La speranza è un essere piumato che si posa sull'anima canta melodie senza parole e non finisce mai. La brezza ne diffonde l'armonia e solo una tempesta violentissima potrebbe sconcertare l'uccellino che ha consolato tanti.
Strinsi le mani sotto il velo oscuro... "Perché oggi sei pallida?" Perché d'agra tristezza l'ho abbeverato fino ad ubriacarlo. Come dimenticare? Uscì vacillando, sulla bocca una smorfia di dolore... Corsi senza sfiorare la ringhiera, corsi dietro di lui fino al portone. Soffocando, gridai: "È stato tutto uno scherzo. Muoio se te ne vai". Lui sorrise calmo, crudele e mi disse: "Non startene al vento".
Le monete, il bastone, il portachiavi, la pronta serratura, i tardi appunti che non potranno leggere i miei scarsi giorni, le carte da giunco e gli scacchi, un libro e tra le pagine appassita la viola, monumento d'una sera di certo inobliabile e obliata, il rosso specchio a occidente in cui arde illusoria un'aurora. Quante cose, atlanti, lime, soglie, coppe, chiodi, ci servono come taciti schiavi, senza sguardo, stranamente segrete! Dureranno piú in là del nostro oblio; non sapran mai che ce ne siamo andati.
Veramente, vivo in tempi bui! La parola disinvolta è folle. Una fronte liscia indica insensibilità. Colui che ride probabilmente non ha ancora ricevuto la terribile notizia.
Che tempi sono questi in cui un discorso sugli alberi è quasi un reato perché comprende il tacere su così tanti crimini! Quello lì che sta tranquillamente attraversando la strada forse non è più raggiungibile per i suoi amici che soffrono?
È vero: mi guadagno ancora da vivere ma credetemi: è un puro caso. Niente di ciò che faccio mi da il diritto di saziarmi. Per caso sono stato risparmiato. (Quando cessa la mia fortuna sono perso)
Mi dicono: mangia e bevi! Accontentati perché hai! Ma come posso mangiare e bere se ciò che mangio lo strappo a chi ha fame, e il mio bicchiere di acqua manca a chi muore di sete? Eppure mangio e bevo.
Mi piacerebbe anche essere saggio. Nei vecchi libri scrivono cosa vuol dire saggio: tenersi fuori dai guai del mondo e passare il breve periodo senza paura.
Anche fare a meno della violenza ripagare il male con il bene non esaudire i propri desideri, ma dimenticare questo è ritenuto saggio. Tutto questo non mi riesce: veramente, vivo in tempi bui!
Voi, che emergerete dalla marea nella quale noi siamo annegati ricordate quando parlate delle nostre debolezze anche i tempi bui ai quali voi siete scampati.
Camminavamo, cambiando più spesso i paesi delle scarpe, attraverso le guerre delle classi, disperati quando c'era solo ingiustizia e nessuna rivolta.
Eppure sappiamo: anche l'odio verso la bassezza distorce i tratti del viso. Anche l'ira per le ingiustizie rende la voce rauca. Ah, noi che volevamo preparare il terreno per la gentilezza noi non potevamo essere gentili.
Ma voi, quando sarà venuto il momento in cui l'uomo è amico dell'uomo ricordate noi Con indulgenza.
Scienza, vera figlia ti mostri del Tempo annoso, tu che ogni cosa trasmuti col penetrante occhio! Ma dimmi, perché al poeta così dilani il cuore, avvoltoio dalle ali grevi e opache? Come potrebbe egli amarti? E giudicarti savia, se mai volesti che libero n'andasse errando a cercar tesori per i cieli gemmati? Pure, si librava con intrepide ali. Non hai tu sbalzato Diana dal suo carro? E scacciato l'Amadriade dal bosco, che in più felice stella trovò riparo? Non hai tu strappato la Naiade ai suoi flutti, l'Elfo ai verdi prati e me stesso infine al mio sogno estivo all'ombra del tamarindo?
L'amore non è pretendere, ma dare è dimenticarsi, ma non dimenticare è vivere fuori di sé, pur rimanendo in sé è riservarsi le spine e offrire le rose L'amore chiede tutto e ha il diritto di farlo.
