Mauro Lanari

141 milioni di dollari guadagnati e un A+ su CinemaScore per un film nero sull'amicizia femminile dall'umorismo grossolano, dozzinale, disgustoso e ripugnante. Più un lacrimevole predicozzo alla fine.

Scivola via facile facile e con suprema insignificanza.

Mix stereotipato fra la saga di "Crank" e "In Time" di Andrew Niccol (2011). Hawke non è credibile nel ruolo dell'eroe maledetto in un film sparatutto.

Scomoda lo Scola di "Brùtti, spòrchi e cattìvi" e il Kubrick di "Shining" per un racconto "nebuloso e caotico" che non azzarda alcun affondo.

"L'inferno di cristallo" (1974), "Trappola di cristallo" (1988), "Cliffhanger" (1993), "Daylight" (1996), "The Rock" (1996), "La signora di Shanghai" (1947), "Breaking News" (2004): derivativo, davvero? Forse la miglior interpretazione di Johnson, one man show poiché non supportato dall'insignificante resto del cast.

Le asperità dell'immigrazione dissolte col buonismo alla Kaurismaki e, soprattutto, con la gnocca d'un film di Pieraccioni.

"It's better to burn out/Than to fade away": versetto usato da Cobain com'ultima frase nella sua lettera d'addìo prima dei saluti conclusivi.
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Azione quasi decente, personaggi e dialoghi non proprio indimenticabili: la saga di "Die Hard" era d'un altro pianeta. Problema degl'attuali produttori e sceneggiatori, degli spettatori o di tutti quanti?

Il più grande scandalo dell'ONU raccontato con un profluvio di parol'e nessun'immagine avvincente.

Ipercitazionista, prolisso e scialbo, almeno avrebbe potuto e dovuto evitare la maglietta d'"Unknown Pleasures".