Esperienze


Scritto da: Lina Viglione
in Diario (Esperienze)
Siamo tutti intelligenti.
Tutti dicono che l'intelligenza l'abbiamo tutti, perfino i più tupidi, ma si deve anche saperla usare, poiché, è un bene che si eredita e non si acquisisce. Ci sono taluni che non hanno una cultura scolastica che hanno una intelligenza molto aguzzo, ci verrebbe da domandarsi perché non l'hanno esaurito per la cultura, ma non tutte/i sono disposto per lo studio.

Beh! Se vero che la cultura non ha lo stesso valore all'intelligenza. Ma se e ci troviamo di fronte noi due persone con la stessa intelligenza, è giusto che quello con più cultura potrebbe anche essere più intelligente solamente perché ha messo a frutto la sua dote e l'ha spronata con lo studio, la ricerca e la voglia di sapere.

Dire che un qualifica di studio, non fa la cultura è sbagliato. A dire il vero io sono nata dopo la guerra e i miei non hanno avuto la possibilità di mandarmi a scuola (ho solo la 3 elementare ) Ho studiato molto sui libri e nella vita.

Ma tuttavia mi ritengo molto brava nello scrivere, più di tante altre persone, che hanno un diploma, non le giudico più intelligente di me, perché non hanno un bagaglio di vita superiori al mio.

Che poi, potrebbero essere dei geni, non mettiamo nessun dubbio a questo, ma a che vale un genio che poi non mette in risalto a sua dote? A che vale un uomo che è una gelialità se poi non mette in azione quello che crede di saper fare? Non coltivare vuol dire lasciare morire ogni ideale.

Anche un illetterato a altezza manualistico, se non si interessa a niente lascerà perire la sua intelligenza non coltivata. Tuttavia po di "menti semplici" ve ne sono moltissime nel mondo e vanno avanti in una vita dove, si viene al mondo, si viene addestrati per lavorare una vita intera, diventare vecchi e morire.

