Ciao Impenitente (a quanto pare di nome e di fatto :)), poiché è ormai consuetudine il parlarci, e anche con una certa profondità, e anche fuori dai denti, ma sempre con rispetto reciproco, non vedo motivo a questo "Lei" del... cav*olo. Passo dunque con decisione al TU, come è per ogni fedele cristiano musulmano e Nietzschiano su questo sito.
Ciò detto, vengo a chiarire il mio pensiero. Ritengo che la felicità sia il destino ultimo di ogni forma di soggettività e di coscienza: questo lo ritengo per mia intima convinzione, derivata tuttavia non da sogni o fantasie, ma dal succo di una costante ricerca sul problema principale dell'esistenza: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Il dogmatismo di cui parlavo si riferiva dunque non al concetto (cui come dicevo sono pervenuto in seguito a una serie di esperienze e di considerazioni), ma dalla forma assiomatica in cui lo avevo espresso nel contesto..
ESULA PERO' DEL TUTTO dalla mia visuale l'idea di un premio o di un castigo ultraterreno: pur essendo convinto dell'imm*ortalità dell'anima per averne avuto svariate esperienze, sono altrettanto convinto che nè premio nè castigo vi sarà oltre questa vita, ma solo un continuo progredire, che sarà DI TUTTI, e non solo di alcuni. Non enunciavo dunque velatamente nè premi nè castighi, ma solo felicità (e champagne! :)) PER TUTTI (chi prima chi dopo, naturalmente, con la precisazione che di prima o dopo si può parlare solo a livello percettivo). La cosa veramente notevole è che al commento 11 ho parlato chiaro di felicità per TUTTI, dunque queste cose avrebbero dovuto esserti chiare (se è per tutti, non vi sono castighi...); ma evidentemente esiste una sorta di addottrinamento occulto preesistente, per cui taluni (così anche la cara Flavia) incasellano le mie parole in categorie precostituite (nella fattispecie premio e castigo, appunto), che altro non sono che contro-dogmatismi in azione... : )))
Quanto all'altra affermazione, con il dire che la felicità è qualcosa di relativo intendevo dire che non dipende dagli avvenimenti esterni, ma dal grado di evoluzione dello spirito. Più lo spirito è evoluto, più è felice dell'apparentemente poco, o dell'apparentemente nulla, perché ha dentro do sé una fonte di luce e di calore autonoma, che lo illumina e riscalda in qualsiasi condizione ambientale, fosse anche la più disastrata e drammatica. Per questo motivo incitavo tutti a costruire se stessi.
Non vi è dunque alcuna contraddizione nel mio pensiero: calzini bucati e rigirati, e animali che si mordono la coda, sono semplice ed evidente frutto di quel ragionare per categorie dogmatiche (o contro-dogmatiche, che è lo stesso) di cui prima parlavo.
13 anni e 4 mesi fa
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A mio avviso bisogna lottare contro gli eventi. L'azione umana, bene o male, è un fattore causale. Quindi l'accettazione deve subentrare sì, ma solo di fronte a ciò che sovrasta le nostre forze, e solo dopo aver posto in essere tutto ciò che possiamo per costruire noi il mondo e il futuro.
La chiave di volta della vita, secondo me, sta nel perseguire i propri ideali e i propri obiettivi con forza e tenacia. L'accettazione riguarda un momento successivo; ma anche in questa fase bisogna sempre essere pronti a cogliere l'occasione per ribaltare il corso di eventi che apparivano incontrastabili.
13 anni e 4 mesi fa
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Flavia, volendo intendere la frase in senso religioso, c'è da dire che NESSUNO ha fede, tranne chi compie veri e propri miracoli. Infatti (lo ha detto Lui) chi avesse fede quanto un granello di senape potrebbe smuovere i monti. Conclusione: la fede porta con sè la malafede di ritenere di aver fede, di ritenersi bravi e perfettini, il che viene puntualmente contraddetto dai fatti, perché le montagne non si muovono. E dunque una presuntuosa malafede è la sostanza della cosiddetta fede, tranne che per pochissimi. Purtroppo.
Ovviamente, l'Enel (cioè Dio) è il presupposto della fede; ove l'Enel non venga ritenuto esistente, cade questo tipo di malafede; ma ne permangono purtroppo altri, perché l'inganno (anche l'auto-inganno) è una componente essenziale dell'essere umano.
La perla consiste nel dire ai credenti: attenzione, rivedete i vostri parametri, perché credete di avere fede, ma non ne avete; e siete in malafede nel pensarlo e nel dirlo.
