Le migliori poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Darei valore alle cose non per quello che valgono
ma per quello che significano.

Dormirei poco, sognerei di più.

So che per ogni minuto che chiudiamo gli occhi
perdiamo 60 secondi di luce di cioccolata.

Se Dio mi concedesse un brandello di vita,
vestito con abiti semplici, mi sdraierei, al sole
e lascerei a nudo non solo il mio corpo
ma anche la mia anima.

Dio mio, se avessi cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio
e aspetterei che si alzasse il sole.

Dipingerei le stelle con un sogno di Van Gogh.
con un poema di Benedetti, una canzone di Serrat
sarebbe la mia serenata alla luna.

Bagnerei con le mie lacrime le rose
per sentire il dolore delle spine
ed il bacio vermiglio dei petali.

Dio mio, se io avessi ancora un brandello di vita
non lascerei passare un solo giorno
senza dire alla gente che io amo, io amo la gente.

Convincerei ogni uomo ed ogni donna
che sono i miei favoriti
e vivrei innamorato dell'amore.

E dimostrerei agli uomini quanto sbagliano
quando pensano di smettere di innamorarsi
quando invecchiano senza sapere che invecchiano
quando smettono di innamorarsi.

Darei ad ogni bambino le ali
ma lo lascerei imparare, da solo, a volare.

Ai vecchi insegnerei che la morte
non arriva con la vecchiaia ma con l'oblio.

Ho imparato molte cose da voi, dagli uomini...
Ho imparato che tutti, al mondo,
vogliono vivere in cima alla montagna
senza sapere che la vera felicità
sta in come si sale la china.

Ho imparato che quando un neonato afferra,
per la prima volta, con il suo piccolo pugno,
il dito di suo padre, lo terrà prigioniero per sempre.

Ho imparato che un uomo
ha diritto di guardare un altro uomo
dall'alto verso il basso solo quando lo aiuta a rialzarsi.

Sono tante le cose che ho potuto imparare da voi
ma non mi serviranno davvero più a molto
perché quando guarderanno in questa mia valigia,
infelicemente io starò morendo.
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Ti sei stancata di portare il mio peso

    Ti sei stancata di portare il mio peso
    ti sei stancata delle mie mani
    dei miei occhi della mia ombra
    dei miei tradimenti
    le mie parole erano incendi
    le mie parole erano pozzi profondi
    le mie parole erano stanchezza, noia serale,
    un giorno improvvisamente
    sentirai dentro di te
    il peso dei miei passi
    che si allontanano esitando
    quel peso sarà quello più grave.
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      A mio fratello Giorgio

      Molti prodigi ho veduto stamane:
      il sole, che col primo bacio terse le lacrime
      dagli occhi dell'aurora; le corone d'alloro
      degli eletti, chine sull'aureo manto della sera;
      l'oceano, verdeazzurro, sterminato,
      e scogli, navi, grotte, aneliti e terrori;
      e la sua voce arcana che, a chi l'ode,
      fa meditare quello che sarà o è stato.
      E anche ora, Giorgio, che ti dedico il verso,
      Cinzia fra coltri di seta appena si profila,
      come fosse una sposa alla sua prima notte,
      e lascia intravedere le amorose giostre.
      Ma che sarebbero i prodigi in mare e cielo
      senza averti compagno al mio pensiero.
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        La fonte di Castelvecchio

