Poesie inserite da Silvana Stremiz

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Scritta da: Silvana Stremiz
Splende lo scudo a guisa di piropo,
e luce altra non è tanto lucente.
Cadere in terra allo splendor fu d'uopo
con gli occhi abbacinati, e senza mente.
Perdei da lungi anch'io li sensi, e dopo
gran spazio mi riebbi finalmente;
né più i guerrier né più vidi quel nano,
ma vòto il campo, e scuro il monte e il piano.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Fra duo guerrieri in terra ed uno in cielo
    la battaglia durò sino a quella ora,
    che spiegando pel mondo oscuro velo,
    tutte le belle cose discolora.
    Fu quel ch'io dico, e non v'aggiungo un pelo:
    io 'l vidi, i' 'l so: né m'assicuro ancora
    di dirlo altrui; che questa maraviglia
    al falso più ch'al ver si rassimiglia.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      Sopra Gradasso il mago l'asta roppe;
      ferì Gradasso il vento e l'aria vana:
      per questo il volator non interroppe
      il batter l'ale, e quindi s'allontana.
      Il grave scontro fa chinar le groppe
      sul verde prato alla gagliarda alfana.
      Gradasso avea una alfana, la più bella
      e la miglior che mai portasse sella.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        Poi che fur giunti a piè de l'alta rocca,
        l'uno e l' altro volea combatter prima;
        pur a Gradasso, o fosse sorte, tocca,
        o pur che non ne fe' Ruggier più stima.
        Quel Serican si pone il corno a bocca:
        rimbomba il sasso e la fortezza in cima.
        Ecco apparire il cavalliero armato
        fuor de la porta, e sul cavallo alato.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          Di sì forbito acciar luce ogni torre,
          che non vi può né ruggine né macchia.
          Tutto il paese giorno e notte scorre,
          E poi là dentro il rio ladron s'immacchia.
          Cosa non ha ripar che voglia torre:
          sol dietro invan se li bestemia e gracchia.
          Quivi la donna, anzi il mio cor mi tiene,
          che di mai ricovrar lascio ogni spene.
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            Scritta da: Silvana Stremiz
            Da lungi par che come fiamma lustri,
            né sia di terra cotta, né di marmi.
            Come più m'avicino ai muri illustri,
            l'opra più bella e più mirabil parmi.
            E seppi poi, come i demoni industri,
            da suffumigi tratti e sacri carmi,
            tutto d'acciaio avean cinto il bel loco,
            temprato all'onda ed allo stigio foco.
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              Scritta da: Silvana Stremiz
              Sei giorni me n'andai matina e sera
              per balze e per pendici orride e strane,
              dove non via, dove sentier non era,
              dove né segno di vestigie umane;
              poi giunsi in una valle inculta e fiera,
              di ripe cinta e spaventose tane,
              che nel mezzo s'un sasso avea un castello
              forte e ben posto, a maraviglia bello.
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                Scritta da: Silvana Stremiz
                Ma, come quel che men curato avrei
                vedermi trar di mezzo il petto il core,
                lasciai lor via seguir quegli altri miei,
                senza mia guida e senza alcun rettore:
                per li scoscesi poggi e manco rei
                presi la via che mi mostrava Amore,
                e dove mi parea che quel rapace
                portassi il mio conforto e la mia pace.
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                  Scritta da: Silvana Stremiz
                  Così il rapace nibio furar suole
                  il misero pulcin presso alla chioccia,
                  che di sua inavvertenza poi si duole,
                  e invan gli grida, e invan dietro gli croccia.
                  Io non posso seguir un uom che vole,
                  chiuso tra' monti, a piè d'un'erta roccia:
                  stanco ho il destrier, che muta a pena i passi
                  ne l'aspre vie de' faticosi sassi.
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                    Scritta da: Silvana Stremiz
                    Tosto che 'l ladro, o sia mortale, o sia
                    una de l'infernali anime orrende,
                    vede la bella e cara donna mia;
                    come falcon che per ferir discende,
                    cala e poggia in un atimo, e tra via
                    getta le mani, e lei smarrita prende.
                    Ancor non m'era accorto de l'assalto,
                    che de la donna io senti' il grido in alto.
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