Su alture di luna ho usato la vanga del silenzio per seppellire pensieri... Li ho sprofondati d'ira rappresa, li ho rinnegati di luce e li ho allontanati da frange di ricordi... Su alture di luna ho lasciato solitaria una sedia di plastica, ho pensato a chi seduto, malinconico, non muoveva passi, e pur immobile, agile volava senza peso intrepido a cercare solo quegli attimi dove amare non mai bugia nell'anima. Sulle alture di luna, in effetti, accaso da sempre il mio io e canto ogni volta la dolente litania per ogni ora spenta, per ogni sogno ingrigito, per ogni parola non udita, per tutto il male del mondo. Modello un attimo di invisibilità anche nei miei stessi occhi, solo un attimo per perdermi nel nulla assoluto di pace. Mi lascerò andare d'indifferenza sino al centro dell'abisso... Ma stanotte c'è la luna. E m'addormenterò tra le sue alture, roca di sospiri come sempre nel cuore.
Appunti dell'anima in un divenire di stelle s'appoggiano a fogli sparsi. Ultimi riflessi di sole vestono il tramonto anche dei pensieri. Giunge l'ora che palpebre chiudano in sé immagini del giorno che fu e li trasformino in liete favole per bimbi così da allontanare malinconie della realtà.
Immergo lo sguardo in un fiore in boccio, posto là in un angolo solitario che timidamente svetta sul suo ramo. Avverto già vellutati i suoi petali in sfumature rosa giallo oro. Immagino l'essenza... e in un riquadro della mente, ti adagio rosa, e so che resterai bella, unica ai miei occhi in un tempo che non sfiora. E quando la realtà ti farà sbiadire, e sciupata cadrai esausta, con sublime dolcezza nel mio cuore ti terrò splendente in un giardino di colorati pensieri e ti coltiverò di gentilezza dove mai la malinconia della solitudine ti sacrificherà all'inesorabile fine.
T'amo di quell'amore malinconico che struggente s'attarda nel cuore a rinverdire romantici passi lievi. Vedi ancora quelle orme lungo il sentiero tra oleandri spossati di sole ma che di fiori vestono sempre braccia per allettare ali a corteggiare colori. Sono io che alito il desiderio... t'amo nelle fredde sere tediate di precoce penombra che contornano sfolgorii di sguardi scivolanti di carezze stanche e nutre solo ricordi. Dimmi odi anche tu ancora vie risuonanti sentore di risa, quei tempi di labbra che di passione, al tramonto, non sbiadivano colori di un bacio dato in riva al mare.
Serenate canto alla mia irrequieta voglia di cieli di libertà. Serenate d'auspicio a risuonare nelle menti chiuse, in ogni contrada di coscienze che patiscono penombre di sommesso silenzio. Serenate allegre, echi di respiri in montagna, a squarciagola intonate da parole accostate a voli d'aquile, pronte a inseguir una preda solo foriera di lamenti. Armoniose serenate al ritmo di risacca, granelli di sabbia di speranza sul cuore del mare, onde spumeggianti di sorrisi su scogli dove inusuali ma tenaci fiori, sbocciati al sole dell'impossibile, annunciano che, radiosa, può rinascere la primavera nell'anima.
Odo un canto... e un inquieto suono accanto, forse note di violino che sommesse poi si liberano frizzando di brividi lo spazio... Scorrono poi nuovamente lievi quasi a voler riconoscere morbidezze trovando, all'opposto, inattesi spigoli di toni stridenti.
E, invece, l'immagine di un archetto tra agili dita a carezzare corde invoglia solo un tempo sospirato da armonie e rassettato da senso di leggerezza in cuori ingenui che danzano... danzano battiti, nati a sedurre pensieri di felicità poi inesorabilmente più frenetici in giri di vorticoso destino.
Questo destino, come lupo che lancia ululi alla luna di condanna predatrice, annusa orme d'innumerevoli sogni lieti lungo il percorso di ogni singolo sentiero, e, subito dopo, con balzo fulmineo, scova divorando quelle arie deboli di attese costringendo suoni in vibrati lamenti, cupi, ridondanti di sragionata dolenza, così che, quelle visioni agognate di paradisi, sono esclusivi inferni d'irreale,
dove venti alteri spogliano rami in primavera, dove gocce, credute ristoratrici si cristallizzano di sabbia su zolle sospiranti già d'arsura, fino ad annullare speranze di sguardi all'orizzonte in apparenze di sorrisi nella vita soggiogata, all'improvviso, da sole letture trascritte in spartiti di lacrime.
Odo un canto, e ancora più forte e infinito un inquieto suono accanto... come di cigno morente.
Mi fascio di penombra di tramonto in questo difficile esistere accompagnandomi, ormai certa, a note finali di un violino impazzito.
Dolce oblio dell'esistenza stanca è inventarsi l'anima felice... e non scandagliare segreti nei ripostigli della memoria... Trovare solo ingenuità di parole, brevi parole, balbettate di sorrisi in prime pronunce d'amore... Dolce quindi alienare passioni e accomodare unicamente istanti dove baci sono immagini rosa fra labbra, e non brividi... Circuisco pensieri solitari fra antiche pagine di romanzi per essere apparente, senza realtà, solo romantica di emozioni, granelli di sogni che non indagano mai nel profondo dell'infelicità.
Ogni nube, ogni goccia di pioggia, ogni bolla d'aria che, tra nubi, tingerà un arcobaleno, ogni raggio che scintillerà, ogni farfalla che si accosterà di voli lieti, ogni canto melodioso d'uccelli, ogni fiore che con i suoi petali rallegrerà il tuo sorriso, sarà lungo sguardo d'amore che ti accarezza quando non sei con me.
Eri brama di parole sussurrate nel labirinto delle sensazioni. Eri tutto... Il sole e le nubi... Il vento e il mare Eri la tempesta. E il paradiso. Eri la solitudine, il poema delle trasgressioni nella vita del dolore folle... Eri il silenzio, vergante lacrime irridenti la malinconia del tuo tempo prigioniero. Eri risate come fiumi che attraversavano l'Io dell'assoluto dei tuoi pensieri. Eri Poetessa dolente di quell'amore ridente che sempre appare struggente di alba eterna anche nel tramonto delle tue parole, ora, che non appartengono al tuo tangibile respiro ma all'anima tua radiante l'emozione immortale...
Autunno, mani bronzee, carezzevoli di albe già annebbiate da nubi che gonfie si scontrano con primi raggi nascosti...
e il vento guarda rami e impaziente corteggia già di foglie al volo desolato...
Appare misero in autunno, ora, quel colore che fu abbagliante nei mesi di riflessi limpidi tra boschi risuonanti scampagnate ardite o di un mare invaso da risate e giochi.
Ma è solo pausa accudita di silenzio di passi per indurre stanchi arbusti ingialliti a rigenerare di verdi trifogli poi campagne e... di arenili lasciati solo amoreggiare in carezze solitarie di risacca.
... e il tempo d'autunno s'accosta prodigo ai quei richiami di riposo e di sonnolenti bisogni di terra che timorosa di geli ha in seno promesse di germogli che attendendo, certi, voce tiepida d'amore.