        O voi che, mentre i culmini Apuani
        il sole cinge d'un vapor vermiglio,
        e fa di contro splendere i lontani
        vetri di Tiglio;
        venite a questa fonte nuova, sulle
        teste la brocca, netta come specchio,
        equilibrando tremula, fanciulle
        di Castelvecchio;
        e nella strada che già s'ombra, il busso
        picchia dè duri zoccoli, e la gonna
        stiocca passando, e suona eterno il flusso
        della Corsonna:
        fanciulle, io sono l'acqua della Borra,
        dove brusivo con un lieve rombo
        sotto i castagni; ora convien che corra
        chiusa nel piombo.
        A voi, prigione dalle verdi alture,
        pura di vena, vergine di fango,
        scendo; a voi sgorgo facile: ma, pure
        vergini, piango:
        non come piange nel salir grondando
        l'acqua tra l'aspro cigolìo del pozzo:
        io solo mando tra il gorgoglio blando
        qualche singhiozzo.
        Oh! la mia vita di solinga polla
        nel taciturno colle delle capre!
        Udir soltanto foglia che si crolla,
        cardo che s'apre,
        vespa che ronza, e queruli richiami
        del forasiepe! Il mio cantar sommesso
        era tra i poggi ornati di ciclami
        sempre lo stesso;
        sempre sì dolce! E nelle estive notti,
        più, se l'eterno mio lamento solo
        s'accompagnava ai gemiti interrotti
        dell'assiuolo,
        più dolce, più! Ma date a me, ragazze
        di Castelvecchio, date a me le nuove
        del mondo bello: che si fa? Le guazze
        cadono, o piove?
        E per le selve ancora si tracoglie,
        o fate appietto? Ed il metato fuma,
        o già picchiate? Aspettano le foglie
        molli la bruma,
        o le crinelle empite nè frondai
        in cui dall'Alpe è scesa qualche breve
        frasca di faggio? Od è già l'Alpe ormai
        bianca di neve?
        Più nulla io vedo, io che vedea non molto
        quando chiamavo, con il mio rumore
        fresco, il fanciullo che cogliea nel folto
        macole e more.
        Col nepotino a me venìa la bianca
        vecchia, la Matta; e tuttavia la vedo
        andare come vaccherella stanca
        va col suo redo.
        Nella deserta chiesa che rovina,
        vive la bianca Matta dei Beghelli
        più? Desta lei la sveglia mattutina
        più, dè fringuelli?
        Essa veniva al garrulo mio rivo
        sempre garrendo dentro sé, la vecchia:
        e io, garrendo ancora più, l'empivo
        sempre la secchia.
        Ah! che credevo d'essere sua cosa!
        Con lei parlavo, ella parlava meco,
        come una voce nella valle ombrosa
        parla con l'eco.
        Però singhiozzo ripensando a questa
        che lasciai nella chiesa solitaria,
        che avea due cose al mondo, e gliene resta
        l'una, ch'è l'aria.
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          A Lou Andreas-Salomé

          Non posso ricordare. Ma quei momenti
          puri dureranno in me come
          in fondo a un vaso troppo pieno.
          Non penso a te, ma sono per amore tuo
          e questo mi dà forza.
          Non ti invento nei luoghi
          che adesso senza te non hanno senso.
          Il tuo non esserci
          è già caldo di te, ed è più vero,
          più del tuo mancarmi. La nostalgia
          spesso non distingue. Perché
          cercare allora se il tuo influsso
          già sento su di me lieve
          come un raggio di luna alla finestra.
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Sensazione

            Nelle sere d'estate andrò per i sentieri,
            pizzicato dal grano, pestando i fili d'erba;
            ne sentirò, sognante, il fresco sotto i piedi.
            E al vento lascerò bagnare la mia testa.

            Non dirò più parole, non farò più pensieri:
            ma un amore infinito mi salirà nel petto,
            e andrò molto lontano, sarò come uno zingaro,
            come con una donna per i campi contento.
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              La verità, vi prego, sull'amore

              Dicono alcuni che amore è un bambino
              e alcuni che è un uccello,
              alcuni che manda avanti il mondo
              e alcuni che è un'assurdità
              e quando ho domandato al mio vicino,
              che aveva tutta l'aria di sapere,
              sua moglie si è seccata e ha detto che
              non era il caso, no.

