Odoravano i fior di vitalba per via, le ginestre nel greto; aliavano prima dell'alba le rondini nell'uliveto. Aliavano mute con volo nero, agile, di pipistrello; e tuttora gemea l'assiolo, che già spincionava il fringuello. Tra i pinastri era l'alba che i rivi mirava discendere giù: guizzò un raggio, soffiò su gli ulivi; virb... disse una rondine; e fu giorno: un giorno di pace e lavoro, che l'uomo mieteva il suo grano, e per tutto nel cielo sonoro saliva un cantare lontano.
Era pieno inverno. Soffiava il vento della steppa. E aveva freddo il neonato nella grotta Sul pendio della collina.
L'alito del bue lo riscaldava. Animali domestici stavano nella grotta, sulla culla vagava un tiepido vapore.
Scossi dalle pelli le paglie del giaciglio e i grani di miglio, dalle rupi guardavano assonnati i pastori gli spazi della mezzanotte.
Lontano, la pianura sotto la neve, e il cimitero e recinti e pietre tombali e stanghe di carri confitte nella neve, e sul cimitero il cielo tutto stellato.
E lì accanto, mai vista sino allora, più modesta d'un lucignolo alla finestrella d'un capanno, traluceva una stella sulla strada di Betlemme.
…
Per quella stessa via, per le stesse contrade degli angeli andavano, mescolati alla folla. L'incorporeità li rendeva invisibili, ma a ogni passo lasciavano l'impronta d'un piede.
Una folla di popolo si accalcava presso la rupe. Albeggiava. Apparivano i tronchi dei cedri. E a loro, "chi siete? " domandò Maria. "Noi, stirpe di pastori e inviati del cielo, siamo venuti a cantare lodi a voi due". "Non si può, tutti insieme. Aspettate alla soglia".
Nella foschia di cenere, che precede il mattino, battevano i piedi mulattieri e allevatori. Gli appiedati imprecavano contro quelli a cavallo; e accanto al tronco cavo dell'abbeverata mugliavano i cammelli, scalciavano gli asini.
Albeggiava. Dalla volta celeste l'alba spazzava, come granelli di cenere, le ultime stelle. E della innumerevole folla solo i Magi Maria lasciò entrare nell'apertura rocciosa.
Lui dormiva, splendente, in una mangiatoia di quercia, come un raggio di luna dentro un albero cavo. Invece di calde pelli di pecora, le labbra d'un asino e le nari d'un bue.
I Magi, nell'ombra, in quel buio di stalla Sussurravano, trovando a stento le parole. A un tratto qualcuno, nell'oscurità, con una mano scostò un poco a sinistra dalla mangiatoia uno dei tre Magi; e quello si voltò: dalla soglia, come in visita, alla Vergine guardava la stella di Natale.
L'anima verso la tua fronte, o calma sorella, dove sogna un autunno sparso di macchie di porpora e verso il cielo errabondo delle tue iridi angeliche, sale, come in un malinconico giardino, fedele un bianco zampillo sospira verso l'Azzurro! - Verso l'Azzurro raddolcito d'Ottobre pallido e puro che specchia il suo languore infinito ai grandi bacini e lascia, sull'acqua morta dov'erra col vento la fulva agonia delle foglie scavando un gelido solco, trascinarsi il sole giallo con obliquo raggio.
