Includo il nostalgico il peso del vuoto l'invariabile eterno asfissiante senso del niente che mi s'alterna in altalena simbolica saliscendi emotivo via-vai umorale in una cadenza di lune storte che vuote e piene mi fanno lucida ed opaca tra il cielo e l'abisso il Me e l'altro da Me.
Precipitata in cima alle mie macerie a dominare sulla fatiscenza tra dissoluzione e catastrofe impugno il respiro come scettro ché solo il fiato m'è rimasto a farmi viva e persuasa di fare sudditi i miei terrori _Comando le mie omissioni 'ché si facciano opere e Confesso d'essere rea d'un peccato originale che nessuna acqua battesimale o lacrima di _pia_ donna o mio stesso sacrificio possano purificare.
Come l'impressione dell'appena percettibile fruscio d'organza e carezzare lieve di polpastrelli timidi e tu che inumidisci di neve e danzano fiocchi bianchi dinanzi alle ciglia nere e l'insospettabile trama del corpo rotea e traccia in aria nel volo - il volo - foss'anche che tu, leggero, mi volassi nel petto e m'inebriassi di loto, foss'anche lontano, ti avvertirei vicino nella fragranza del sapore che al tatto cede e cade alla vista nel solo sentire
* in te ammiro un deserto di neve _rara bellezza *.
Questa tragica poesia mi rimane attaccata come cera che cola ustiona i mie tessuti segnandomi irrimediabilmente. La parola mi smarrisce perché è sempre lei a trovarmi in punta di pensiero un alito di memoria squarcia un cuore rotto e si rifugia in bocca e spiega il non detto e tace ciò che ho affermato ieri sputtana l'indicibile e mi mette alla gogna decapitandomi la reticenza e rotolando insieme alle chiome scomposte in ciocche d'emozioni. Recise.
Io ti sia nessuna partenza e tutte le destinazioni la smania del ritorno senza la fuga il restare nella lontananza imposta e letto per strada pelle nell'aria tocco senza mani e corpo nel tuo corpo ché a sfiorarti mi sia piacere perché io senta ciò che senti prima di farlo.
Ci sono catastrofi personali che s'indossano al mattino e coprono ogni pezzo d'anima; guanti alle mani del dolore corsetti costrittivi all'imbocco dei respiri e maschere mille maschere che coprono l'altra faccia della luna la notte dopo dell'essersi fatta piena ché morente nel parto viene al buio rendendomi madre d'abominio.
Mi si infligge una crepa profonda tra il provare ed il sentire così che anche se provata mai come in questa occasione sento ed è quando sento che mi metto alla prova e le mie prove sono sempre sorde e cieche brancolano e non avanzano si piegano sul filo delle mie spine poste a corolla quando m'incorono sovrana.
La mutevolezza si schianta sui miei giorni e mi dà un nuovo scheletro dalle ossa decalcificate struttura improbabile gabbia d'un Io precario un Me indicibile che arranca su contorni sfumati - tratti tremanti di profili anonimi - e si porta dietro il dolore dell'indefinizione | sospensione limbo | intangibile trascendentale E mi ripiego nelle mie notti che non mutano mai.
Ho un'ideazione scabrosa sintesi delirante di una concezione ossessiva quando mi manchi alla presenza della testa decretando l'era di uno spartiacque: prima te / dopo te. Mi accompagna una persecuzione che ti fa uomo e storia e ci vede al giudizio universale degli insani dalle insane passioni.
Toglimi le corde ai polsi fà ch'io mi senta fluire forza e vene fervere incastrare tra le ciglia il pulsare impercettibile della patina sottile di pelle emettere vibrazione e tasta con i polpastrelli il punto di pressione scoppiami come se tu fossi ago ed io tensione.