L'affermazione fa riflettere, giacché proviene da persona che tanta gente ha preso e tuttora continua a prendere tremendamente sul serio. E allora si pone un dilemma: o Osho era inventivo, e allora non era serio; o inventivo non era, e dunque era serio, ma, essendo portato al passato, si dilettava solo nello scopiazzare ecletticamente tutte le possibili filosofie altrui, come si può sospettare anche dalla serie innumerevole (e disarmante) dei suoi libri (circa 600, a quanto pare: neanche i Testimoni di Jehova o gli autori di Tex Willer hanno scritto tanto). E quindi in ogni caso Osho non era serio. Ecco forse perché non è mai nato e non è mai m0rto, ma ha solo visitato questo pianeta, omettendo furbescamente di precisare che questa è l'esatta sorte di ciascuno di noi.
9 anni e 11 mesi fa
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Il cinismo (nel senso usuale e non tecnico-filosofico del termine) altro non è che l'indifferenza e il disprezzo nei confronti di qualsiasi ideale umano. In quanto tale, è sentimento che sopraggiunge non quando si diventa zitelle, ma quando si diventa carogne. :)
Il bene e il male... sì, molti coltivano e diffondono l'idea che dipendano dagli usi e costumi delle popolazioni, e che quindi si tratti di concetti relativi ad un determinato humus sociale e culturale.
Ciò si riconnette alla apparente (perché legata a specifici contesti sociali) fissità e anelasticità delle leggi, dei codici morali e dei decaloghi.
Secondo me, invece, noi abbiamo un criterio semplicissimo per distinguerli.
In una prima approssimazione, ritengo sia bene tutto ciò che giova a noi stessi e agli altri, male tutto ciò che provoca sofferenza.
Tuttavia, anche messa in questi termini, la distinzione non è completa nè affidabile, per il semplice motivo che noi, anche se agiamo con le migliori intenzioni, non possiamo sapere cosa DAVVERO giovi o arrechi danno a noi stessi o agli altri. Il gioco delle cause e degli effetti è infatti infinito, e spesso la cosa che riteniamo migliore può rivelarsi, alla lunga, la peggiore.
Ne consegue, almeno secondo la mia visuale, che ciò che conta sono le intenzioni. Le quali intenzioni possono naturalmente assumere contenuti pratici diversi a seconda del contesto storico, sociale, individuale e occasionale in cui si svolgono. Ragion per cui anche addirittura uccidere, male per eccellenza, può rivelarsi un'opera di bene in taluni contesti.
Siamo soli con noi stessi, Giulio. Questa è la verità.
10 anni e 1 mese fa
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Ciò si riconnette alla apparente (perché legata a specifici contesti sociali) fissità e anelasticità delle leggi, dei codici morali e dei decaloghi.
Secondo me, invece, noi abbiamo un criterio semplicissimo per distinguerli.
In una prima approssimazione, ritengo sia bene tutto ciò che giova a noi stessi e agli altri, male tutto ciò che provoca sofferenza.
Tuttavia, anche messa in questi termini, la distinzione non è completa nè affidabile, per il semplice motivo che noi, anche se agiamo con le migliori intenzioni, non possiamo sapere cosa DAVVERO giovi o arrechi danno a noi stessi o agli altri. Il gioco delle cause e degli effetti è infatti infinito, e spesso la cosa che riteniamo migliore può rivelarsi, alla lunga, la peggiore.
Ne consegue, almeno secondo la mia visuale, che ciò che conta sono le intenzioni. Le quali intenzioni possono naturalmente assumere contenuti pratici diversi a seconda del contesto storico, sociale, individuale e occasionale in cui si svolgono. Ragion per cui anche addirittura uccidere, male per eccellenza, può rivelarsi un'opera di bene in taluni contesti.
Siamo soli con noi stessi, Giulio. Questa è la verità.