Dopo questa faticosa e fantasiosa esegesi, il prossimo commento ad un tuo aforisma lo farò tra non meno di 10 anni... : )))))))))
13 anni e 4 mesi fa
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Michelangelo non sarebbe stato osannato come è stato ed è. Ma sarebbe stato ugualmente Michelangelo, non c'è dubbio.
Altro è la riconoscibilità, altro l'essenza.
Spesso tuttavia, soprattutto oggi, vi è riconoscimento senza essenza.
E questo è il peggio che possa accadere in qualsiasi corpo sociale: il travisamento dei fatti, la creazione di valori e realtà virtuali, il proliferare di concetti dogmatici di ogni tipo, l'innalzamento sul piedistallo di falsi profeti, l'acclamazione, come eroi, di volgari gaglioffi cui è stata fatale l'ultima avventura.
Ciò detto, vengo a chiarire il mio pensiero. Ritengo che la felicità sia il destino ultimo di ogni forma di soggettività e di coscienza: questo lo ritengo per mia intima convinzione, derivata tuttavia non da sogni o fantasie, ma dal succo di una costante ricerca sul problema principale dell'esistenza: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Il dogmatismo di cui parlavo si riferiva dunque non al concetto (cui come dicevo sono pervenuto in seguito a una serie di esperienze e di considerazioni), ma dalla forma assiomatica in cui lo avevo espresso nel contesto..
ESULA PERO' DEL TUTTO dalla mia visuale l'idea di un premio o di un castigo ultraterreno: pur essendo convinto dell'imm*ortalità dell'anima per averne avuto svariate esperienze, sono altrettanto convinto che nè premio nè castigo vi sarà oltre questa vita, ma solo un continuo progredire, che sarà DI TUTTI, e non solo di alcuni. Non enunciavo dunque velatamente nè premi nè castighi, ma solo felicità (e champagne! :)) PER TUTTI (chi prima chi dopo, naturalmente, con la precisazione che di prima o dopo si può parlare solo a livello percettivo). La cosa veramente notevole è che al commento 11 ho parlato chiaro di felicità per TUTTI, dunque queste cose avrebbero dovuto esserti chiare (se è per tutti, non vi sono castighi...); ma evidentemente esiste una sorta di addottrinamento occulto preesistente, per cui taluni (così anche la cara Flavia) incasellano le mie parole in categorie precostituite (nella fattispecie premio e castigo, appunto), che altro non sono che contro-dogmatismi in azione... : )))
Quanto all'altra affermazione, con il dire che la felicità è qualcosa di relativo intendevo dire che non dipende dagli avvenimenti esterni, ma dal grado di evoluzione dello spirito. Più lo spirito è evoluto, più è felice dell'apparentemente poco, o dell'apparentemente nulla, perché ha dentro do sé una fonte di luce e di calore autonoma, che lo illumina e riscalda in qualsiasi condizione ambientale, fosse anche la più disastrata e drammatica. Per questo motivo incitavo tutti a costruire se stessi.
Non vi è dunque alcuna contraddizione nel mio pensiero: calzini bucati e rigirati, e animali che si mordono la coda, sono semplice ed evidente frutto di quel ragionare per categorie dogmatiche (o contro-dogmatiche, che è lo stesso) di cui prima parlavo.
La chiave di volta della vita, secondo me, sta nel perseguire i propri ideali e i propri obiettivi con forza e tenacia. L'accettazione riguarda un momento successivo; ma anche in questa fase bisogna sempre essere pronti a cogliere l'occasione per ribaltare il corso di eventi che apparivano incontrastabili.
Ovviamente, l'Enel (cioè Dio) è il presupposto della fede; ove l'Enel non venga ritenuto esistente, cade questo tipo di malafede; ma ne permangono purtroppo altri, perché l'inganno (anche l'auto-inganno) è una componente essenziale dell'essere umano.
La perla consiste nel dire ai credenti: attenzione, rivedete i vostri parametri, perché credete di avere fede, ma non ne avete; e siete in malafede nel pensarlo e nel dirlo.
Dopo questa faticosa e fantasiosa esegesi, il prossimo commento ad un tuo aforisma lo farò tra non meno di 10 anni... : )))))))))
Altro è la riconoscibilità, altro l'essenza.
Spesso tuttavia, soprattutto oggi, vi è riconoscimento senza essenza.
E questo è il peggio che possa accadere in qualsiasi corpo sociale: il travisamento dei fatti, la creazione di valori e realtà virtuali, il proliferare di concetti dogmatici di ogni tipo, l'innalzamento sul piedistallo di falsi profeti, l'acclamazione, come eroi, di volgari gaglioffi cui è stata fatale l'ultima avventura.