per te stesso, egualmente t'amerei. Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno che la prima viola sull'opposto muro scopristi dalla tua finestra e ce ne desti la novella allegro. E subito la scala tolta in spalla di casa uscisti e l'appoggiavi al muro. Noi piccoli dai vetri si guardava.
E di quell'altra volta mi ricordo che la sorella, bambinetta ancora, per la casa inseguivi minacciando. Ma raggiuntala che strillava forte dalla paura, ti mancava il cuore: t'eri visto rincorrere la tua piccola figlia e, tutta spaventata, tu vacillando l'attiravi al petto e con carezze la ricoveravi tra le tue braccia come per difenderla da quel cattivo ch'eri tu di prima.