Mi chiamo Antonino Esposito, ho diciassette anni.
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...mi porta una sofferenza infinita, rimpiango l'incubo che mi aveva accompagnato fino a pochi attimi prima.
Siamo arrivati, di fronte a noi una delle tante stalle abbandonate da quando nessuno tiene più le pecore, è squallida, volgare, priva di ogni bellezza, perché esiste?
Incredibile quanto ora sia freddo, determinato, sicuro. So cosa devo fare, lo so solo io, nessun altro, meno di tutti Lorenzo Falavita.
Entriamo, lo sbirro è legato, il viso coperto da un sacchetto di tela, è lui l'uomo che devo uccidere.
Lo riconosco, dovrei svenire dall'emozione, invece niente, ora nulla può succedere di diverso da quello che ho scritto nel mio destino.
Ho sempre saputo che non poteva essere un professore, è incappucciato ma non ho dubbi, le Converse strappate in punta, il giubbotto degli All Blacks: lo sbirro è Salvo Cangemi, l'unica persona che sapeva ascoltare i miei pensieri. Non cambia nulla, so cosa fare.
Falavita mi fa un segno col capo, metto i guanti di lattice, prendo la Beretta 7,65, controllo la sicura e guardo Salvo, peccato, non ti vedrò mai più, mi sarebbe piaciuto averti come amico, ma dovevi arrivare prima, quando ero ancora un ragazzo, quando ero ancora vivo.
Poso il dito sul ... [segue »]
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