Ciao Gaetano, sono contento che tu sia venuto allo scoperto. Vedi, quel cinque mi è suonato come uno schiaffo, per tre motivi:
A) pochi istanti prima, o quasi in contemporanea, ti avevo dato un 10 “ad personam” (per una cosa che in verità non pretendeva gran che);
B) mi è arrivato senza alcun commento. Ora, un nove o un dieci lo posso capire, o anche un otto; ma un cinque no, è un voto basso, secondo me bisogna commentarlo. E non dopo 3 giorni, nè dopo essere finalmente usciti dalla tana per esserne stati stanati da “provocazioni” a te evidenti. : ))
C) nella mia mentalità, un cinque è peggio di uno zero. E te lo spiego. Vedi, io a differenza di te sono largo di voti, perchè ritengo che qualcosa o è poesia o non lo è. E quindi se lo è do' 10, che sia Montale o tu o chiunque, anche fuori della cerchia degli amici (o al massimo do' 9 se non riesco a beccare sull'angolo destro quella benedetta quinta stella); se una cosa fa proprio pena, non dico tecnicamente, ma proprio come contenuto, perché semmai di estrema volgarità, do' zero o 1 (sempre per via della stellina, stavolta di sinistra). Questo però più per gli aforismi e altre cose che per le poesie, che rispetto sempre come tentativi di esprimere l'inesprimibile. Non ho mai espresso uno zero per poesie che non mi piacevano. Per le poesie solo 10 se mi piacciono. Altrimenti tiro deitto. Voti intermedi (dico anche 6 o 7, figurati dei 5), sinceramente, non mi sento di darne, per tre motivi.
1) malgrado io ritenga di non peccare quanto alla forma, alla forma stessa faccio molto meno caso che al contenuto. Quindi voti bassi per forma carente non ne do'. Preferisco passare oltre, semmai con un commento di incoraggiamento.
2) i contenuti: anche quelli talora scarseggiano. Ma come dicevo penso che la poesia sia un volo nel corso del quale l'anima mette a nudo se stessa, e io rispetto religiosamente quel volo. Prima o poi verrà fuori anche il contenuto.
3) non mi ritengo assolutamente in grado di pesare col bilancino dell’orefice le cose altrui. Anche perché una cosa che non capisci prima puoi capirla poi…
I nsomma: se una cosa mi piace, do' 9 o 10, che sia Ungaretti o l'ultimo quisque de populo; se non mi piace, dò 0 (idem: che sia Ungaretti o un perfetto sconosciuto).
E veniamo al merito.
Quanto alla complessità, hai mai letto ossi di seppia? Beato te se capisci sull’istante. E lo stesso valga per alcune (solo alcune) cose di Neruda o Garcìa Lorca. Ma sono grandi nomi, e dobbiamo inchinarci perché si è inchinata la critica? Altrimenti siamo noi i fessi che non capiamo? Io preferisco il buon pane fresco di grano fatto in casa. Me ne frego della freschezza che spira nei versi immortali.
Quanto a queste mie 4 righe di "poesia" (ché di poesie vere credo di averne scritte poche, e finora qui ce n'è una sola: pàlpito), pensala come un quadro. La voluta barocca nel cervello ce l'abbiamo tutti, chi più o chi meno; prova ne sia che, quando siamo sinceri, siamo "tot capita, tot sententiae" (tante teste, altrettanti pareri). Hai mai sentito parlare di circumvoluzioni cerebrali? Splende, perché vi splende l’intelligenza. L’infinito è dentro di noi, perché riusciamo ad afferrarne il concetto. Il cervello è tetro, perché a noi stessi sconosciuto.E’ un’immagine davvero terra terra. Cosa non comprendi?
Quanto al resto (il becco, gli artigli) è tutto evidentemente onirico. La bocca diviene becco perché non riesce ad esprimere l'inesprimibile; ti faccio ammenda degli artigli rossi non di sangue (nè di vino, come piacerebbe a te), ma di vergogna. Insomma: essendo noi tutti a metà tra due dimensioni, il "reale" dell'interpersonale cui tentiamo di adattarci, e l'interiore del pensiero e del sogno (individuale per ciascuno di noi), ecco che la comunicazione diventa qualcosa di realmente miracoloso. In realtà ho voluto solo dire che ciascuno di noi si manifesta all'esterno facendo uso di convenzioni che MAI potranno essere adeguate ad esprimere la realtà interiore, di infinita complessità. La fronte bruciata dal sole malgrado i 5 scudi di vetro permane anch’essa un’immagine onirica, e denota la nostra (per fortuna) permeabilità al sole della verità e dell’inteligenza, cui spesso tentiamo di sottrarci con scudi che non possono bloccarla (anche quello è “dialogo”).
Più semplice di così....