L'ultima cicala stride sulla scorza gialla dell'eucalipto i bambini raccolgono pinòli indispensabili per la galantina un cane alano urla dall'inferriata di una villa ormai disabitata le ville furono costruite dai padri ma i figli non le hanno volute ci sarebbe spazio per centomila terremotati di qui non si vede nemmeno la proda se può chiamarsi cosí quell'ottanta per cento ceduta in uso ai bagnini e sarebbe eccessivo pretendervi una pace alcionica il mare è d'altronde infestato mentre i rifiuti in totale formano ondulate collinette plastiche esaurite le siepi hanno avuto lo sfratto i deliziosi figli della ruggine gli scriccioli o reatini come spesso li citano i poeti. E c'è anche qualche boccio di magnolia l'etichetta di un pediatra ma qui i bambini volano in bicicletta e non hanno bisogno delle sue cure Chi vuole respirare a grandi zaffate la musa del nostro tempo la precarietà può passare di qui senza affrettarsi è il colpo secco quello che fa orrore non già l'evanescenza il dolce afflato del nulla Hic manebimus se vi piace non proprio ottimamente ma il meglio sarebbe troppo simile alla morte ( e questa piace solo ai giovani)
Noi sedemmo sull'orlo della fontana nella vigna d'oro. Sedemmo lacrimosi in silenzio. Le palpebre della mia dolce amica si gonfiavano dietro le lagrime come due vele dietro una leggera brezza marina. Il nostro dolore non era dolore d'amore né dolore di nostalgia né dolore carnale. Noi morivamo tutti i giorni cercando una causa divina il mio dolce bene ed io.
Ma quel giorno già vanía e la causa della nostra morte non era stata rivenuta.
E calò la sera su la vigna d'oro e tanto essa era oscura che alle nostre anime apparve una nevicata di stelle.
Assaporammo tutta la notte i meravigliosi grappoli. Bevemmo l'acqua d'oro, e l'alba ci trovò seduti sull'orlo della fontana nella vigna non piú d'oro.
O dolce mio amore, confessa al viandante che non abbiamo saputo morire negandoci il frutto saporoso e l'acqua d'oro, come la luna.
E aggiungi che non morremo piú e che andremo per la vita errando per sempre.
Su te, vergine adolescente, sta come un'ombra sacra. Nulla è più misterioso e adorabile e proprio della tua carne spogliata. Ma ti recludi nell'attenta veste e abiti lontano con la tua grazia dove non sai chi ti raggiungerà. Certo non io. Se ti veggo passare a tanta regale distanza, con la chioma sciolta e tutta la persona astata, la vertigine mi si porta via. Sei l'imporosa e liscia creatura cui preme nel suo respiro l'oscuro gaudio della carne che appena sopporta la sua pienezza. Nel sangue, che ha diffusioni di fiamma sulla tua faccia, il cosmo fa le sue risa come nell'occhio nero della rondine. La tua pupilla è bruciata dal sole che dentro vi sta. La tua bocca è serrata. Non sanno le mani tue bianche il sudore umiliante dei contatti. E penso come il tuo corpo difficoltoso e vago fa disperare l'amore nel cuor dell'uomo!
Pure qualcuno ti disfiorerà, bocca di sorgiva. Qualcuno che non lo saprà, un pescatore di spugne, avrà questa perla rara. Gli sarà grazia e fortuna il non averti cercata e non sapere chi sei e non poterti godere con la sottile coscienza che offende il geloso Iddio. Oh sì, l'animale sarà abbastanza ignaro per non morire prima di toccarti. E tutto è così. Tu anche non sai chi sei. E prendere ti lascerai, ma per vedere come il gioco è fatto, per ridere un poco insieme. Come fiamma si perde nella luce, al tocco della realtà i misteri che tu prometti si disciolgono in nulla. Inconsumata passerà tanta gioia! Tu ti darai, tu ti perderai, per il capriccio che non indovina mai, col primo che ti piacerà. Ama il tempo lo scherzo che lo seconda, non il cauto volere che indugia. Così la fanciullezza fa ruzzolare il mondo e il saggio non è che un fanciullo che si duole di essere cresciuto.