Come Tragedia
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...paura non riusciva a reprimere. A lui piaceva guardare quegl'occhi, specchiarsi nell'onice liquefatta e provare con le sue pupille a raccogliere lo stormire primordiale di quel suo bosco tutto interiore. Dava fastidio a lei lo sguardo trasparente con cui la scrutava, era perciò che lo fuggiva, spesso con imbarazzo. Con la medesima intensità con cui lui era attratto lei voleva respingerlo, allontanarlo dalla sua edera, dal suo giardino proibito, dalla sua Babilonia privata.
Rachele: Smettila di guardarmi così. Mi imbarazza.
Joshua: Lasciami fare Rachele, non ho che pochi attimi di spontaneità e questo è uno di quelli.
Neanche Joshua era una persona spontanea, dissimulava bene, da attore, ma arrivava sempre il momento in cui traboccava. Volente o nolente la sua anima si affacciava come una massaia dal terrazzo a stendere i panni sul filo più lontano e, colta da vertigine, rimaneva come di pietra sull'orlo degl'occhi. Allora non poteva nasconderle più niente, le si metteva come nudo davanti, il lago glaciale ribolliva del fuoco che sotto v'era nascosto; in quei momenti non avrebbe voluto far altro che allungare una mano, sfiorarle una ciocca ricciuta, scivolarle le dita sulla pelle liscia delle gote, sulla bocca rossa, su quelle labbra socchiuse che ... [segue »]
Composto giovedì 30 novembre 2000
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