Non ho mai avuto certezze. Ma sapevo che potevo parlare con te In ogni momento... per qualsiasi cosa... La distanza non esisteva. Il tuo mare era irraggiungibile... Ora una lacrima... Il tuo sorriso stupendo... Ora un sospiro... Adesso la dura certezza che niente è più così... La tua voce dolce... Non mi cerca. Angelo, le tue ali Non mi proteggono più... Non arrivano più fino a me.
È un diamante al mio dito. Giorno o notte, senza fine lancia squisiti lucori scintillanti. È soltanto permanenza della Danza, Nervi, lungo il mare, tornando en giardino d'Apollo dove scivolano - divina giovinezza, i ballerini più famosi...
Di queste grandi sere estive, sempre odo la musica. Malinconia amara, sospiri da nascondere contro la spalla alta della memoria...
Ogni attimo lo dedico a te e inevitabile lo dedico a te ogni mio respiro e per te ogni mio più piccolo stato d'animo e per te si per te, mi alzo ogni giorno per dare vita a te, mangio, e il sapore e per te ogni momento di riposo e solo ed esclusivamente per far star meglio te ogni qualvolta imparo qualcosa di nuovo lo imparato per te per farti crescere.
Sorrido e mi avvolgo di gioia per te e non so il perché, ma son sicuro che e per te mangio, piango, urlo, impreco, corro, sogno, rallento, mi esalto, mi scuso, studio, guardo, parlo, ricordo, rimpiango, annuso, sento, rifiuto, rinnego, accetto, consento, riprendo, gioco, mi vesto, mi pento, dipingo, aggiusto, disegno, cucino, assaggio, tocco, getto, compro, vendo, nuoto, salto, parto, torno, mi piego, reagisco, mi sveglio, dormo, riposo, mi scaldo, ingegno…. Tutto faccio per te, Io, tutto faccio.
Notte fosca, attaccata ai vetri, ammanta, d'un drappo nero la città, ombre lunghe, s'allungano dai lampioni e le luci, chiarore delle insegne, i cartelli ed i neon, cose velate dal buio, assumono solo contorni vaghi; ed i pensieri, affondano nella tenebra, e si spandono, nella notte cosmica; vie desertiche, qualche rara bici, passa via; ascoltare il silenzio del buio, pensare mille pensieri, in uno, cercare di fermare tutto, per un momento.
Appare J. Kirk, in maglia gialla e mostrine, spalle larghe, torace vigoroso, guarda lo schermo, a volte volteggia sulla schiena, impugna la pistola, prende il tri corder, domanda a Spock, sguardo astuto, e risoluto, e la sua figura, vive ormai nella leggenda d'una serie, che non finisce mai.
Eccoci qua, alla mattina alle tre, cappuccino e caffè; e poi a prendere il bus, e in fretta, a galoppar, al megaufficio, che è un gran supplizio, col linguone fuori, e gran inchini, e spesso scivoloni non tanto fini, e con la lingua pastosa a dire - come è umano lei; e il piccolo ragioniere, abbassa la testa, rassegnato, e sempre pagherà, la gran cattiveria del mondo, tra i potenti, sempre più bravacci e fetenti; e una speranza c'è, la giustizia, in un paese che non c'è.
Ascoltami straniero, o visto pulviscoli lontani, nella via lattea, la terra infuocata di marte, o scorto, navi in fiamme ai confini d’Orione, desiderare, provare, esistere, più vita, padre, più vita creatore, al replicante; tra metropoli, macchine volanti, miasmi e ciminiere, smog e pioggia perenne, con città affollate, come vicoli, con dirigibili pubblicitari, bar-sushi, esseri extra mondo, vie buie e umide; dammi più vita, padre, prima che la colomba della vita, voli via; muori sporco poliziotto, che mi rubi, la poca vita rimasta, prima della fine.
Di altra luce tu rispondi - madre Luna non è tuo il sonno che ritempra dove getti quando esplode vita perché sia verde di erba prato che vita slenta a bruciante dissenno - e vita calpestano tuoi raggi i corpi che solo intendono quel bianco quel sonno quel dissenno - di nuovo, di nuovo si rintana nella notte- ma in verde prato, Luna, persino in bianco suo dissenno Padre potrai gettarti di esistenza.