Ho tentato di chiarire perché interpellato. Ma di solito spiegazioni non ne do’. Non per niente, ma perché in tutta sincerità talvolta non mi capisco neanche io. Ma non in casi evidenti come questi. Prova allora a leggere un’altra mia cosa, “Il cuore dei sassi”, cui nessuno finora è approdato… Lì davvero non saprei se non in linea generalissima che spiegazione dare.
D'altra parte la poesia, in quanto fatto artistico, è oggetto del sentire, non del capire: vai a spiegare a uno quanto è bello ed efficace l'olio di fegato di merluzzo: se al gusto gli fa schifo, c'è poco da spiegare.
Mi affido dunque inerme al giudizio “popolare”, sempre però in una ormai matura coscienza di essere, che mi è più congeniale ormai di un dovere o voler essere.
E dunque: sono contento di averti “stanato” nel senso di averti indotto a motivare le ragioni di quel cinque. Sulle quali però non concordo assolutamente.
Vedi, io queste 4 righe le ho scritte la bellezza di 30 anni fa, e di getto. Dunque il tuo appunto che sia “troppo ricercata con termini scelti con cura per stupire” fa parte del tuo mezzo cavallo bianco, non del mio (a comprova della veridicità di quanto affermo). (A proposito: il mezzo cavallo denota un cavallo bellissimo, su cui si potrebbe galoppare all’infinito, se… non fosse solo mezzo; ma è anch’esso un’immagine. Non ti ci vedi tu, seduto su mezzo cavallo bianco? Io sì. : ))
Mi capitava e mi capita di costruire per una mezz’oretta solo rime e ritmi; ma non quattro semplicissime parole. Se una cosa ti viene, viene in 10 minuti, altrimenti, hai voglia…Quanto allo “stupire”, è rimasta per 30 anni in un brogliaccio. Non voleva stupire nessuno… Si stupisce lei, in verità, di queste deduzioni ex cathedra.
Da cui un consiglio: forse se scendi un po’ dalla cattedra, e te la tiri di meno, e con te anche qualche altra maestrina che ho individuato (ma che finora si è prudentemente tenuta alla larga, e fa bene), non fai una cosa malvagia. Almeno quanto a me: perché innanzitutto sono un essere libero, me ne frego di critiche, critici e voti, e cerco solo me stesso, non il plauso degli altri, il che mi induce a rapportarmici in termini di tutta sincerità e talvolta scorbutici quantunque sempre educati; e poi perché, detto in tutta tranquillità ed umiltà a corollario di quanto sopra, e senza false modestie, credo, per evidente superiorità, di essere immune da certe “risibilia”.
Hai sbagliato, Gaetano. Pensa: ti avevo dato un 10 ad personam.
Ora, siamo ancora in tempo.
Ove tu viceversa intenda permanere sulla tua cattedra traballante, se e quando avrò tempo e pazienza, esaminerò le tue cose con maggiore attenzione.
Pensaci su. : )))
13 anni e 6 mesi fa
Risposte successive (al momento 19) di altri utenti.
Pitagora è tutto un problema a sè. Malgrado la sua dottrina possa apparire di natura matematica, in realtà essa sottende una visione misterica: la metafisica del numero. Il numero secondo Pitagora è la sostanza delle cose.
Ma non solo: Pitagora credeva nella metempsicosi (che è cosa antica: la relativa credenza risale sino ai miti orfici ed ai misteri dionisiaci). Secondo alcune fonti, si sarebbe addirittura vantato di conservare memoria delle sue vite anteriori; e Senofane di Colofone narra, colmo dei colmi, che Pitagora avrebbe riconosciuto in un cane la voce di un amico...!
Al riguardo tuttavia un altro agiografo, di cui mi sfugge il nome, asseriva che avesse viceversa riconosciuto in un amico la voce di un cane: cosa in verità più credibile, e che a ben pensarci può riscontrarsi tuttora, ad esempio nelle voci di alcuni noti uomini politici.
Per tornare al tema della frase di cui qui è commento, devo dire che nei misteri dionisiaci di cui sopra, che come noto si sostanziavano in vere e proprie orge, il sesso era vissuto, al pari dell'ubriachezza, come mezzo di elevazione alla divinità. Il che gli conferiva una dignità (non quindi da parente povero) in seguito perduta non tanto per via del cristianesimo, quanto dell'asse filosofico Socrate-Platone-Plotino, cui la filosofia cristiana si riconnette come una sorta di coronamento.
Evidenzio da ultimo che, in una visuale possibile quantunque forse ottimistica, può darsi che un impeto misterico-dionisiaco pervada le performance conviviali del noto politico. In questo caso tutto muterebbe aspetto, acquisendo una portata di notevole rilevanza culturale: quasi una rivoluzione del pensiero filosofico, a mirabile sintesi della cultura clerico destrorsa con la potente visione mistica dei misteri eleusini.
