Il Salto dell'Angelo (racconto di viaggio)
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...e inflaccidito da un trentennale lavoro da scribacchino. Aspettavo il sonno, ma il sonno non veniva, nonostante la stanchezza della giornata trascorsa dentro a una piccola canoa con la quale avevamo risalito il fiume controcorrente. Il cielo era come una lastra di metallo brunito, traforato dai minuscoli buchi delle stelline: troppo grande, troppo profondo per essere accolto nella mente di uomo abituato a vivere e dormire sotto i piccoli cieli dei soffitti che chiudono le stanze come gusci di noce. La pioggia cessò.
Me ne andai al fiume e mi sedetti su una pietra a pensare; credevo che il mormorio delle acque e la vastità del paesaggio notturno fossero delle buone premesse per ardite speculazioni metafisiche e, invece, i pensieri si avviluppavano in un'assonnacchiata matassa di paure primordiali; come quella che la volta del cielo potesse sganciarsi dai suoi sostegni invisibili e precipitarmi addosso. Frattanto le candele, infossate in piccole buche, languivano rossastre o si erano già spente. Bisogna, bisognava dormire, ne ero convinto, poiché l'indomani avremmo affrontato le falde dell'Auyantepuy, per risalire fino al Salto dell'Angelo, la più grande cascata del mondo. Due ore buone di cammino in salita. Ero lì, seduto su un pietrone scivoloso e mi chiedevo ... [segue »]
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