Affollata di solitudine

Niente
provo a sentire un sentimento
non mi riempie
forse il vuoto
lasciato da un calice
solo falsamente riempito
di un vino che non disseta il mio cuore

il mio animo si rannicchia
in un angolo della doccia
mentre scorre un'acqua
fredda
come la solitudine

voci sorde intorno a me
richiamano l'attenzione delle mie idee
ma l'ombra che vive dentro il mio corpo
le riprende con ragnatele di tristezza

mi sento sola.
Anonimo
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    Scritta da: Rosy Zangala
    È un clown,
    dal viso coperto di cerone bianco,
    una bocca vermiglia in un sorriso aperto e franco,
    un naso grande, grosso, rosso ciliegia,
    un informe vestito variopinto di cui si fregia.
    Questo il suo aspetto,
    ma quel ch'è strano
    nessuno s'accorge del suo cuore umano.
    Scherzi, frizzi, capitomboli e lazzi
    per far ridere tutti... nonni e ragazzi:
    ma il suo cuore è triste...
    lui dona amore
    ma nessuno lo vuole ricambiare.
    "Son qui" par che dica
    "questo è il cuor mio...
    ma ho bisogno di amore anch'io"
    nessun l'ascolta...
    il clown di lacrime ha coperto il viso
    nascoste dalla maschera e da quel sorriso...
    a lui son richieste sol capriole,
    ilarità, sberleffi sotto il riflettore...
    questo è il clown,
    e questo il suo cuore,
    spera sempre che ad ogni spettacolo fiorisca l'amore...
    La musica sale... la rappresentazione deve iniziare...
    va vecchio romantico clown
    e continua a sognare.
    Anonimo
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      Scritta da: Anna D'Urso

      Dalla stradina antica

      Dalla stradina antica, a mare,
      nello scurir dell'imbrunire,
      un piccolo golfo m'appare,
      pria che nebbia inizi a salire.

      Spinge l'onde un furioso vento:
      su neri scogli s'abbattono,
      con ria schiuma da far spavento
      e stanche, e vinte, s'infrangono.

      Scuro, silente, l'austero monte
      s'oppone, v'è più indifferente,
      a cupe nubi già di fronte,
      ché n'è colmo il cielo rasente.

      E presto la luce s'attenua,
      l'aria oscura si fa trascinante,
      e presto il freddo s'accentua.
      Al riparo incauto viandante!

      Addio giorno! La notte scende.
      T'ho speso per ciò ch'ho dovuto,
      gelido un brivido mi prende,
      t'ho speso per il non voluto.

      Mi volto: che bello vederti!
      L'anima mia non è più mesta:
      più grande è la gioia d'averti,
      nell'irosa notte in tempesta.
      Anonimo
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        Scritta da: Cinzia Coppola

        La leggenda delle zeppole di San Giuseppe

        La bottega era in fondo alla via,
        tutti quanti sapevano dove.
        Fa Giuseppe: "Adorata Maria,
        molto presto sarà il diciannove;

        vola il tempo, a gran passi s'appresta.
        Invitiamo qui a casa gli amici.
        È il mio nome, lo sai; la mia festa.
        Che ti pare, Marì? Che ne dici?"

        Alza gli occhi Maria dal ricamo,
        risplendenti di grazia divina.
        "Peppe mio, tu lo sai quanto t'amo,
        però sono un disastro, in cucina.

        Ti ricordi dell'ultima volta?
        Mi ci sono davvero impegnata,
        ma mi venne uno schifo, la torta,
        e alla fine l'abbiamo buttata.

        Ma stavolta andrà meglio, lo sento,
        lo vedrai: non ti dico di più.
        Voglio farti davvero contento,
        con il nostro figliolo Gesù!"

        E così ci provò. Poveretta,
        ben tre giorni passò a cucinare,
        ma non era una cuoca provetta
        (era molto più brava a pregare).

        Questa volta riuscì! Nella stanza
        in cui stava la Sacra Famiglia
        si diffuse una dolce fragranza.
        Che languore! Che gran meraviglia!

        Su un vassoio fan mostra di sé
        (beh, Maria, certe volte sei in vena!)
        Zeppoloni di pasta bignè
        ben guarniti di crema e amarena.

        San Giuseppe però storce il naso.
        "Moglie mia, chi può averti aiutato?
        Non mi dire che è frutto del caso;
        tu lo sai, la menzogna è peccato.

        E non fare quel viso contrito!
        Dai, sorridi, mia cara Maria:
        l'aiutante, l'ho bell'e capito,
        si nasconde costì, in casa mia.

        Vieni qua, figlio mio, fatti avanti.
        I miracoli son limitati,
        vanno usati per cose importanti;
        se li impieghi così, son sprecati!"

        Ma Gesù, ch'era ancora un bambino
        lo guardò con grandissimo amore,
        e gli disse: "Mio caro papino,
        stai facendo – perdona – un errore:

        questa zeppola dolce, squisita
        da gustare in un giorno di festa
        rende un poco migliore la vita:
        la magia quotidiana è anche questa.

        È un miracolo lieve, leggero;
        una semplice, morbida cosa,
        che anche al giorno più cupo e nero
        dà una piccola mano di rosa".

        Il papà sentì in gola un magone.
        "Caro figlio, non critico più.
        Su'sti zeppole hai proprio ragione:
        io sò Santo, ma tu sì Gesù!"
        Anonimo
        Composta mercoledì 17 marzo 2010
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          Scritta da: minù64

          Donna

          Il mio odio è troppo forte, che ti amo.
          Ti amo e ti odio, dolce creatura, tu donna.
          Donna dai mille volti e dalle mille nostalgie.
          La tua presenza mi urta, ma senza te mi sento solo.
          Ti odio, ma ti cerco.
          Odio uguale amore,
          amore uguale insieme,
          insieme nell'infinito dei giorni.
          Giorni trascorsi, da vivere,
          giorni persi,
          persi senza te, donna.
          Anonimo
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            Scritta da: Nastjia

            E se un giorno...

            Rinascerò un giorno,
            nell'animo rinnovato
            da promesse mai sopite,
            ritroverò l'essenza di un domani dimenticato.
            Ma non adesso
            è l'attimo di eterno che cerco.
            Non ora
            può essere sospeso il cammino.
            E se dolore ancora mi accompagna
            procederò a testa alta,
            perché speranza
            si è aggiunta a noi.
            Anonimo
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