Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

Io ti amo

Io ti amo
e se non ti basta
ruberò le stelle al cielo
per farne ghirlanda
e il cielo vuoto
non si lamenterà di ciò che ha perso
che la tua bellezza sola
riempirà l'universo

Io ti amo
e se non ti basta
vuoterò il mare
e tutte le perle verrò a portare
davanti a te
e il mare non piangerà
di questo sgarbo
che onde a mille, e sirene
non hanno l'incanto
di un solo tuo sguardo

Io ti amo
e se non ti basta
solleverò i vulcani
e il loro fuoco metterò
nelle tue mani, e sarà ghiaccio
per il bruciare delle mie passioni

Io ti amo
e se non ti basta
anche le nuvole catturerò
e te le porterò domate
e su te piover dovranno
quando d'estate
per il caldo non dormi
E se non ti basta
perché il tempo si fermi
fermerò i pianeti in volo
e se non ti basta
vaffanculo.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Il sole e la lucerna

    In mezzo ad uno scampanare fioco
    sorse e batté su taciturne case
    il sole, e trasse d'ogni vetro il fuoco.
    C'era ad un vetro tuttavia, rossastro
    un lumicino. Ed ecco il sol lo invase,
    lo travolse in un gran folgorìo d'astro.
    E disse, il sole: - Atomo fumido! Io
    guardo, e tu fosti. - A lui l'umile fiamma:
    - Ma questa notte tu non c'eri, o dio;
    e un malatino vide la sua mamma
    alla mia luce, fin che tu sei sorto.
    Oh! grande sei, ma non ti vede: è morto! -
    E poi, guizzando appena:
    - Chiedeva te! Che tosse!
    Voleva te! Che pena!
    Tu ricordavi al cuore
    suo le farfalle rosse
    su le ginestre in fiore!
    Io stavo lì da parte...
    gli rammentavo sere
    lunghe di veglia e carte
    piene di righe nere!
    Stavo velata e trista,
    per fargli il ben non vista. -.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Ballata delle madri

      Mi domando che madri avete avuto.
      Se ora vi vedessero al lavoro
      in un mondo a loro sconosciuto,
      presi in un giro mai compiuto
      d'esperienze così diverse dalle loro,
      che sguardo avrebbero negli occhi?
      Se fossero lì, mentre voi scrivete
      il vostro pezzo, conformisti e barocchi,
      o lo passate a redattori rotti
      a ogni compromesso, capirebbero chi siete?

      Madri vili, con nel viso il timore
      antico, quello che come un male
      deforma i lineamenti in un biancore
      che li annebbia, li allontana dal cuore,
      li chiude nel vecchio rifiuto morale.
      Madri vili, poverine, preoccupate
      che i figli conoscano la viltà
      per chiedere un posto, per essere pratici,
      per non offendere anime privilegiate,
      per difendersi da ogni pietà.

      Madri mediocri, che hanno imparato
      con umiltà di bambine, di noi,
      un unico, nudo significato,
      con anime in cui il mondo è dannato
      a non dare né dolore né gioia.
      Madri mediocri, che non hanno avuto
      per voi mai una parola d'amore,
      se non d'un amore sordidamente muto
      di bestia, e in esso v'hanno cresciuto,
      impotenti ai reali richiami del cuore.

      Madri servili, abituate da secoli
      a chinare senza amore la testa,
      a trasmettere al loro feto
      l'antico, vergognoso segreto
      d'accontentarsi dei resti della festa.
      Madri servili, che vi hanno insegnato
      come il servo può essere felice
      odiando chi è, come lui, legato,
      come può essere, tradendo, beato,
      e sicuro, facendo ciò che non dice.

      Madri feroci, intente a difendere
      quel poco che, borghesi, possiedono,
      la normalità e lo stipendio,
      quasi con rabbia di chi si vendichi
      o sia stretto da un assurdo assedio.
      Madri feroci, che vi hanno detto:
      Sopravvivete! Pensate a voi!
      Non provate mai pietà o rispetto
      per nessuno, covate nel petto
      la vostra integrità di avvoltoi!

      Ecco, vili, mediocri, servi,
      feroci, le vostre povere madri!
      Che non hanno vergogna a sapervi
      – nel vostro odio – addirittura superbi,
      se non è questa che una valle di lacrime.
      È così che vi appartiene questo mondo:
      fatti fratelli nelle opposte passioni,
      o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo
      a essere diversi: a rispondere
      del selvaggio dolore di esser uomini.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Edge

        The woman is perfected.
        Her dead
        Body wears the smile of accomplishment,
        The illusion of a Greek necessity
        Flows in the scrolls of her toga,
        Her bare
        Feet seem to be saying:
        We have come so far, it is over.
        Each dead child coiled, a white serpent,
        One at each little
        Pitcher of milk, now empty.
        She has folded
        Them back into her body as petals
        Of a rose close when the garden
        Stiffens and odors bleed
        From the sweet, deep throats of the night flower.
        The moon has nothing to be sad about,
        Staring from her hood of bone.
        She is used to this sort of thing.
        Her blacks crackle and drag.
        Orlo
        -Sylvia Plath

        La donna è a perfezione.
        Il suo morto

        Corpo ha il sorriso del compimento,
        un'illusione di greca necessità

        scorre lungo i drappeggi della sua toga,
        i suoi nudi

        piedi sembran dire:
        abbiamo tanto camminato, è finita.

