Azzurro e rosa il cielo ancora cambiar non osa, nel suo tramonto mutar sembianze. Se in queste stanze il pensiero fugge con le sue danze, dal sogno preso, non è di peso quel sentimento di rosa acceso. L'azzurro fugge, non è conteso, non ha una meta ma un solo arrivo, d'argento vivo, di mite attesa, di gioia presa che spegne il giorno e si riposa: l'azzurro e il rosa.
Dolci albe disegnate giù nel fosso abbandonate. Dolci passi inaspettati, non voluti, ma cercati. Dolci nuvole formate tra le zolle non arate. Son mattini incominciati, nel futuro proiettati di un momento inesistente, costruito dalla mente, di chi vuole, di chi spera, che non giunga mai la sera, per fermare l'emozione come un treno alla stazione, che non parte che non giunge, se non cambia direzione.
Ti vedo, non ti vedo, ti parlo, non ci credo, ti ascolto non mi senti, mentre parlo ai quattro venti. Son dei gigli i dispetti: se mi pensi, non lo ammetti se mi guardi non prometti, che io sogni non l'accetti: vedi solo i miei difetti. Ma i gigli li raccogli solo sopra questi fogli, sulle pagine pensate, di poesie dimenticate.
Ti sento sentire e dall'ombra rapire quel tremito dolce, nel tempo svanire. Ti sento sentire, la voce accennata, scandita, pacata dal brivido caldo e dal tempo velata. Ti sento pensare di dire di fare, ti sento arrivare, con passi leggeri che sanno di ieri, che scalano piano la vetta pensata di un cantico lento, voluto, mai spento, ti sento.
Sapienze, racconti, scivolati per gioco di pensieri ambulanti davanti a quel fuoco. Riscalda, travolge ma nulla si scorge agli occhi puntati ma un poco assonnati. Non vede, non sente quel vortice acceso che certo non mente e nel nulla è sospeso. Non resta, non tinge e nel dubbio dipinge una pace apparente, l'abbaglio cocente creato per gioco davanti a quel fuoco.
Frecce nel buio frecce tradite frecce impazzite perdute nel vuoto, mirate, sfrecciate a volte spezzate Giungono al cuore e fanno sentire più forte la vita nel suo dipartire. Ci fermano il fiato ci fanno esitare tremare, soffrire ma vanno a finire nel remoto passato voluto dal fato. Frecce di luce accese nel buio, frecce di lampi viste e scandite, da un misterioso sospiro carpite, frecce svanite.
Nastri ondeggianti lambiscono il cielo, strisce varianti del volo sereno di un solo aeroplano, partito atterrato, dalle nubi celato. Mai preso, mai giunto, sentito atterrare tra le onde del mare. L'azzurro di fili volanti, infantili, segnano l'aria, marcano piano l'etereo confine del nostro sentire.
Impronte furtive sulle rive lasciate da ombre vaganti che il vento cancella soffiando in avanti. Impronte di mani sul libro non letto, che invitano piano a svelare l'arcàno. Impronte sul cuore che fanno tornare indietro nel tempo, nei solchi celati di un lieto tormento; di quando eravamo ancorati al destino di gioia, di dubbio, di sete, di noia, col pensiero proteso in eventi migliori: è attesa pensosa lo sbocciar di una rosa.
Da un punto nascosto nell'alba del cuore, spunta una luce una lama sottile, che segna il confine nel suo divenire. Confini segnati, divelti, osteggiati, non posso, non voglio ma devo passare quel fosso lo devo saltare. Lama di luce che segni la via che il tempo conduce seguendo la scia, guidami all'ombra di un sogno felice guidami al punto che il cuore mi dice.
Onde di un mare agitato, inquieto, straziato Onde infrante, spezzate onde ritornate. Bianca è la schiuma mossa dal vento, bianca è la piuma del gabbiano che ora sento volare nell'aria, lento, soave, leggero come un dolce pensiero. Bianco il ricordo della luce sfocata di una frase mancata di un gesto d'amore infranto nel cuore. Schiuma del mare, biancheggi la riva di sale, di sabbia, di sassi, non odo i tuoi passi ma so che ci sono.