Constatata la repentina chiusura delle comunicazioni radio, che lascia nel nebuloso sia il fatto-misfatto, sia ogni altra considerazione; poiché è mio costume esaminare a fondo le cose, vorrei chiarire alcuni punti:
1) Il CREDERE e il NON CREDERE alla versione dei fatti fornita dei due militari mi sembrano (e sono) due atteggiamenti di pari valore; se volessimo fermarci ai quali rimarremmo fermi al giudizio di Ponzio Pilato: "chi volete libero, Gesù o Barabba?", con decisione ultima ai mutevoli e manovrabili umori della plebe. Per FORTUNA, invece, ci sono i tribunali e le corti di giustizia : consessi che emettono sentenze in base ad accertamenti, prove e conoscenza delle norme.
2) nel caso specifico, i reciproci atteggiamenti dell'India e dell'Italia testimoniano, ove ve ne fosse stato bisogno, la perdurante e cronica velletarietà del diritto internazionale, branca del diritto splendida e improntata a princìpi superiori, ma che non trova applicazione per via del solito problema della incoercibilità degli Stati sovrani, problema cui l'ONU, e la sua antenata Società delle nazioni, si sono rivelati ormai da quasi un secolo inadeguati. L'ideale sarebbe infatti affidare il giudizio sulla vicenda ad un organo internazionale super partes; ma la via a quanto pare non è stata praticata o non è praticabile;
3) l'atteggiamento del governo italiano in proposito appare da operetta, prima nel trattenere i due militari lasciati liberi di venire a votare in Italia (contravvenendo con ciò alla parola data all'India), poi nel "calare le braghe" di fronte alla ferma ritorsione indiana di negare al nostro ambasciatore ogni permesso di lasciare il territorio indiano. Una cosa umiliante al punto tale da rendere risibile un'intera nazione, e da esporre quei due poveri cristi, in maniera oltretutto estremamente ipocrita, alle inimmaginabili conseguenze che potrebbero loro derivare dal non essere cittadini di una nazione credibile.
4) In questo contesto, è comprensibilissima la reazione degli ambienti militari, vedutisi traditi e ridicolizzati da questo continuo andare da Erode a Pilato di due servitori dello Stato, in quanto tali credibili fino a prova contraria. Sarebbe stato e sarebbe tuttavia molto più opportuno, per i suddetti ambienti militari, puntualizzare chiaramente le evidenti pecche emerse da parte degli ambienti politici, piuttosto che evidenziare le doti dei due sottufficiali, in ogni caso tuttora sottoposti a giudizio per un fatto di reato, e non semplicemente prigionieri di una nazione straniera. Insomma sostegno morale sì; ma non lodi, per favore, almeno per ora. Nel che emerge, purtroppo, almeno agli occhi dell'opinione pubblica, quel CREDERE di cui parlavo al punto 1, che, al pari del NON CREDERE, appartiene ad atteggiamenti di estrazione superficiale e di parte, che mal si sposano con i ruoli rivestiti da coloro che li hanno espressi.
E qui passo e chiudo anch'io.
Senza Roger, di cui, in quanto convinto anti militarista (ivi inclusi i relativi alfabeti fonetici) sin dalla più tenera età, preferisco non avvalermi.
11 anni e 8 mesi fa
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Lo so che alla fin fine, nell'incomprensibilità degli ermetismi marziani, è più o meno la stessa cosa; ma un ermetismo aulico è sempre meglio di una serie di fonemi sconnessi privi, oltre che di senso, anche di un minimo di grazia...
12 anni e 1 mese fa
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1) Il CREDERE e il NON CREDERE alla versione dei fatti fornita dei due militari mi sembrano (e sono) due atteggiamenti di pari valore; se volessimo fermarci ai quali rimarremmo fermi al giudizio di Ponzio Pilato: "chi volete libero, Gesù o Barabba?", con decisione ultima ai mutevoli e manovrabili umori della plebe. Per FORTUNA, invece, ci sono i tribunali e le corti di giustizia : consessi che emettono sentenze in base ad accertamenti, prove e conoscenza delle norme.
2) nel caso specifico, i reciproci atteggiamenti dell'India e dell'Italia testimoniano, ove ve ne fosse stato bisogno, la perdurante e cronica velletarietà del diritto internazionale, branca del diritto splendida e improntata a princìpi superiori, ma che non trova applicazione per via del solito problema della incoercibilità degli Stati sovrani, problema cui l'ONU, e la sua antenata Società delle nazioni, si sono rivelati ormai da quasi un secolo inadeguati. L'ideale sarebbe infatti affidare il giudizio sulla vicenda ad un organo internazionale super partes; ma la via a quanto pare non è stata praticata o non è praticabile;
3) l'atteggiamento del governo italiano in proposito appare da operetta, prima nel trattenere i due militari lasciati liberi di venire a votare in Italia (contravvenendo con ciò alla parola data all'India), poi nel "calare le braghe" di fronte alla ferma ritorsione indiana di negare al nostro ambasciatore ogni permesso di lasciare il territorio indiano. Una cosa umiliante al punto tale da rendere risibile un'intera nazione, e da esporre quei due poveri cristi, in maniera oltretutto estremamente ipocrita, alle inimmaginabili conseguenze che potrebbero loro derivare dal non essere cittadini di una nazione credibile.
4) In questo contesto, è comprensibilissima la reazione degli ambienti militari, vedutisi traditi e ridicolizzati da questo continuo andare da Erode a Pilato di due servitori dello Stato, in quanto tali credibili fino a prova contraria. Sarebbe stato e sarebbe tuttavia molto più opportuno, per i suddetti ambienti militari, puntualizzare chiaramente le evidenti pecche emerse da parte degli ambienti politici, piuttosto che evidenziare le doti dei due sottufficiali, in ogni caso tuttora sottoposti a giudizio per un fatto di reato, e non semplicemente prigionieri di una nazione straniera. Insomma sostegno morale sì; ma non lodi, per favore, almeno per ora. Nel che emerge, purtroppo, almeno agli occhi dell'opinione pubblica, quel CREDERE di cui parlavo al punto 1, che, al pari del NON CREDERE, appartiene ad atteggiamenti di estrazione superficiale e di parte, che mal si sposano con i ruoli rivestiti da coloro che li hanno espressi.
E qui passo e chiudo anch'io.
Senza Roger, di cui, in quanto convinto anti militarista (ivi inclusi i relativi alfabeti fonetici) sin dalla più tenera età, preferisco non avvalermi.