un salice di cristallo, un pioppo d'acqua, un alto getto che il vento inarca, un albero ben piantato ma danzante, un camminar di fiume che si curva, avanza, retrocede, fa un giro e sempre arriva: un camminar tranquillo di stella o primavera senza fretta, acqua che con le palpebre chiuse emette tutta notte profezie, unanime presenza in ondata, onda su onda fino a coprir tutto, verde sovranità senza tramonto come l'abbacinante effetto delle ali quando s'aprono nel mezzo del cielo, (... ) vado per il tuo corpo come per il mondo, il tuo ventre è una spiaggia soleggiata, i tuoi seni due chiese dove il sangue celebra i suoi misteri paralleli, i miei sguardi ti coprono come edera, sei una città che il mare assedia, una muraglia che la luce divide in due metà color di pesca, un luogo di sale, roccia e uccelli sotto la legge del meriggio assorto,
vestita del colore dei miei desideri vai nuda come il mio pensiero, vado pei tuoi occhi come per l'acqua, le tigri bevono sogno nei tuoi occhi, il colibrí si brucia in quelle fiamme, vado per la tua fronte come per la luna, come la nube per il tuo pensiero, vado per il tuo ventre come pei tuoi sogni, la tua gonna di mais ondeggia e canta,
la tua gonna di cristallo, la tua gonna d'acqua, le tue labbra, i capelli, i tuoi sguardi, tutta la notte piovi, tutto il giorno apri il mio petto con le tue dita d'acqua, chiudi i miei occhi con la tua bocca d'acqua, sulle mie ossa piovi, nel mio petto affonda radici d'acqua un albero liquido,
vado per la tua strada come per un fuime, vado per il tuo corpo come per un bosco, come per un sentiero nel monte che in un brusco abisso finisce, vado pei tuoi pensieri assottigliati e all'uscita dalla tua bianca fronte la mia ombra abbattuta si strazia, raccolgo i miei frammenti uno a uno e proseguo senza corpo, cerco tentoni, (... )
—la vita, quando fu davvero nostra? quando siamo davvero ciò che siamo? ben guardato non siamo, mai siamo da soli se non vertigine e vuoto, smorfie nello specchio, orrore e vomito, mai la vita è nostra, è degli altri, la vita non è di nessuno, tutti siamo la vita —pane di sole per gli altri, tutti gli altri che siam noi—, son altro quando sono, i miei atti son piú miei se sono anche di tutti
perché io possa essere devo esser altro, uscire da me, cercarmi tra gli altri, gli altri che non sono s'io non esisto, gli altri che mi dan piena esistenza, non sono, non v'è io, siam sempre noi, la vita è un'altra, sempre là, piú lungi, fuori di te, di me, sempre orizzonte, vita che ci svive e ci fa estranei che ci inventa un volto e lo sciupa, fame d'essere, oh morte, pane di tutti.
L'esangue primavera già tristemente esilia L'inverno, tempo lucido, tempo d'arte serena, E in me, dove un oscuro sangue colma ogni vena, L'impotenza si stira ed a lungo sbadiglia. Crepuscoli s'imbiancano tiepidi nella mente Che come vecchia tomba serra un cerchio di ferro, Ed inseguendo un sogno vago e bello, io erro Pei campi ove la linfa esulta immensamente. Poi procombo snervato di silvestri sentori, E scavando al mio sogno una fossa col viso, Mordendo il suolo caldo dove, sbocciano i fiori, Attendo nell'abisso che il tedio s'alzi... Oh riso Intanto dell'Azzurro sulla siepe e sui voli Degli uccelli ridesti che cinguettano al sole!
Ascoltate, Thomas Rhodes, presidente della banca; Coolbaugh Whedon, direttore dell'"Argo"; Reverendo Peet, pastore della prima chiesa; A. D. Blood, più volte sindaco di Spoon River; e finalmente voi tutti, membri dell'Associazione del Buon Costume — ascoltate le parole di Cambronne morituro, ritto con gli eroici superstiti della guardia di Napoleone a Mont Saint-Jean sul campo di battaglia di Waterloo, quando Maitland, l'inglese, gridò loro: "Arrendetevi, prodi Francesi! " — là sul finir del giorno, quando la battaglia fu irrimediabilmente perduta, e orde d'uomini che non eran più l'esercito del grande Napoleone si agitavano sul campo come brandelli laceri di nuvole tonanti nella tempesta. Ebbene, ciò che Cambronne disse a Maitland prima che il fuoco inglese spianasse il ciglio della collina contro la luce morente del giorno, io dico a voi, e a tutti voi, e a te, universo. E v'incarico di scolpirlo.
Woher sind wir geboren? Aus Lieb. Wie wären wir verloren? Ohn Lieb. Was hilft uns überwinden? Die Lieb. Kann man auch Liebe finden? Durch Lieb. Was läßt nicht lange weinen? Die Lieb. Was soll uns stets vereinen? Die Lieb.
Da dove siamo nati?
Da dove siamo nati? Dall'amore. Come saremmo perduti? Senza amore. Cosa ci aiuta a superarci? L'amore. Si può trovare anche l'amore? Con amore. Cosa abbrevia il pianto? L'amore. Cosa deve unirci sempre? L'amore.