In questo fondersi di paganesimo, cristianesimo, orientalismo e pu**anate varie è forse tutto il nostro futuro.
13 anni e 6 mesi fa
Risposte successive (al momento 20) di altri utenti.
(Speriamo che duri...) : (((
Tuttavia, anche in centro... : ))))
A) pochi istanti prima, o quasi in contemporanea, ti avevo dato un 10 “ad personam” (per una cosa che in verità non pretendeva gran che);
B) mi è arrivato senza alcun commento. Ora, un nove o un dieci lo posso capire, o anche un otto; ma un cinque no, è un voto basso, secondo me bisogna commentarlo. E non dopo 3 giorni, nè dopo essere finalmente usciti dalla tana per esserne stati stanati da “provocazioni” a te evidenti. : ))
C) nella mia mentalità, un cinque è peggio di uno zero. E te lo spiego. Vedi, io a differenza di te sono largo di voti, perchè ritengo che qualcosa o è poesia o non lo è. E quindi se lo è do' 10, che sia Montale o tu o chiunque, anche fuori della cerchia degli amici (o al massimo do' 9 se non riesco a beccare sull'angolo destro quella benedetta quinta stella); se una cosa fa proprio pena, non dico tecnicamente, ma proprio come contenuto, perché semmai di estrema volgarità, do' zero o 1 (sempre per via della stellina, stavolta di sinistra). Questo però più per gli aforismi e altre cose che per le poesie, che rispetto sempre come tentativi di esprimere l'inesprimibile. Non ho mai espresso uno zero per poesie che non mi piacevano. Per le poesie solo 10 se mi piacciono. Altrimenti tiro deitto. Voti intermedi (dico anche 6 o 7, figurati dei 5), sinceramente, non mi sento di darne, per tre motivi.
1) malgrado io ritenga di non peccare quanto alla forma, alla forma stessa faccio molto meno caso che al contenuto. Quindi voti bassi per forma carente non ne do'. Preferisco passare oltre, semmai con un commento di incoraggiamento.
2) i contenuti: anche quelli talora scarseggiano. Ma come dicevo penso che la poesia sia un volo nel corso del quale l'anima mette a nudo se stessa, e io rispetto religiosamente quel volo. Prima o poi verrà fuori anche il contenuto.
3) non mi ritengo assolutamente in grado di pesare col bilancino dell’orefice le cose altrui. Anche perché una cosa che non capisci prima puoi capirla poi…
I nsomma: se una cosa mi piace, do' 9 o 10, che sia Ungaretti o l'ultimo quisque de populo; se non mi piace, dò 0 (idem: che sia Ungaretti o un perfetto sconosciuto).
E veniamo al merito.
Quanto alla complessità, hai mai letto ossi di seppia? Beato te se capisci sull’istante. E lo stesso valga per alcune (solo alcune) cose di Neruda o Garcìa Lorca. Ma sono grandi nomi, e dobbiamo inchinarci perché si è inchinata la critica? Altrimenti siamo noi i fessi che non capiamo? Io preferisco il buon pane fresco di grano fatto in casa. Me ne frego della freschezza che spira nei versi immortali.
Quanto a queste mie 4 righe di "poesia" (ché di poesie vere credo di averne scritte poche, e finora qui ce n'è una sola: pàlpito), pensala come un quadro. La voluta barocca nel cervello ce l'abbiamo tutti, chi più o chi meno; prova ne sia che, quando siamo sinceri, siamo "tot capita, tot sententiae" (tante teste, altrettanti pareri). Hai mai sentito parlare di circumvoluzioni cerebrali? Splende, perché vi splende l’intelligenza. L’infinito è dentro di noi, perché riusciamo ad afferrarne il concetto. Il cervello è tetro, perché a noi stessi sconosciuto.E’ un’immagine davvero terra terra. Cosa non comprendi?
Quanto al resto (il becco, gli artigli) è tutto evidentemente onirico. La bocca diviene becco perché non riesce ad esprimere l'inesprimibile; ti faccio ammenda degli artigli rossi non di sangue (nè di vino, come piacerebbe a te), ma di vergogna. Insomma: essendo noi tutti a metà tra due dimensioni, il "reale" dell'interpersonale cui tentiamo di adattarci, e l'interiore del pensiero e del sogno (individuale per ciascuno di noi), ecco che la comunicazione diventa qualcosa di realmente miracoloso. In realtà ho voluto solo dire che ciascuno di noi si manifesta all'esterno facendo uso di convenzioni che MAI potranno essere adeguate ad esprimere la realtà interiore, di infinita complessità. La fronte bruciata dal sole malgrado i 5 scudi di vetro permane anch’essa un’immagine onirica, e denota la nostra (per fortuna) permeabilità al sole della verità e dell’inteligenza, cui spesso tentiamo di sottrarci con scudi che non possono bloccarla (anche quello è “dialogo”).
