Giulio, innanzi tutto ti ringrazio per l'immagine (stai diventando immaginifico, ultimamente: sicuro prodromo di una carriera poetica), per l'immagine, dicevo, del fiume ordinato, calmo e potente di pensieri che si dirigono tutti verso una stessa meta.
Tuttavia (particella sgarrupativa :), ove la suddetta meta fosse un errore, quel fiume sarebbe meglio non fosse mai esistito...
Mi corre dunque obbligo spiegare il perché delle mie affermazioni relative all' "affluente" numero 2, affermazioni che in effetti davano qualcosa per sottinteso.
Ipotizziamo un credente "serio" (ciò che spero ardentemente di essere io :). Ebbene, costui, affrontando il problema di Dio, giungerà alla conclusione che Dio è inconoscibile e indimostrabile RAZIONALMENTE. Un credente serio, infatti, vede chiaramente che le cosiddette "prove" dell'esistenza di Dio (ordine della natura; legge morale dentro di noi (Kant), eccetera) altro non possono essere ritenuti che semplici indizi, o, meglio ancora, supporti di una fede già esistente: niente fede, niente "prove", ma solo speranze. Dopo aver concluso che non esiste prova dell'esistenza di Dio, il credente serio asserirà: "io credo", senza pretendere di dimostrare RAZIONALMENTE alcunché, giacché l'esistenza di Dio è, allo stato, indimostrabile RAZIONALMENTE.
Veniamo adesso all'ateo serio di cui discorri. Costui, come giustamente tu dici, potrà ben a ragione asserire che non essendoci prove scientifiche che dimostrino l' esistenza di Dio , non vi è RAGIONE (cioè via RAZIONALE) per credervi. E qui veniamo al punto, cioè alla teiera sdi Bertrand Russell. E mi spiego. Se non esiste dimostrazione di qualcosa in cui un'altra persona crede, per asserire che quella cosa NON ESISTE io DEVO fornire dimostrazione che non esiste. E’ lo stesso concetto che vige in diritto: “onus probandi incumbit ei qui dicit”, cioè l’onere della prova incombe a colui che afferma una cosa. Poniamo che un tale abbia deciso di donare un milione a chi dimostrerà l’esistenza o l’inesistenza della teiera di Russell. Caio, che ne asserisce l’inesistenza, si recherà in giudizio sicuro di far suo il milione. Ma non sarà così, e te lo spiego.
Se Tizio afferma che la teiera esiste, deve provarlo; se non lo prova, se ne deduce che ha al riguardo un’opinione indimostrabile, cioè un atteggiamento fideistico: e non vince il premio. Alla stessa maniera, però, se Caio afferma che la teiera non esiste, non gli sarà sufficiente che Tizio non abbia fornito la prova dell’esistenza, ma occorrerà che ne provi l’inesistenza. Se non la prova, il medesimo giudice asserirà che anche Caio nutre al riguardo un’opinione indimostrabile, cioè FIDEISTICA, e non assegnerà il premio a nessuno dei due. E l’opinione giusta rimarrà solo quella del giudice: cioè la SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO senza né vincitori, né vinti.
Era dunque Russell un imbroglione? No, perché dalla sua teiera non deduceva l’inesistenza della teiera stessa, ma solo il fatto che la sua esistenza non era provata, e quindi che la sua negazione non poteva dare adito a giudizi di riprovazione. Dice infatti Russell: “Se (…) l'esistenza di una tale teiera venisse affermata in libri antichi, insegnata ogni domenica come la sacra verità e instillata nelle menti dei bambini a scuola, l'esitazione nel credere alla sua esistenza diverrebbe un segno di eccentricità e porterebbe il dubbioso all'attenzione dello psichiatra in un'età illuminata o dell'Inquisitore in un tempo antecedente. “ – Conclusione e moralità: Russell non si riferiva a credenti SERI, ma a credenti arroganti ed intolleranti: soggetti che mi pare tu abbia ampiamente sperimentato. : ))
Da queste considerazioni deriva un importante corollario. Se assegniamo a chi crede nell’esistenza di Dio l’appellativo di “credente”, sarà “non credente” chi non ha questa fede. Ma, nell’ambito dei “non credenti”, se vogliamo usare le parole per ciò che significano, dovremo operare una distinzione tra “agnostici” e “atei”. Agnostici saranno coloro che, come il giudice, sospendono il giudizio per mancanza di prove. E’ questo l’atteggiamento tipico degli scienziati seri. Atei, viceversa, saranno coloro che CREDONO nell’inesistenza di Dio senza essere in grado di fornirne la prova.
