Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz

A quelli nati dopo di noi

Veramente, vivo in tempi bui!
La parola disinvolta è folle. Una fronte liscia
indica insensibilità. Colui che ride
probabilmente non ha ancora ricevuto
la terribile notizia.

Che tempi sono questi in cui
un discorso sugli alberi è quasi un reato
perché comprende il tacere su così tanti crimini!
Quello lì che sta tranquillamente attraversando la strada
forse non è più raggiungibile per i suoi amici
che soffrono?

È vero: mi guadagno ancora da vivere
ma credetemi: è un puro caso. Niente
di ciò che faccio mi da il diritto di saziarmi.
Per caso sono stato risparmiato. (Quando cessa la mia fortuna sono perso)

Mi dicono: mangia e bevi! Accontentati perché hai!
Ma come posso mangiare e bere se
ciò che mangio lo strappo a chi ha fame, e
il mio bicchiere di acqua manca a chi muore di sete?
Eppure mangio e bevo.

Mi piacerebbe anche essere saggio.
Nei vecchi libri scrivono cosa vuol dire saggio:
tenersi fuori dai guai del mondo e passare
il breve periodo senza paura.

Anche fare a meno della violenza
ripagare il male con il bene
non esaudire i propri desideri, ma dimenticare
questo è ritenuto saggio.
Tutto questo non mi riesce:
veramente, vivo in tempi bui!

Voi, che emergerete dalla marea
nella quale noi siamo annegati
ricordate
quando parlate delle nostre debolezze
anche i tempi bui
ai quali voi siete scampati.

Camminavamo, cambiando più spesso i paesi delle scarpe,
attraverso le guerre delle classi, disperati
quando c'era solo ingiustizia e nessuna rivolta.

Eppure sappiamo:
anche l'odio verso la bassezza
distorce i tratti del viso.
Anche l'ira per le ingiustizie
rende la voce rauca. Ah, noi
che volevamo preparare il terreno per la gentilezza
noi non potevamo essere gentili.

Ma voi, quando sarà venuto il momento
in cui l'uomo è amico dell'uomo
ricordate noi
Con indulgenza.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    A Zacinto

    Né più mai toccherò le sacre sponde
    ove il mio corpo fanciulletto giacque,
    Zacinto mia, che te specchi nell'onde
    del greco mar da cui vergine nacque

    Venere, e fea quelle isole feconde
    col suo primo sorriso, onde non tacque
    le tue limpide nubi e le tue fronde
    l'inclito verso di colui che l'acque

    cantò fatali, ed il diverso esiglio
    per cui bello di fama e di sventura
    baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

    Tu non altro che il canto avrai del figlio,
    o materna mia terra; a noi prescrisse
    il fato illacrimata sepoltura.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      No, non dire mai che il mio cuore è stato falso (Sonetto 109)

      No, non dire mai che il mio cuore è stato falso
      Anche se l'assenza sembrò ridurre la mia fiamma;
      come non è facil ch'io mi stacchi da me stesso,
      così è della mia anima che vive nel tuo petto:
      quello è il rifugio mio d'amore; se ho vagato
      come chi viaggia, io di nuovo lì ritorno
      fedelmente puntuale, non mutato dagli eventi,
      tanto ch'io stesso porto acqua alle mie colpe.
      Non credere mai, pur se in me regnassero
      tutte le debolezze che insidiano la carne,
      ch'io mi possa macchiare in modo tanto assurdo
      da perdere per niente la somma dei tuoi pregi:
      perché niente io chiamo questo immenso universo
      tranne te, mia rosa; in esso tu sei il mio tutto.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Quanto ancor più bella sembra la bellezza (Sonetto 54)

        Quanto ancor più bella sembra la bellezza,
        per quel ricco ornamento che virtù le dona!
        Bella ci appar la rosa, ma più bella la pensiamo
        per la soave essenza che vive dentro a lei.
        Anche le selvatiche hanno tinte molto intense
        simili al colore delle rose profumate,
        hanno le stesse spine e giocano con lo stesso brio
        quando la brezza d'estate ne schiude gli ascosi boccioli:
        ma poiché il loro pregio è solo l'apparenza,
        abbandonate vivono, sfioriscono neglette e
        solitarie muoiono. Non così per le fragranti rose:
        la loro dolce morte divien soavissimo profumo:
        e così è; per te, fiore stupendo e ambito,
        come appassirai, i miei versi stilleran la tua virtù.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          La stella

          Perdettero la stella un giorno.
          Come si a perdere
          La stella? Per averla troppo a lungo fissata…
          I due re bianchi,
          ch'eran due sapienti di Caldea,
          tracciaron al suolo dei cerchi, col bastone.

          Si misero a calcolare, si grattarono il mento…
          Ma la stella era svanita come svanisce un'idea,
          e quegli uomini, la cui anima
          aveva sete d'essere guidata,
          piansero innalzando le tende di cotone.

          Ma il povero re nero, disprezzato dagli altri,
          si disse: " Pensiamo alla sete che non è la nostra.
          Bisogna dar da bere, lo stesso, agli animali":

          E mentre sosteneva il suo secchio per l'ansa,
          nello specchio di cielo
          in cui bevevano i cammelli
          egli vide la stella d'oro che danzava in silenzio.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            So quello che dirmi
            vorresti in quest'ora...
            Non dirlo!
            Guarda laggiù il fondo dello stagno
            che si fa cupo
            e come si rincorrono le nuvole
            specchianti sul velluto nero...
            Non dirlo!
            Questa è una mala notte.
            Lo so,
            in quest'ora infuria
            nel profondo del tuo petto
            tutto ciò che ti preme.
            Non chiedere!
            Sulla tua bocca indugia
            ancora la parola che ci fa infelici...
            Non dirla!
            Questa è una mala notte.
            Me lo dirai domani.
            Non lo sappiamo,
            chissà forse
            domani tutto sarà miracolosamente facile
            ciò che oggi nessun cuore può sopportare,
            ciò che oggi mi rende tanto infelice.
            Non chiedere!
            Questa è una mala notte.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Senza di te tornavo, come ebbro...

              Senza di te tornavo, come ebbro,
              non più capace d'esser solo, a sera
              quando le stanche nuvole dileguano
              nel buio incerto.
              Mille volte son stato così solo
              dacché son vivo, e mille uguali sere
              m'hanno oscurato agli occhi l'erba, i monti
              le campagne, le nuvole.
              Solo nel giorno, e poi dentro il silenzio
              della fatale sera. Ed ora, ebbro,
              torno senza di te, e al mio fianco
              c'è solo l'ombra.

              E mi sarai lontano mille volte,
              e poi, per sempre. Io non so frenare
              quest'angoscia che monta dentro al seno;
              essere solo.
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