il figlio del destino
Scegli la pagina:
...insinuò lentamente, con i suoi freschi raggi di luce, tra i muri di quella stanza chiusa da troppe ore ed Alberto provò ad alzare quel suo corpo più stanco che malato.
Tornò ad avvicinarsi al quadro lentamente, meccanicamente, senza rendersene conto. I ragazzi, sulla tela, avevano ripreso a giocare a palla ed il vecchio, appollaiato sulla prua della sua vecchia barca, fumava una vecchia pipa che era già stata di suo padre e, forse, del padre di suo padre. L'abito svolazzante tra le magiche pieghe della donna, assumeva un colore gradualmente più deciso, il rosso si stava facendo spazio con la sua innata caratteristica rappresentato da ciò che l'essere umano identifica in una sola parola: passione.
Il passo, l'incedere deciso, pareva staccare quella figura femminile dal quadro e accompagnarla oltre.
Alberto non sapeva che fare, se telefonare a Catherine, com'era scritto nella lettera oppure partire alla volta di Parigi. Il resto lo avrebbe compiuto sul posto.
Ma Catherine, se le avesse telefonato, gli avrebbe dato il numero di telefono di Giorgio? Lo avrebbe invitato, magari, in Italia e si sarebbero conosciuti con maggiore tranquillità. C'era, però, il problema della cassetta di sicurezza e poi non sarebbe stato corretto nei confronti ... [segue »]
dal libro "Il figlio del destino" di Bartolo Fontana
Leggi un altro Racconto Tutti gli Argomenti
Immagini con frasi
Consigliati
Ultimi argomenti inseriti
Commenti