Più semplice di così....
Ho tentato di chiarire perché interpellato. Ma di solito spiegazioni non ne do’. Non per niente, ma perché in tutta sincerità talvolta non mi capisco neanche io. Ma non in casi evidenti come questi. Prova allora a leggere un’altra mia cosa, “Il cuore dei sassi”, cui nessuno finora è approdato… Lì davvero non saprei se non in linea generalissima che spiegazione dare.
D'altra parte la poesia, in quanto fatto artistico, è oggetto del sentire, non del capire: vai a spiegare a uno quanto è bello ed efficace l'olio di fegato di merluzzo: se al gusto gli fa schifo, c'è poco da spiegare.
Mi affido dunque inerme al giudizio “popolare”, sempre però in una ormai matura coscienza di essere, che mi è più congeniale ormai di un dovere o voler essere.
E dunque: sono contento di averti “stanato” nel senso di averti indotto a motivare le ragioni di quel cinque. Sulle quali però non concordo assolutamente.
Vedi, io queste 4 righe le ho scritte la bellezza di 30 anni fa, e di getto. Dunque il tuo appunto che sia “troppo ricercata con termini scelti con cura per stupire” fa parte del tuo mezzo cavallo bianco, non del mio (a comprova della veridicità di quanto affermo). (A proposito: il mezzo cavallo denota un cavallo bellissimo, su cui si potrebbe galoppare all’infinito, se… non fosse solo mezzo; ma è anch’esso un’immagine. Non ti ci vedi tu, seduto su mezzo cavallo bianco? Io sì. : ))
Mi capitava e mi capita di costruire per una mezz’oretta solo rime e ritmi; ma non quattro semplicissime parole. Se una cosa ti viene, viene in 10 minuti, altrimenti, hai voglia…Quanto allo “stupire”, è rimasta per 30 anni in un brogliaccio. Non voleva stupire nessuno… Si stupisce lei, in verità, di queste deduzioni ex cathedra.
Da cui un consiglio: forse se scendi un po’ dalla cattedra, e te la tiri di meno, e con te anche qualche altra maestrina che ho individuato (ma che finora si è prudentemente tenuta alla larga, e fa bene), non fai una cosa malvagia. Almeno quanto a me: perché innanzitutto sono un essere libero, me ne frego di critiche, critici e voti, e cerco solo me stesso, non il plauso degli altri, il che mi induce a rapportarmici in termini di tutta sincerità e talvolta scorbutici quantunque sempre educati; e poi perché, detto in tutta tranquillità ed umiltà a corollario di quanto sopra, e senza false modestie, credo, per evidente superiorità, di essere immune da certe “risibilia”.
Hai sbagliato, Gaetano. Pensa: ti avevo dato un 10 ad personam.
Ora, siamo ancora in tempo.
Ove tu viceversa intenda permanere sulla tua cattedra traballante, se e quando avrò tempo e pazienza, esaminerò le tue cose con maggiore attenzione.
Pensaci su. : )))
Ma non solo: Pitagora credeva nella metempsicosi (che è cosa antica: la relativa credenza risale sino ai miti orfici ed ai misteri dionisiaci). Secondo alcune fonti, si sarebbe addirittura vantato di conservare memoria delle sue vite anteriori; e Senofane di Colofone narra, colmo dei colmi, che Pitagora avrebbe riconosciuto in un cane la voce di un amico...!
Al riguardo tuttavia un altro agiografo, di cui mi sfugge il nome, asseriva che avesse viceversa riconosciuto in un amico la voce di un cane: cosa in verità più credibile, e che a ben pensarci può riscontrarsi tuttora, ad esempio nelle voci di alcuni noti uomini politici.
Per tornare al tema della frase di cui qui è commento, devo dire che nei misteri dionisiaci di cui sopra, che come noto si sostanziavano in vere e proprie orge, il sesso era vissuto, al pari dell'ubriachezza, come mezzo di elevazione alla divinità. Il che gli conferiva una dignità (non quindi da parente povero) in seguito perduta non tanto per via del cristianesimo, quanto dell'asse filosofico Socrate-Platone-Plotino, cui la filosofia cristiana si riconnette come una sorta di coronamento.
Evidenzio da ultimo che, in una visuale possibile quantunque forse ottimistica, può darsi che un impeto misterico-dionisiaco pervada le performance conviviali del noto politico. In questo caso tutto muterebbe aspetto, acquisendo una portata di notevole rilevanza culturale: quasi una rivoluzione del pensiero filosofico, a mirabile sintesi della cultura clerico destrorsa con la potente visione mistica dei misteri eleusini.
In questo fondersi di paganesimo, cristianesimo, orientalismo e pu**anate varie è forse tutto il nostro futuro.