Giuseppe Freda

Nella frase "C'è un unico errore innato, ed è quello di..." di Arthur Schopenhauer
Ciao Impenitente (a quanto pare di nome e di fatto :)), poiché è ormai consuetudine il parlarci, e anche con una certa profondità, e anche fuori dai denti, ma sempre con rispetto reciproco, non vedo motivo a questo "Lei" del... cav*olo.  Passo dunque con decisione al TU, come è per ogni fedele cristiano musulmano e Nietzschiano su questo sito.
   Ciò detto, vengo a chiarire il mio pensiero. Ritengo che la felicità sia il destino ultimo di ogni forma di soggettività e di coscienza: questo lo ritengo per mia intima convinzione, derivata tuttavia non da sogni o fantasie, ma dal succo di una costante ricerca sul problema principale dell'esistenza: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Il dogmatismo di cui parlavo si riferiva dunque non al concetto (cui come dicevo sono pervenuto in seguito a una serie di esperienze e di considerazioni), ma dalla forma assiomatica in cui lo avevo espresso nel contesto..
     ESULA PERO' DEL TUTTO dalla mia visuale l'idea di un premio o di un castigo ultraterreno: pur essendo convinto dell'imm*ortalità dell'anima per averne avuto svariate esperienze, sono altrettanto convinto che nè premio nè castigo vi sarà oltre questa vita, ma solo un continuo progredire, che sarà DI TUTTI, e non solo di alcuni. Non enunciavo dunque velatamente nè premi nè castighi, ma solo felicità (e champagne! :)) PER TUTTI (chi prima chi dopo, naturalmente, con la precisazione che di prima o dopo si può parlare solo a livello percettivo). La cosa veramente notevole è che al commento 11 ho parlato chiaro di felicità per TUTTI, dunque queste cose avrebbero dovuto esserti chiare (se è per tutti, non vi sono castighi...); ma evidentemente esiste una sorta di addottrinamento occulto preesistente, per cui taluni (così anche la cara Flavia) incasellano le mie parole in categorie precostituite (nella fattispecie premio e castigo, appunto), che altro non sono che contro-dogmatismi in azione... : )))
     Quanto all'altra affermazione, con il dire che la felicità è qualcosa di relativo intendevo dire che non dipende dagli avvenimenti esterni, ma dal grado di evoluzione dello spirito. Più lo spirito è evoluto, più è felice dell'apparentemente poco, o dell'apparentemente nulla, perché ha dentro do sé una fonte di luce e di calore autonoma, che lo illumina e riscalda in qualsiasi condizione ambientale, fosse anche la più disastrata e drammatica. Per questo motivo incitavo tutti a costruire se stessi.
     Non vi è dunque alcuna contraddizione nel mio pensiero: calzini bucati e rigirati, e animali che si mordono la coda, sono semplice ed evidente frutto di quel ragionare per categorie dogmatiche (o contro-dogmatiche, che è lo stesso) di cui prima parlavo.
13 anni e 4 mesi fa
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Nella frase "La "chiave di volta" della vita sta nell..." di Andrea Matacchiera
A mio avviso bisogna lottare contro gli eventi. L'azione umana, bene o male, è un fattore causale. Quindi l'accettazione deve subentrare sì, ma solo di fronte a ciò che sovrasta le nostre forze, e solo dopo aver posto in essere tutto ciò che possiamo per costruire noi il mondo e il futuro.
La chiave di volta della vita, secondo me, sta nel perseguire i propri ideali e i propri obiettivi con forza e tenacia. L'accettazione riguarda un momento successivo; ma anche in questa fase bisogna sempre essere pronti a cogliere l'occasione per ribaltare il corso di eventi che apparivano incontrastabili.
13 anni e 4 mesi fa
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Nella frase "Non c'è fede se non c'è malafede." di Flavia Ricucci
Flavia, volendo intendere la frase in senso religioso, c'è da dire che NESSUNO ha fede, tranne chi compie veri e propri miracoli. Infatti (lo ha detto Lui) chi avesse fede quanto un granello di senape potrebbe smuovere i monti. Conclusione: la fede porta con sè la malafede di ritenere di aver fede, di ritenersi bravi e perfettini, il che viene puntualmente contraddetto dai fatti, perché le montagne non si muovono. E dunque una presuntuosa malafede è la sostanza della cosiddetta fede, tranne che per pochissimi. Purtroppo.
    Ovviamente, l'Enel (cioè Dio) è il presupposto della fede; ove l'Enel non venga ritenuto esistente, cade questo tipo di malafede; ma ne permangono purtroppo altri, perché l'inganno (anche l'auto-inganno) è una componente essenziale dell'essere umano.
    La perla consiste nel dire ai credenti: attenzione, rivedete i vostri parametri, perché credete di avere fede, ma non ne avete; e siete in malafede nel pensarlo e nel dirlo.
    Dopo questa faticosa e fantasiosa esegesi, il prossimo commento ad un tuo aforisma lo farò tra non meno di 10 anni...    : )))))))))
13 anni e 4 mesi fa
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Nella frase "La frase è stata rimossa per volere dell'autore." di Dario Pautasso
Michelangelo non sarebbe stato osannato come è stato ed è. Ma sarebbe stato ugualmente Michelangelo, non c'è dubbio.
Altro è la riconoscibilità, altro l'essenza.
Spesso tuttavia, soprattutto oggi, vi è riconoscimento senza essenza.
E questo è il peggio che possa accadere in qualsiasi corpo sociale: il travisamento dei fatti, la creazione di valori e realtà virtuali, il proliferare di concetti dogmatici di ogni tipo, l'innalzamento sul piedistallo di falsi profeti, l'acclamazione, come eroi, di volgari gaglioffi cui è stata fatale l'ultima avventura.
13 anni e 4 mesi fa