La quercia, ormai autunno, s'era scrollata tutte le su foje. Dell'arbero de storia secolare rimasero li rami tutti gnudi. L'ucelli che quassù avean dimora, passarno da una ann'antra pianta, pe cercà riparo. E l'arbero li supplicò, mo m'avete lasciato! M'avete dimenticato! V'ho dato arbergo pe tutta la stagione, me sento abbandonato. L'ucello c'era a capo dello stormo, je disse: ma vuoi che nun ritorno? Mo che viè la bella stagione E dovemo da fa li regazzini vedrai che confusione. La quercia attese che er sole bontà sua cominciò a scardar tutta la tera la linfa nuova cominciò a salì e tutto l'arbero de foje se coprì. La quercia tutta se pavoneggiava, nella sua folta chioma c'era er suo amico ucello che se la cantava.
L'amicizia è fatta di grandi sospiri, d'intese e rispetto. È una grande parola e ancor muta scuote coscienze e le mette alla prova. È amore, disponibilità, consigliare senza giudicare è una mano tesa stretta con forza, per far capire che anche quando tutto vien meno; son quà.
Nel giardino, ormai inverno alle porte, è tornata a fiorire un'ultima rosa, il bocciolo l'aveva riposto per mia meraviglia. Com'è triste ormai l'albero spoglio e senza colori ed il verde del prato, già spento da un rigido cielo, che plumbeo, ormai pioggia minaccia. Il mio sguardo si posa di nuovo sul fiore vermiglio, che timido aprirsi vorrebbe, ma il gelo pungente lo fa poi piegare, e muore ancor pria di sbocciare.
Quanno che hai lavorato tutta la vita, te fai li conti: la casa l'hai pagata, famiglia sistemata, tua moglie co la vecchiaia s'è carmata, e mo te stà a sentì. Nun hai pensato però che devi da morì, e ner frattempo te sei scordato, che la tomba nun te sei comperato. E sì perché er diritto t'è negato, puro lì devi da fa li conti. Me so messo na mattina controvoja, davanti all'ufficio addetto, mentre chiedevo li scongiuri ho fatto: c'è na tomba da poté comprà? Ma certo c'è rimasta l'exstralusso, loculo doppio, pe lei e pe la su moje, questo ve posso offrì, è troppo tardi, me deve solo dì in quanto tempo, me darà li sordi. Bè; jo risposto: visto che stò avanti co l'età me devo accontentà, cerchiamo de allungà, famme firmà, quanno che stò de là, avoja a chiamà, cor cacchio che te vengo a pagà.
Ho sparato... Mentre cantavi. Ho sparato... Mentre felice volteggiavi. Ho sparato... ed un tonfo ovattato sul prato, tra papaveri e margherite. Giuro, era la prima volta, ed ho raccolto quel fagottino di piume. Ho sparato... Ma ho rivolto gli occhi al cielo, chiedendo perdono; il mio cuore ha sussultato, quando ho sentito, nel nido, sul ramo, i pigolii dei tuoi figli, che hai lasciato, mentre felice cantavi... ed io ho sparato.
Tra trine e merletti, sontuosi divani e luci soffuse, profumi di essenze orientali, camminano piano, e ostentano turgidi seni. Il fumo di lunghi bocchini, rende tutto ovattato sottofondo: Chopin. Boccali di vino e champagne, ancor sparsi su morbide forme, e risate sensuali, sguardi ammiccanti fanno a tutti sperare i piaceri dell'eros. S'adagiano alfine, su alcove ancor calde di amori ormai già consumati, vivendo un momento di gloria. Alla fine cilindri e bombette van via, pagando quel finto piacere, convinti di aver fatto godere mercenarie del sesso.
Quanno che er sole, fa er cambio co la luna, tutto se schiara. Quanno me mancano quei lumi, quelle stelle, perché li mejo sogni, li mejo pensieri, me vengono la notte. Daje sbrigate sole, a tramontà e fa tornà la luna, che er giorno m'è dura, e me se mette na pena drentro ar core, ma me metto ner letto, a guardà er cielo, quanno s'accenne la prima stella, e aspetto sera.
È durato troppo tempo, nascondere il tormento quante lacrime versate non potendo confessare che mi stavo innamorando... Di te, del tuo viso, dei tuoi gesti, il tuo sorriso, di te, che mi stavi proteggendo dai miei anni e quell'età che ti manda in confusione, senza capire quello che mi stava succedendo... Sarà certo infatuazione, che tempesta nel mio cuore, quella strana sensazione, che tu senti è proprio amore. Non potendo poi gridartelo, ho frenato troppo a lungo, quello strano sentimento, quanto è forte quel che sento, mi sto proprio innamorando. Di te, del tuo viso, del sorriso, non ti posso più sognare non so quando durerà ma ci voglio ormai provare, questo cuore deve andare, fammi crescere con te altrimenti morirò per questo amore.
È la parola il modo per poter comunicare, dare, amare, dire che sei presente, consolare, aiutare a non sentirsi soli. È il modo per capirsi, cercarsi e spiegarsi, quando spendere una parola in più, è vedere quello che si può fare, dare anche una mano, in fondo. La parola è sorprendere, comprendere, compiacendo, anche fingere di ascoltare dietro i silenzi ci sono solitudini, vuoti da riempire. Nella vita che và di fretta, non si spende più tempo nell'ascoltare e nel parlare.