Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Il Vampiro

Tu che t'insinuasti come una lama
Nel mio cuore gemente; tu che forte
Come un branco di demoni venisti
A fare folle e ornata, del mio spirito
Umiliato il tuo letto e il regno-infame
A cui, come il forzato alla catena,
Sono legato: come alla bottiglia
L'ubriacone; come alla carogna
I vermi; come al gioco l'ostinato
Giocatore - che sia maledetta.
Ho chiesto alla fulminea spada, allora,
Di conquistare la mia libertà;
Ed il veleno perfido ho pregato
Di soccorrer me vile. Ahimè, la spada
Ed il veleno, pieni di disprezzo,
M'han detto: "Non sei degno che alla tua
Schiavitù maledetta ti si tolga,
Imbecille! - una volta liberato
Dal suo dominio, per i nostri sforzi,
tu faresti rivivere il cadaver
del tuo vampiro, con i baci tuoi!"
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Continuità

    Nulla è mai veramente perduto, o può essere perduto,
    nessuna nascita, forma, identità - nessun oggetto del mondo,
    né vita, né forza, né alcuna cosa visibile;
    l'apparenza non deve ingannare, né l'ambito mutato confonderti il cervello.
    Vasti sono il tempo e lo spazio - vasti i campi della Natura.
    Il corpo lento, invecchiato, freddo - le ceneri rimaste dai fuochi di un tempo,
    la luce degli occhi divenuta tenue, tornerà puntualmente a risplendere;
    il sole ora basso a occidente sorge costante per mattini e meriggi;
    alle zolle gelate sempre ritorna la legge invisibile della primavera,
    con l'erba e i fiori e i frutti estivi e il grano.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Uomo del mio tempo

      Sei ancora quello della pietra e della fionda,
      uomo del mio tempo. Eri nella carlinga,
      con le ali maligne, le meridiane di morte,
      t'ho visto dentro il carro di fuoco, alle forche,
      alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu,
      con la scienza esatta persuasa allo sterminio,
      senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora,
      come sempre, come uccisero i padri, come uccisero
      gli animali che ti videro per la prima volta.
      E questo sangue odora come nel giorno
      quando il fratello disse all'altro fratello:
      "Andiamo ai campi". E quell'eco fredda, tenace,
      è giunta fino a te, dentro la tua giornata.
      Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue
      salite dalla terra, dimenticate i padri:
      Le loro tombe affondano nella cenere,
      e gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Barbara

        Ricordati Barbara
        Pioveva senza tregua quel giorno su Brest
        E tu camminavi sorridente
        Raggiante rapita grondante
        Sotto la pioggia
        Ricordati Barbara
        Pioveva senza tregua su Brest
        E t'ho incontrata in rue de Siam
        Tu sorridevi
        E sorridevo anch'io
        Ricordati Barbara
        Tu che io non conoscevo
        Tu che non mi conoscevi
        Ricordati
        Ricordati comunque di quel giorno
        Non dimenticare
        Un uomo si riparava sotto un portico
        E ha gridato il tuo nome
        Barbara
        E tu sei corsa incontro a lui sotto la pioggia
        Grondante rapita raggiante
        Gettandoti tra le sue braccia
        Ricordati di questo Barbara
        E non volermene se ti do del tu
        Io do del tu a tutti quelli che amo
        Anche se non li ho visti che una sola volta
        Io do del tu a tutti quelli che si amano
        Anche se non li conosco
        Ricordati Barbara
        Non dimenticare
        Questa pioggia buona e felice
        Sul tuo viso felice
        Su questa città felice
        Questa pioggia sul mare
        Sull'arsenale
        Sul battello d'Ouessant
        Oh Barbara
        Che cazzata la guerra
        E cosa sei diventata adesso
        Sotto questa pioggia di ferro
        Di fuoco acciaio sangue
        E lui che ti stringeva fra le braccia
        Amorosamente
        E forse morto disperso o invece
        Vive ancora
        Oh Barbara
        Piove senza tregua su Brest
        Come pioveva prima
        Ma non è più così e tutto si è guastato
        È una pioggia di morte desolata e crudele
        Non è nemmeno più bufera
        Di ferro acciaio sangue
        Ma solamente nuvole
        Che schiattano come cani
        Come cani che spariscono
        Seguendo la corrente su Brest
        E scappano lontano da Brest
        Dove non c'è più niente.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          La mia bohème (Fantasia)

          I pugni nelle tasche rotte, me ne andavo
          con il mio pastrano diventato ideale;
          sotto il cielo andavo, o Musa, a te solidale;
          oh! Là, là! Quanti splendidi amori sognavo!

          La sola braca aveva un largo buco. - In corsa
          sgranavo rime, Puccetto sognante. E l'Orsa
          Maggiore era la mia locanda. - Lassù
          le stelle in cielo avevano un dolce fru fru;

          le ascoltavo, seduto ai lati delle strade,
          nelle sere del buon settembre ove rugiade
          mi gocciavano in fronte un vino di vigore;

          e, rimando in mezzo ai tenebrosi fantastici,
          come fossero lire, tiravo gli elastici
          delle mie scarpe ferite, un piede sul cuore!
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            La filosofia dell'amore

            Le fonti si confondono col fiume
            i fiumi con l'Oceano
            i venti del Cielo sempre
            in dolci moti si uniscono
            niente al mondo è celibe
            e tutto per divina
            legge in una forza
            si incontra e si confonde.
            Perché non io con te?
            Vedi che le montagne baciano l'alto
            del Cielo, e che le onde una per una
            si abbracciano. Nessun fiore-sorella
            vivrebbe più ritroso
            verso il fratello-fiore.
            E il chiarore del sole abbraccia la terra
            e i raggi della Luna baciano il mare.
            Per che cosa tutto questo lavoro tenero
            se tu non vuoi baciarmi?
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Alle fronde dei salici

              E come potevamo noi cantare
              con il piede straniero sopra il cuore,
              fra i morti abbandonati nelle piazze
              sull'erba dura di ghiaccio, al lamento
              d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero
              della madre che andava incontro al figlio
              crocifisso sul palo del telegrafo?
              Alle fronde dei salici, per voto,
              anche le nostre cetre erano appese,
              oscillavano lievi al triste vento.
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