Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Dopo l'acquazzone (Myricae)

Passò strosciando e sibilando il nero
nembo: or la chiesa squilla; il tetto, rosso,
luccica; un fresco odor dal cimitero
viene, di bosso.
Presso la chiesa; mentre la sua voce
tintinna, canta, a onde lunghe romba;
ruzza uno stuolo, ed alla grande croce
tornano a bomba.
Un vel di pioggia vela l'orizzonte;
ma il cimitero, sotto il ciel sereno,
placido olezza: va da monte a monte
l'arcobaleno.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    La Bufera

    La bufera che sgronda sulle foglie
    dure della magnolia i lunghi tuoni
    marzolini e la grandine,
    (i suoni di cristallo nel tuo nido
    notturno ti sorprendono, dell'oro
    che s'è spento sui mogani, sul taglio
    dei libri rilegati, brucia ancora
    una grana di zucchero nel guscio
    delle tue palpebre)
    il lampo che candisce
    alberi e muro e li sorprende in quella
    eternità d'istante - marmo manna
    e distruzione - ch'entro te scolpita
    porti per tua condanna e che ti lega
    più che l'amore a me, strana sorella, -
    e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere
    dei tamburelli sulla fossa fuia,
    lo scalpicciare del fandango, e sopra
    qualche gesto che annaspa...
    Come quando
    ti rivolgesti e con la mano, sgombra
    la fronte dalla nube dei capelli,
    mi salutasti - per entrar nel buio.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Le stagioni umane

      Quattro stagioni fanno intero l'anno,
      quattro stagioni ha l'animo dell'uomo.
      Egli ha la sua robusta Primavera
      quando coglie l'ingenua fantasia
      ad aprire di mano ogni bellezza;
      ha la sua Estate quando ruminare
      il boccone di miel primaverile
      del giovine pensiero ama perduto
      di voluttà, e così fantasticando,
      quanto gli è dato approssimarsi al cielo;
      e calmi ormeggi in rada ha nel suo Autunno
      quando ripiega strettamente le ali
      pago di star così a contemplare
      oziando le nebbie, di lasciare
      le cose belle inavvertite lungi
      passare come sulla siglia un rivo.
      Anche ha il suo Inverno di sfiguramento
      pallido, sennò forza gli sarebbe
      rinunciare alla sua mortal natura.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Vola, canzone, rapida

        Vola, canzone, rapida
        davanti a Lei e dille
        che, nel mio cuor fedele,
        gioioso ha fatto luce
        un raggio, dissipando,
        santo lume, le tenebre
        dell'amore: paura,
        diffidenza e incertezza.
        Ed ecco il grande giorno!
        Rimasta a lungo muta
        e pavida - la senti?
        - l'allegria ha cantato
        come una viva allodola
        nel cielo rischiarato.
        Vola, canzone ingenua,
        e sia la benvenuta
        senza rimpianti
        vani colei che infine torna.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          The Sorrow of Love

          The brawling of a sparrow in the eaves,
          The brilliant moon and all the milky sky,
          And all that famous harmony of leaves,
          Had blotted out man's image and his cry.

          A girl arose that had red mournful lips
          And seemed the greatness of the world in tears,
          Doomed like Odysseus and the labouring ships
          And proud as Priam murdered with his peers;

          Arose, and on the instant clamorous eaves,
          A climhing moon upon an empty sky,
          And all that lamentation of the leaves,
          Could but compose man's image and his cry.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Il desiderio di ricchezza del sottoproletariato romano

            Li osservo, questi uomini, educati
            ad altra vita che la mia: frutti
            d'una storia tanto diversa, e ritrovati,
            quasi fratelli, qui, nell'ultima forma
            storica di Roma. Li osservo: in tutti
            c'è come l'aria d'un buttero che dorma
            armato di coltello: nei loro succhi
            vitali, è disteso un tenebrore intenso,
            la papale itterizia del Belli,
            non porpora, ma spento peperino,
            bilioso cotto. La biancheria, sotto,
            fine e sporca; nell'occhio, l'ironia
            che trapela il suo umido, rosso,
            indecente bruciore. La sera li espone
            quasi in romitori, in riserve
            fatte di vicoli, muretti, androni
            e finestrelle perse nel silenzio.
            È certo la prima delle loro passioni
            il desiderio di ricchezza: sordido
            come le loro membra non lavate,
            nascosto, e insieme scoperto,
            privo di ogni pudore: come senza pudore
            è il rapace che svolazza pregustando
            chiotto il boccone, o il lupo, o il ragno;
            essi bramano i soldi come zingari,
            mercenari, puttane: si lagnano
            se non ce n'hanno, usano lusinghe
            abbiette per ottenerli, si gloriano
            plautinamente se ne hanno le saccocce
            piene.
            Se lavorano - lavoro di mafiosi macellari,
            ferini lucidatori, invertiti commessi,
            tranvieri incarogniti, tisici ambulanti,
            manovali buoni come cani - avviene
            che abbiano ugualmente un'aria di ladri:
            troppa avita furberia in quelle vene...

            Sono usciti dal ventre delle loro madri
            a ritrovarsi in marciapiedi o in prati
            preistorici, e iscritti in un'anagrafe
            che da ogni storia li vuole ignorati...
            Il loro desiderio di ricchezza
            è, così, banditesco, aristocratico.
            Simile al mio. Ognuno pensa a sé,
            a vincere l'angosciosa scommessa,
            a dirsi: "È fatta, " con un ghigno di re...
            La nostra speranza è ugualmente ossessa:
            estetizzante, in me, in essi anarchica.
            Al raffinato e al sottoproletariato spetta
            la stessa ordinazione gerarchica
            dei sentimenti: entrambi fuori dalla storia,
            in un mondo che non ha altri varchi
            che verso il sesso e il cuore,
            altra profondità che nei sensi.
            In cui la gioia è gioia, il dolore dolore.
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