              Assomiglia a una coppia di pigiami
              o al salame dove non c'è da bere?
              Per l'odore può ricordare i lama
              o avrà un profumo consolante?
              È pungente a toccarlo, come un prugno
              o è lieve come morbido piumino?
              È tagliente o ben lischio lungo gli orli?
              La verità, vi prego, sull'amore.

              I manuali di storia ce ne parlano
              in qualche noticina misteriosa,
              ma è un argomento assai comune
              a bordo delle navi da crociera;
              ho trovato che vi si accenna nelle
              cronache dei suicidi
              e l'ho visto persino scribacchiato
              sul retro degli orari ferroviari.

              Ha il latrato di un alsaziano a dieta
              o il bum-bum di una banda militare?
              Si può farne una buona imitazione
              su una sega o uno Steinway da concerto?
              Quando canta alle este è un finimondo?
              Apprezzerà soltanto roba classica?
              Smetterà se si vuole un po' di pace?
              La verità grave, vi prego, sull'amore.

              Sono andato a guardare nel bersò
              lì non c'era mai stato;
              ho esportato il Tamigi a Maidenhead,
              e poi l'aria balsamica di Brighton.
              Non so che cosa mi cantasse il merlo,
              o che cosa dicesse il tulipano,
              ma non era nascosto nel pollaio
              e non era nemmeno sotto il letto.

              Sa fare delle smorfie straordinarie?
              Sull'altalena soffre di vertigini?
              Passerà tutto il suo tempo alle corse
              o strimpellando corde sbrindellate?
              Avrà idee personali sul denaro?
              È un buon patriota o mica tanto?
              Ne racconta di allegre, anche se spinte?
              La verità, vi prego, sull'amore.

              Quando viene, verrà senza avvisare,
              proprio mentre sto frugando il naso?
              Busserà la mattina alla mia porta
              o là sul bus mi pesterà un piede?
              Accedrà come quando cambia il tempo?
              Sarà cortese o spiccio il suo saluto?
              Darà una svolta a tutta la mia vita?
              La verità, vi prego, sull'amore.
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Sono quella che sono

                Sono quella che sono
                Sono fatta così
                Se ho voglia di ridere
                Rido come una matta
                Amo colui che m'ama
                Non è colpa mia
                Se non e sempre quello
                Per cui faccio follie
                Sono quella che sono
                Sono fatta così
                Che volete ancora
                Che volete da me
                Son fatta per piacere
                Non c'è niente da fare
                Troppo alti i miei tacchi
                Troppo arcuate le reni
                Troppo sodi i miei seni
                Troppo truccati gli occhi
                E poi
                Che ve ne importa a voi
                Sono fatta così
                Chi mi vuole son qui
                Che cosa ve ne importa
                Del mio proprio passato
                Certo qualcuno ho amato
                E qualcuno ha amato me
                Come i giovani che s'amano
                Sanno semplicemente amare
                Amare amare...
                Che vale interrogarmi
                Sono qui per piacervi
                E niente può cambiarmi.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Serenata Indiana

                  Sorgo dal tuo sogno soave
                  Dal primo sogno della notte folta
                  Mentre il vento respira leggero
                  Ed ogni stella palpitando ascolta.

                  Sorgo dal tuo sogno soave
                  E uno Spirito mi ha recato
                  Chi mai, chi mai saprà come?
                  Sotto la tua finestra, bene amato.

                  Nel tacito, oscuro cammino
                  Anche la brezza già muore.
                  Come pensiero nel sogno
                  Del ciàmpak esala l'odore.

                  Si spegne sul piccolo petto
                  Dall'usignolo il lamento
                  Come su te io cadrei
                  Per come amata ti sento.

                  Sollevami dall'erba dove muoio.
                  Irrora di pioggia mai stanca
                  Di baci gli occhi sfiniti,
                  La bocca immobile, bianca.

                  Io sussulti d'anèliti profondi.
                  Ho pallida, fredda la faccia.
                  Oh stringi il mio cuore sul tuo
                  Fino a che taccia.
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