Esattamente come una macchina, inventata dopo averla costruita, semmai venduta, e poi demolita. Non è triste tutto questo? Scrisse Foscolo "l'amorevolezza, l'onestà, la libertà sono tutti quei ideali che l'uomo attua per dare un senso alla vita". Non è forse vero forse questo?
Diamo ai posteri l'ardua sentenza.
Composto martedì 1 gennaio 2008
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    Scritto da: Lina Viglione
    in Diario (Esperienze)
    Domani è un altro giorno. Domani è un altro giorno, e anche se non sono certa che sarà più vantaggioso, ma avrò un'altra possibilità e fare di tutto perché sia davvero un giorno migliore. Questo è il senso, diciamo che è solo una mia considerazione, che non vuole dare per certo che esso sia migliore.
    Voglio solo sottolineare il fatto che il domani non si sa se sarà, peggiore ma sarà di certo diverso dal "giorno prima. È lo stesso ragionamento della speranza nella storia di pandora. Che nella sua narrazione è legato a quello del vaso che lo medesimo Zeus le avrebbe trasmesso, e che Pandora avrebbe aperto, per desiderio di sapere, liberando erroneamente i mali del mondo.
    La speranza può essere vista come una cosa concreta che consente di vivere malgrado i mali o, proprio per questo estremo fattore, diciamo che un'ultima canzonatura, poiché la speranza non ci fa vivere malgrado i mali, ma ci fa rinunciare dal porre fine alla vita, ma ad" impegnarci" a vivere anche in mezzo ai mali.
    Se oggi è stata una giornata difficile domani potrebbe anche non essere migliore, ma sarà in ogni modo una giornata diversa e vale la pena sempre viverla con il senso... della speranza e dell'attesa.
    Composto lunedì 31 dicembre 2007
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      Scritto da: Fragolosa67
      in Diario (Esperienze)
      Il peccato e la malattia si incontrano nell'atto umano di solidarietà e/o egoismo dell'uomo.
      Il dolore nasce sempre da uno status di sofferenza provocato dal comportamento. La dignità degli esseri viventi si risolve nell'equilibrio corretto del suo corpo e della sua mente. Sollevare la sofferenza è l'atto più nobile che riusciamo a fare perché doniamo ad altri il tempo e la dedizione necessaria con la solidarietà che molto somiglia al pentimento che richiama il perdono di Dio creatore.
      La guarigione vuole una rivoluzione dello spirito che non potrebbe compiersi se non avessimo all'interno di noi l'energia divina. Viene da chiedersi allora cosa è veramente la malattia e cosa la cagiona in noi. Principalmente il comportamento e il richiamo dell'uno verso gli altri. Noi abbiamo necessità di sentirci partecipi in comunione e garantirci l'amore di chi ci è accanto. I familiari e gli amici sono un grande serbatoio di energia benefica che richiama la stessa potenza dell'altissimo che, nel momento più alto del nostro benessere si fa partecipe della gioia di vederci in salute. Ogni volta che un sofferente risorge dallo stato di sofferenza replica senza saperlo l'atto più magico del mondo. L'amore di Dio per ciò che ha creato. La medicina infatti, un tempo era arbitrata dai sacerdoti perché conservatori della parola del Creatore universale. La commozione di Dio porta salute e gioia interiore. Avvicinarsi in modo spirituale all'infinito nulla ci fa trovare pieni di lui e consapevoli della sua forza.
      La preghiera del Padre Nostro andrebbe rivalutata nella sua specificità musicale togliendo al suono il senso della vocale ivi contenuta. Scopriremmo una verità tra l'incalzare di una parola e la dolcezza di un altro suono. Essa induce al raccoglimento per proiettarci alla fine nella vera preghiera che l'umanità a volte non conosce. Il silenzio e l'allontanamento da tutto per sentire la pace e la propria vita. Nel nulla degli altri si incontra per forza Dio creatore e si beatifica nuovamente il corpo ritemprandolo. Tornare alla vita dopo è come se si torna da un lungo viaggio dove, raccolti e partecipi rivalutiamo con occhi consapevoli noi e il mondo.
      È necessario riscrivere la nostra storia dal punto di partenza e non di arrivo per completare il percorso vitale con serenità. La cosa più difficile è arrivati al prossimo traguardo, essere in grado di aprire nuovamente la porta della nostra vita e lasciarci entrare gli altri. Spesso necessitano del nostro perdono, della nostra commozione e della nostra considerazione per i loro limiti egoistici. Il problema è essere capaci di perdonare perché ogni perdono chiede uno stato di grazia universale chiamato pentimento.
      Il pentimento è una grazia divina che presuppone una disposizione d'animo superiore quindi diventa cosa rara. Il pentito si salva sempre e guarisce. Vive la grazia più alta riprendendosi in mano la possibilità di ottenere dalla vita l'opportunità di essere felici. Dove alberga la felicità la malattia fugge e il corpo riluce.
      I guaritori di un tempo si occupavano dell'anima dei famigliari o di persona vicina per guarire la malattia grave. Toglievano i peccati ai famigliari del coniuge o secondo parentela/ affinità per donare uno stato di grazia al malato. Oggi è compito dei preti. La confessione è dunque l'atto spirituale che ci consegna la possibilità di reagire con forza ai sacrifici e ci aiuta ad essere energia e forza di reazione per il paziente che soffre. Impariamo a sorridere, a fare una carezza non prevista ad un ammalato. Si salverà per un atto infinito di misericordia. L'energia data è perdono che può diventare pentimento nel malato. Poi, l'atto di rivoluzione interiore gli restituisce la forza di reazione ed insieme ad essa la salute. Per salute intendo sempre il benessere e l'essere stazionario a volte anche in casi più rari la completa guarigione fisica.
      Il malato vive la sua condizione patologica subendola mentre ottiene aiuto. Chi lo assiste è il vero castigato. Egli è costretto a pensare l'amato in sofferenza e a sacrificarsi per lui. Gli dedica la vita ed è costretto a stargli accanto. L'anima degli uomini non alberga interamente nel corpo di dimora. Solo una parte per la causale di vita. L'anima madre giace come radice senza la tutela del corpo in altro mondo a noi prescritto.
      La morte ricongiunge l'alfa e l'omega, il primo e l'ultimo sempre. Perciò causa di malattia può essere l'offesa verso i defunti tramite i propri atti. Questo credo è condiviso dalle civiltà antiche ed io gli do credito. Pregare i propri defunti, offrire loro fumi di pesce, delle intenzioni ci restituisce continuità con il nostro essere ma soprattutto ci preserva da ogni male. I defunti vivono un'altra condizione fisica ma sono partecipi attivi del nostro esistere. Lo scopriamo morendo quando a loro ci ricongiungeremo come energia grazie alle stesse leggi che sono custodite dalla fiamma. Il rispetto e l'onore sono il fondamento della vita dunque e ci permette di partecipare alla salute degli altri. Fa molto un padre nostro recitato da un gruppo di uomini che si fanno energia che sostiene un impegno. Ancora la solidarietà e l'amore che replica l'amore di un Dio che non ci dimentica.
      Composto mercoledì 7 febbraio 2018
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