Conclusione: fede è quella del credente (nell’esistenza di Dio), fede quella dell’ateo (nell’inesistenza di Lui). Orbene, di fronte alla prova contraria alla propria teoria, ciascuno dei due sarà testardo e recalcitrante, finché la forza dei fatti (gli schiaffoni del Padre Eterno ?? : )) non renderà giustizia e ragione alla prova. : ))))))))))))))))))))
(PS: lo so che il commento è lungo; ma un qualsiasi dialogo di Platone, come ben sai, è ben più lungo dei nostri estemporanei discorsi; e l’argomento trattato merita il giusto approfondimento).
11 anni e 8 mesi fa
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Io per la verità ho avuto esperienze diverse: essendomi sempre interessato di questi problemi, ho constatato, fra tante altre cose, che i defunti sono intorno a noi, e possono comunicare. Ma non per il tramite di medium a pagamento, che sono di solito ciarlatani, e sicuramente personaggi di spessore e capacità inesistenti o molto limitate; e neanche è il caso di cercare questo tipo di esperienza per il tramite di medium qualsiasi. Non perché non possano aversi risultati, no; ma perché i risultati possono essere inquietanti, anzi sconvolgenti, a livello non solo di equilibrio psichico, ma anche del prosieguo della vita.
L'evocazione dei defunti reca infatti insidie terribili. Talora invece si possono dare manifestazioni, o addirittura comunicazioni spontanee, soprattutto in presenza di persone rette ed oneste dotate di facoltà medianiche; il che non è raro in alcune famiglie. Conosco diversi casi. Casi, per intenderci, analoghi a quello della famosa "dama bianca" degli Hohenzollern, da me vissuti personalmente.
Mi rendo conto di irrompere come un bisonte in un discorso che forse era destinato ad un sereno esito negativo o quanto meno agnostico, ma ho ritenuto opportuno farlo perché sento il dovere di comunicare sempre, a chi si pone o si è posto il problema, una certezza, e cioè quanto prima dicevo: alla m0rte si sopravvive in spirito, e i nostri cari sono intorno a noi.
Per chi fosse interessato, consiglio il libro scritto a suo tempo da un uomo di scienza (fisico): ricercatore prima incredulo-agnostico, poi pervenuto a conclusioni molto originali:
Alfredo Ferraro - Spiritismo, illusione o realtà? -Fratelli Melita editori - seconda edizione (se invece leggete la prima, troverete conclusioni del tutto agnostiche).
11 anni e 10 mesi fa
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L'aneurisma è in se una patologia: è la dilatazione abnorme di un'arteria. Alla stessa maniera, nell'aforisma si verifica spesso un aneurisma del pensiero: in esso le idee non scorrono più armonicamente e tra loro bilanciate, ma ci si ferma su un'angolazione della realtà, senza considerarla nel suo insieme. Anche questa ritengo sia una patologia: una patologia, appunto, del pensiero.
12 anni e 8 mesi fa
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Tuttavia (particella sgarrupativa :), ove la suddetta meta fosse un errore, quel fiume sarebbe meglio non fosse mai esistito...
Mi corre dunque obbligo spiegare il perché delle mie affermazioni relative all' "affluente" numero 2, affermazioni che in effetti davano qualcosa per sottinteso.
Ipotizziamo un credente "serio" (ciò che spero ardentemente di essere io :). Ebbene, costui, affrontando il problema di Dio, giungerà alla conclusione che Dio è inconoscibile e indimostrabile RAZIONALMENTE. Un credente serio, infatti, vede chiaramente che le cosiddette "prove" dell'esistenza di Dio (ordine della natura; legge morale dentro di noi (Kant), eccetera) altro non possono essere ritenuti che semplici indizi, o, meglio ancora, supporti di una fede già esistente: niente fede, niente "prove", ma solo speranze. Dopo aver concluso che non esiste prova dell'esistenza di Dio, il credente serio asserirà: "io credo", senza pretendere di dimostrare RAZIONALMENTE alcunché, giacché l'esistenza di Dio è, allo stato, indimostrabile RAZIONALMENTE.