        Si sono rannicchiati i morti infanti ciascuno
        come un bianco serpente a una delle due piccole

        tazze del latte, ora vuote.
        Lei li ha riavvolti

        Dentro il suo corpo come petali
        di una rosa richiusa quando il giardino

        s'intorpidisce e sanguinano odori
        dalle dolci, profonde gole del fiore della notte.

        Niente di cui rattristarsi ha la luna
        che guarda dal suo cappuccio d'osso.

        A certe cose è ormai abituata.
        Crepitano, si tendono le sue macchie nere.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Passato

          I ricordi, queste ombre troppo lunghe
          del nostro breve corpo,
          questo strascico di morte
          che noi lasciamo vivendo
          i lugubri e durevoli ricordi,
          eccoli già apparire:
          melanconici e muti
          fantasmi agitati da un vento funebre.
          E tu non sei più che un ricordo.
          Sei trapassata nella mia memoria.
          Ora sì, posso dire che
          che m'appartieni
          e qualche cosa fra di noi è accaduto
          irrevocabilmente.
          Tutto finì, così rapito!
          Precipitoso e lieve
          il tempo ci raggiunse.
          Di fuggevoli istanti ordì una storia
          ben chiusa e triste.
          Dovevamo saperlo che l'amore
          brucia la vita e fa volare il tempo.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            Annoda i Lacci alla mia Vita, Signore,
            Poi, sarò pronta ad andare!
            Solo un'occhiata ai Cavalli -
            In fretta! Potrà bastare!
            Mettimi dal lato più sicuro -
            Così non cadrò -
            Visto che dobbiamo cavalcare verso il Giudizio -
            E una parte, è in discesa -
            Ma non mi curo dei precipizi -
            E non mi curo del Mare -
            Sorretta saldamente nell'Immortale Corsa -
            Dalla mia stessa Scelta, e da Te -
            Addio alla Vita che ho vissuto -
            E al Mondo che ho conosciuto -
            E Baciate le Colline, per me, basta una volta -
            Ora - sono pronta ad andare!
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Se proprio devi odiarmi
              fallo ora,
              ora che il mondo è intento
              a contrastare ciò che faccio,
              unisciti all'ostilità della fortuna,
              piegami
              non essere l'ultimo colpo
              che arriva all'improvviso
              Ah quando il mio cuore
              avrà superato questa tristezza.
              Non essere la retroguardia
              di un dolore ormai vinto
              non far seguire ad una notte ventosa
              un piovoso mattino
              non far indugiare un rigetto già deciso.
              Se vuoi lasciarmi
              non lasciarmi per ultimo
              quando altri dolori meschini
              avran fatto il loro danno
              ma vieni per primo
              così che io assaggi fin dall'inizio
              il peggio della forza del destino
              e le altri dolenti note
              che ora sembrano dolenti
              smetteranno di esserlo
              di fronte la tua perdita.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                Se tu dovessi venire in autunno
                mi leverei di torno l'estate
                con un gesto stizzito ed un sorrisetto,
                come fa la massaia con la mosca.

                Se entro un anno potessi rivederti,
                avvolgerei in gomitoli i mesi,
                per poi metterli in cassetti separati -
                per paura che i numeri si mescolino.

                Se mancassero ancora alcuni secoli,
                li conterei ad uno ad uno sulla mano -
                sottraendo, finché non mi cadessero
                le dita nella terra della Tasmania.

                Se fossi certa che, finita questa vita,
                io e te vivremo ancora -
                come una buccia la butterei lontano -
                e accetterei l'eternità all'istante.

                Ma ora, incerta della dimensione
                di questa che sta in mezzo,
                la soffro come l'ape-spiritello
                che non preannuncia quando pungerà.
                (dedicata a F. )
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  He ate and drank the precious Words -
                  His Spirit grew robust -
                  He knew no more that he was poor,
                  Nor that his frame was Dust -
                  He danced along the dingy Days
                  And this Bequest of Wings
                  Was but a Book - What Liberty
                  A loosened Spirit brings.
                  Mangiò e bevve le preziose Parole -
                  Il suo Spirito crebbe robusto -
                  Non era più consapevole d'essere povero,
                  Né che le sue ossa fossero Polvere -
                  Danzava lungo gli squallidi Giorni
                  E questo Lascito d'Ali
                  Era soltanto un Libro - Che Libertà
                  Procura uno Spirito affrancato -
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