Ogni giorno ha il suo semaforo acceso a intermittenza da qualcuno. Gli uomini sui nudi marciapiedi sbirciamo sogni ancora in pigiama. S'accende il rosso del tramonto su volto avvizzito d'anziani, mentre una ragazza in minigonna saluta il giorno da lontano. Lentamente andiamo in bicicletta approfittando il verde dei pedoni passa anche un povero cane che ha perduto il suo padrone. In ogni angolo della nostra casa un semaforo giallo ci avvisa: attenti alla vita cittadina è come l'acqua che va al mare! Ogni giorno ha il suo semaforo con i tre colori della vita: amore, speranza e malinconia per condurci in porto o sulla riva. Impariamo a camminare insieme sui piccoli sentieri della vita. Ci sarà sempre un vecchio semaforo per insegnarci a saper morire!
Quanti sbagli nella vita quanti schiaffi senza senso quanta umana vigliaccheria quanta tristezza portiamo dentro! Una donna sola con un cane un cane solo tutto il giorno una casa aperta al mattino chiusa a sera al ritorno.
Quanti sbagli nella vita quante mani sulla fronte quanti vuoti di speranza e notti senza sonno. Sbadigliamo coi debiti in tasca con la macchina nuova da pagare con i figli troppo allegri con poche domande da fare.
Gli sbagli ci hanno fatto uomo insieme alla donna che si ama. È questo il tempo che ci matura in orizzonti con volti umani.
Chiuso come un uovo era quel giorno di un uomo triste seduto sulla panchina guardando il treno passare nella nebbia Non sapeva come sfamare il silenzio posato sulle mani fredde d'inverno.
Ascoltava le foglie cadute per terra raccontare la favola della vita: è bello guardare gli uomini dal ramo passare, gridare, ridere e cantare!
Le lacrime non le vedevamo cadere erano degli altri, perché sapere? Adesso sì ci bagnano senza parlare ci accartocciamo per farle germinare.
Era un uomo seduto sulla panchina con la testa stretta fra le mani. Ero io, eri tu, era l'altro? Certamente aspettava il domani.
Era ancora agosto quella sera perduta sotto gli occhi di una piazza spagnola, dove il calore sbocciava in una rosa appesa al cappello di donne in amore. Nei bar si beveva e gridava: "Dos de calamares y una caña" La gente entrava e usciva guardando la luna nel bicchiere di birra. Due occhi smarriti masticavano vuoto sul pavimento pieno di rifiuti. Era ancora agosto quella sera spagnola all'ombra di una mantilla bianca vestita da baturra e senza nome. La ricordo passare insieme a un piccione sotto quegli archi antichi e calce nuova. Non so chi era, non so dove andasse. Portava il cuore e un fiore in quella danza notturna. La notte è giovane - diceva - il corpo è jota. Andiamo... Il ritornello era sempre quello. La notte passava senza rancore. È ancora agosto quella sera spagnola su corde di chitarra e una notte in fiore.
I romantici hanno rotto la ragione in un angolo d'ombra e d'amore. Andavano i musici dietro greggi senza pastore e poco rumore. Non è morto il cuore dietro i cannoni, è rimasto in silenzio appeso all'edera di un giardino secolare senza padrone. I romantici hanno rotto la ragione sulla facciata di un edificio nuovo. Sono rimasti per strada i poeti atterriti da un uragano di parole. Sono morti i miti sentimenti sono risorte le grida di passione. Dove sono i romantici di ieri e gli innamorati di sempre? È sbocciato nell'angolo un fiore è il bacio d'un poeta romantico caduto da un vecchio balcone. I romantici hanno rotto la ragione chiudendola in una palla di vetro di un mondo malato di passioni. Prendila rompila, dentro ci troverai il tuo cuore.
Verranno a prenderci su stelle cadenti dall'oscurità della terra. Non sentiremo nessun grido. Le mamme andranno avanti camminando in silenzio. Andremo come ombre nel deserto senza sole né arena bollente. Ci saranno oasi di tenerezza con bimbi giocando contenti. Verranno a prenderci su stelle cadenti in un giorno fuori calendario scritto con lettere decifrabili per occhi aperti alla speranza. Saremo tutti maturi quella sera dipinta di rosa senza stelle. Continueremo il nostro viaggio stringendoci per mano... Non ci sono strade, non più leggi, tutti sappiamo il cammino tutti cantiamo sorridendo. Il cavaliere arriva, non parla osserva in silenzio. La processione si ferma: "Siamo quelli della Terra". È finita la speranza maturata nel tempo.
All'ombra di un albero solitario aspetto il Bibi del villaggio. La sua risposta mi viene da lontano da un mondo abitato da persone piene di sapienza e poche parole.
Immobile scrutava l'aria del mattino posata sui fiori del mango secolare. Un tucano batteva il suo becco richiamando la notte nella tana.
Lo guardai racchiuso nel silenzio. Non ruppi il suo segreto. Era un vecchio che parlava coi morti consultando l'oggi, ieri e il domani.
All'ombra di un mango mi fermai ascoltando il Bibi che parlava. La sua voce limpida di silenzio mi riempì il cuore e mi lasciò contento.
Era un'ombra che danzava con la notte masticando i ricordi di leggenda sperduta nel ventre delle zucche di una marimba con note senza vento.
Era un'ombra germinata da semi raccolti in segreto in piena foresta. Le mani toccavano dei raggi di luce caduti da un ramo di um mango in festa.
Era un'ombra che danzava da ore al ritmo dei tamburi scavati nel tempo. Cercava nell'aria un'estasi d'ebrezza battendo la terra con umana dolcezza.
Era un'ombra di uomo o donna, non so, giocando a nascondiglio con la notte. Era vestita di conterie, semi e conchiglie e la luna guardava senza parlare.
D'improvviso il cielo è nero, la foresta cambia la sua voce, un lampo spacca le nuvole un fragore esce dalle rocce.
Il Dio della pioggia è sceso cammina sullo zingo della casa l'accompagnano tamburi forestieri e "makocho" venuti da lontano.
Gli alberi cadono frustrati dal vento, il tetto di paglia è un nido nell'aria, un cane abbaia al Dio che passa e rantola all'angolo come frustato.
Le foglie di mandioca sono d'argento, il miglio s'inchina baciando la terra, le papaie cadono su foglie antiche mentre un pipistrello resta appeso sotto il mio tetto amico.
Così piove in questa terra d'Africa quando il Dio maschio decide di pisciare. Quando invece col sole piove dolcemente dicono: "È Dio femmina che ci vuol bagnare".