Veniamo adesso all'ateo serio di cui discorri. Costui, come giustamente tu dici, potrà ben a ragione asserire che non essendoci prove scientifiche che dimostrino l' esistenza di Dio , non vi è RAGIONE (cioè via RAZIONALE) per credervi. E qui veniamo al punto, cioè alla teiera sdi Bertrand Russell. E mi spiego. Se non esiste dimostrazione di qualcosa in cui un'altra persona crede, per asserire che quella cosa NON ESISTE io DEVO fornire dimostrazione che non esiste. E’ lo stesso concetto che vige in diritto: “onus probandi incumbit ei qui dicit”, cioè l’onere della prova incombe a colui che afferma una cosa. Poniamo che un tale abbia deciso di donare un milione a chi dimostrerà l’esistenza o l’inesistenza della teiera di Russell. Caio, che ne asserisce l’inesistenza, si recherà in giudizio sicuro di far suo il milione. Ma non sarà così, e te lo spiego.
Se Tizio afferma che la teiera esiste, deve provarlo; se non lo prova, se ne deduce che ha al riguardo un’opinione indimostrabile, cioè un atteggiamento fideistico: e non vince il premio. Alla stessa maniera, però, se Caio afferma che la teiera non esiste, non gli sarà sufficiente che Tizio non abbia fornito la prova dell’esistenza, ma occorrerà che ne provi l’inesistenza. Se non la prova, il medesimo giudice asserirà che anche Caio nutre al riguardo un’opinione indimostrabile, cioè FIDEISTICA, e non assegnerà il premio a nessuno dei due. E l’opinione giusta rimarrà solo quella del giudice: cioè la SOSPENSIONE DEL GIUDIZIO senza né vincitori, né vinti.
Era dunque Russell un imbroglione? No, perché dalla sua teiera non deduceva l’inesistenza della teiera stessa, ma solo il fatto che la sua esistenza non era provata, e quindi che la sua negazione non poteva dare adito a giudizi di riprovazione. Dice infatti Russell: “Se (…) l'esistenza di una tale teiera venisse affermata in libri antichi, insegnata ogni domenica come la sacra verità e instillata nelle menti dei bambini a scuola, l'esitazione nel credere alla sua esistenza diverrebbe un segno di eccentricità e porterebbe il dubbioso all'attenzione dello psichiatra in un'età illuminata o dell'Inquisitore in un tempo antecedente. “ – Conclusione e moralità: Russell non si riferiva a credenti SERI, ma a credenti arroganti ed intolleranti: soggetti che mi pare tu abbia ampiamente sperimentato. : ))
Da queste considerazioni deriva un importante corollario. Se assegniamo a chi crede nell’esistenza di Dio l’appellativo di “credente”, sarà “non credente” chi non ha questa fede. Ma, nell’ambito dei “non credenti”, se vogliamo usare le parole per ciò che significano, dovremo operare una distinzione tra “agnostici” e “atei”. Agnostici saranno coloro che, come il giudice, sospendono il giudizio per mancanza di prove. E’ questo l’atteggiamento tipico degli scienziati seri. Atei, viceversa, saranno coloro che CREDONO nell’inesistenza di Dio senza essere in grado di fornirne la prova.
Conclusione: fede è quella del credente (nell’esistenza di Dio), fede quella dell’ateo (nell’inesistenza di Lui). Orbene, di fronte alla prova contraria alla propria teoria, ciascuno dei due sarà testardo e recalcitrante, finché la forza dei fatti (gli schiaffoni del Padre Eterno ?? : )) non renderà giustizia e ragione alla prova. : ))))))))))))))))))))
(PS: lo so che il commento è lungo; ma un qualsiasi dialogo di Platone, come ben sai, è ben più lungo dei nostri estemporanei discorsi; e l’argomento trattato merita il giusto approfondimento).
L'evocazione dei defunti reca infatti insidie terribili. Talora invece si possono dare manifestazioni, o addirittura comunicazioni spontanee, soprattutto in presenza di persone rette ed oneste dotate di facoltà medianiche; il che non è raro in alcune famiglie. Conosco diversi casi. Casi, per intenderci, analoghi a quello della famosa "dama bianca" degli Hohenzollern, da me vissuti personalmente.
Mi rendo conto di irrompere come un bisonte in un discorso che forse era destinato ad un sereno esito negativo o quanto meno agnostico, ma ho ritenuto opportuno farlo perché sento il dovere di comunicare sempre, a chi si pone o si è posto il problema, una certezza, e cioè quanto prima dicevo: alla m0rte si sopravvive in spirito, e i nostri cari sono intorno a noi.
Per chi fosse interessato, consiglio il libro scritto a suo tempo da un uomo di scienza (fisico): ricercatore prima incredulo-agnostico, poi pervenuto a conclusioni molto originali:
Alfredo Ferraro - Spiritismo, illusione o realtà? -Fratelli Melita editori - seconda edizione (se invece leggete la prima, troverete conclusioni del tutto agnostiche).