Poesie che hanno partecipato al concorso Come un granello di Sabbia

Frasi di questo concorso le trovi anche in Frasi & Aforismi e in Frasi per ogni occasione.

Scritta da: Polly

Io

Io sono una gitana in questo mondo
che per me non ha orizzonti impossibili

e a chi mi dice che sono in balia del vento
senza meta e senza casa
io rispondo:

"la mia meta è perdermi negli occhi delle persone con incontro
ascoltare storie lontane
imparare che anche il diverso è mio fratello

mentre la mia casa sono gli occhi di chi amo da sempre
di quei pochi che mi ricordano chi sono io veramente

la mia casa non è fatta di mattoni
è tra le tue braccia
dove chiudo gli occhi
e so che tu mi proteggi

la dolcezza di un sorriso
e un abbraccio come saluto
questa sono io
così lascio un alito di amore
nel respiro di chi incontro.
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    Scritta da: Sandro Boni
    Inutili come spiegazioni
    mai chieste e mai dovute
    rimangono diluite le azioni
    nelle vite ancora incompiute
    prese nel vortice perplesso
    di emozioni forti, nude:
    non è facile né complesso
    assaltare il cielo, per la vetta
    inarrivabile basta un passo
    dopo un altro, cauto o di fretta
    quella fretta che è sempre
    motivo di ritardo nella stretta
    del devi fare, cinge le tempie
    e attorciglia lo stomaco;
    eppure che meraviglia ti riempie.
    Sfarina dalle labbra color indaco
    qualche parola inerme e avara
    -infingardaggine di capocomico-
    che ti schiude, indecifrabile perla rara,
    nella perfezione di un numero primo
    disperatamente autarchico nella sua tara.
    Tu, favoletta della buonanotte
    raccontata ad un bambino
    con un bacetto sulla fronte.
    Composta nel ottobre 2008
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      Scritta da: Sandro Boni

      Risposta in forma di trittico

      Qualche parolina gettata
      non muta il reale, scrivesti.
      Ruvida malinconia inconsolata
      e inconsolabile: siamo onesti
      eppure bluffiamo impuniti
      e dorati facendoci testi
      di noi stessi, chiusi e triti
      d'indefessa paura ostinata
      nel bello nel brutto nelle liti.
      Come matita solo se temperata
      confessa l'integrità dell'interno
      intimo, tu sei. Ed è mutata
      già un poco quella realtà d'inferno
      che scruti combatti risparmi
      come la formica fa lesta d'inverno
      con le provviste. Parole come armi
      quelle usate a fare da maschera
      di cera di carta di foglie di rami
      parole che tu, intelligenza prospera
      di stupita e affacendata gioia,
      regali a me come dalla costola
      d'un uomo un tale creò la storia.
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        Scritta da: Alessandro Oteri

        Vita Carnevale

        Vivo questo carnevale,
        Da mille maschere guardato,
        Un nebbioso vociare,
        Un altezzoso giudicare,
        Brucia la mia maschera,
        Cerco di strapparla,
        Ma ormai è il viso stesso,
        La mia rabbia con lacrime parla,
        Tra mille maschere,
        Solo io conosco il vero me stesso,
        Tra mille maschere,
        Sono solo.
        Composta lunedì 14 dicembre 2009
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          Scritta da: Alessandro Oteri

          Schiavi del nostro genio perverso

          La testa china e gli occhi fissi,
          Tutto gira veloce,
          Un senso di nausea e infinito tremore,
          La più orrida morte ci attira,
          Il genio perverso che in noi alberga ci obbliga,
          Tenendoci in catene ci parla,
          Da esse ci libererà solo se assecondato,
          Sappiamo che mente,
          Per questo lo ascoltiamo,
          Dovremmo tornare indietro,
          Per questo avanziamo,
          Non dovremmo essere lì,
          Per questo non ce ne andiamo,
          Non dovremmo guardare giù,
          Per questo fissiamo il baratro,
          Non dovremmo desiderare di cadere,
          Per questo ci lanciamo.
          Composta lunedì 14 dicembre 2009
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            Scritta da: Alessandro Oteri

            L'ultimo lampo

            Inseguo il buio,
            Scappo dal silenzio,
            Tremo al sentir le sue domande,

            Inseguo il buio,
            Scappo da me stesso,
            Temo di sentir le mie risposte,

            Inseguo il buio,
            Scappo da questa vita,
            Tuona un colpo nella notte.
            Composta lunedì 14 dicembre 2009
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              Scritta da: Age

              L'ultimo palcoscenico

              Le membra stanche adagiano
              su questo letto scarno
              teatro orizzontale
              dell'ultima tua recita

              Lucidi di stelle gli occhi
              degli spettatori attenti
              hanno il profilo triste
              di volti conosciuti

              Invisibile un'orchestra
              suona violini muti
              polvere e ricordi aleggiano,
              cristallizzando il tempo.

              Passano in un istante
              le scene di una vita,
              il corpo è una crisalide
              si spegne, infine muta.

              Il sipario di lenzuola
              chiude sul suo finale;
              resta soltanto l'Anima
              sull'ultimo palcoscenico.
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                Scritta da: Age

                Cibo degli Dei

                La tua pelle ha il sapore di Pepe e di Vaniglia
                curiosa miscellanea di peccato ed innocenza

                Scuri come chicchi di caffè i tuoi occhi seguono
                delle mie labbra il viaggio senza meta

                La lingua si sofferma sulle palpebre socchiuse
                ruvido déjà vu di limone e mandarini

                Presagendo il tuo piacere da ogni cambio di respiro
                mi guidi inconsciamente fino al centro dei tuoi sensi

                e ignori che - come Uriel nel "Libro degli Spiriti" -
                mi sazierò soltanto della dolcezza della tua Anima.
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                  Scritta da: Age

                  Scarpe

                  Ci sono immagini che la memoria muta, confonde, ma non riesce a cancellare:
                  Auschwitz e orizzonti di filo spinato; colline di scarpe abbandonate.
                  In un mosaico di tetri colori, sbiadite dal sole, la pioggia, la cenere
                  dormono sonni inquieti, evocano fantasmi che non possono gridare.

                  Restano immobili nel mare di pelle e cuoio, nell'odore dolciastro della morte,
                  i lacci slegati, come lisci capelli: sporchi, canuti, appassiti nel vento.
                  Non legano più carne ai giorni a venire, non sanno più danzare, correre, saltare;
                  non hanno più un pallone di stracci da rincorrere

                  Scarpe che nascondono storie da raccontare, con le loro parole di fango e sudore
                  Piccole barche abbandonate al fiume della follia, riassumono una vita:
                  perché nella semplice assenza della loro compagna di sempre
                  ognuna cela in sé il senso stesso dell'abbandono

                  Scarponi pesanti, duri, vissuti e scarpe eleganti, leggere, da ballerina
                  giacciono insieme, nella polvere del tempo, in un dolore cieco, che non fa distinzioni
                  mentre freddi fiocchi di neve, stelle senza più cielo,
                  cadono lasciando accesi solo i piccoli falò del cuore.

                  Una neve, bellissima e bugiarda, cancellerà stanotte il profilo dei camini
                  e le impronte di migliaia di anime scalze - a piedi nudi in viaggio –
                  sulla strada che unisce la fragile memoria dell'uomo
                  ad un ingiusto Paradiso.
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