Scritta da: ENRICO DANNA
Santuari di ghiaccio
sugli altari dell'inverno:
mi denudo!
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Santuari di ghiaccio
sugli altari dell'inverno:
mi denudo!
Ombre di solitudine
sedute ai margini di tavole
imbandite di parole.
Il bisogno d'amore,
è il pianto isterico di un neonato
abbandonato al delirio delle coliche.
Deserti sono gli occhi,
al lacrimar dell'anima.
Accendo fuochi fatui
la sera,
per riempire quegli spazi vuoti,
alla mensa dei miei silenzi.
Nell'attesa che quelle ombre
diventino assurdi ritratti
dipinti di carnale euforia.
Persa negli occhi tuoi...
mi accorsi del tempo solo dopo un po',
prima di intravedere il mio sorriso
nel tuo sguardo,
diverso da tutti quanti i sorrisi
che potrei mai fare,
il sorriso del mio grande amore per te.
Piegata su me stessa lamentavo le mie sofferenze ritenendole le peggiori al mondo.
Poi ti ho veduta.
D'improvviso la mia prospettiva è cambiata.
Io, privilegiata perché trovata dall'Amore; tu, sterile, ti è stata tolta la capacità di dire Ti Amo alle persone che ami: un inferno, dunque.
Su quel letto di ospedale, al mio fianco, mi hai guardata: ho visto in faccia il dolore.
Il dolore ha un volto.
Urlavi nel silenzio della notte. Un gemito incessante, una cantilena di morte.
Eppure in quel lamento scorgevo la parola familiare: Elohim, Elohim.
La tua era una forma di preghiera?
Tuo figlio stringeva quella mano che per anni lo aveva risollevato dalle cadute in bicicletta, dalle azzuffate con gli amici.
Tuo figlio ti sorrideva e ti cantava come la mamma migliore del mondo.
Anna, hai cresciuto un figlio stupendo.
L'inizio della tua malattia fu subdolo: una stupida dimenticanza.
Oggi quella dimenticanza è il tuo pane quotidiano.
Riconosci chi bagna il tuo letto di lacrime?
Se la corretta diagnosi si avrà solo con la tua morte,
perché entrando hai sussurrato: piacere, il mio nome è Alzheimer?
"Il cuore conosce la propria amarezza, e alla sua gioia non partecipa un estraneo" (Proverbi 14.10)
Notte fonda. Cala il sipario.
La messinscena è finita: basta con gli accorgimenti, le finzioni, gli artifici, la commedia. Della vita.
Bianco o Augusto che tu sia, hai ricevuto approvazione.
Il grande pubblico.
Il grande applauso.
Niente più risate, schiamazzi e nasi rossi.
Vuoto, solo vuoto, solo e vuoto. Solo.
I muscoli della tua faccia non seguono più i tuoi ordini e continuano a farti sorridere.
Eppure il sipario è calato.
Lutti o feste possono riempire la tua giornata ma non possono rimandare lo spettacolo.
Tu devi salire su quel palco. Non importa quanto sia arduo.
Ambasciatore del sorriso, la pausa della tua solitudine è terminata.
Si riapre il sipario.
Conoscere me stessa...
capire quando è ora di dire basta
e ricominciare, risalire, ripercorrere con la mente il cammino
ci sono ancora stanze vuote nel mio cuore...
cosa rimarrà di me nel cuore degli altri?
Mi cerco... e scopro
che oltre quelli che credevo i miei limiti ce ne sono altri...
e altri ancora: fin dove?
Io sono mare, bonaccia, burrasca...
sono il blu del profondo, il verde speranza...
sono un'onda che avvolge sé stessa
che nasce, vive, e muore sulla spiaggia...
e rinasce.
Esili e timide come il tuo essere,
scorrevano le lacrime sul volto stanco.
Preghiere,
scomposte in infinite gocce.
Le ho raccolte di nascosto.
Per portarle in Cielo.
Non sei sola.
Arsura gialla di sole
pei campi odorosi
di fieno tagliato.
L'azzurro quasi bianco
del cielo immobile
abbaglia l'occhio del pellegrino
che stanco,
l'ombra annosa di querce antica
cerca.
La carne sua pietrosa
ha il pallore della cera
squagliata sui doppieri,
il colore delle pergamene
ingiallite dal tempo.
Nomade come la tua
la mia casa è aperta sui cieli
colma di armonie lievi
di terra arata da poco
e di semi rigonfi.
Come piccoli bambini,
siamo nati senza voglie.
Indifesi e senza strada,
qui nel gioco della vita.
Ma nel mondo inconsapevole
e su questa grande palla,
siam venuti per giocare
ed imparare a stare a galla.
Sottomessi nel dolore
spesso siamo senza meta.
Come fare quando un fischio
non comincia una partita?
Il problema non è da poco,
lo so, ma questo è un gioco.
Quindi se nessuno fischia,
non temere, sei già in pista.
Tu preparati e stai pronto
che al momento più opportuno
non sarà l'aspettativa
a farti strada nella vita.
Cerca sempre in te il ricordo
di esser libero di fare
e vedrai che in questo mondo,
riuscirai a galleggiare.
Tanto basta per trovare
la tua strada e il tuo perché,
camminando col tuo passo
e con la vita che c'è in te!
È un valzer tra fiamme e lacrime il cammino mio
è un destino superbo ed insuperabile il nostro
e con quanta fatica abbiamo costruito la perfezione dell'abbandono
e per sempre rimembrerò questo dolore
Più gioia che vita,
Più passione che morte.
Vivi, potere che sei in me
e riduci il destino al mio volere
Vivi, suprema lacrima di onnipotenza.
Spegni le mille fiamme della debolezza
Rendimi in grado di proteggere il mio amore
Credimi in grado di lottare con ardore
e se la mia danza non sarà celebrazione della tua bellezza
Distruggimi, annichiliscimi
Risorgerò come bianca Fenice
Piangerò fuoco dolce,
Berrò lacrime potenti.
Non mi sarà più necessario respirare.
È la vita, oltre l'uomo.
È l'eterno tra le mie dita.
Gigante, onnipotente,
risponderò ai tuoi sorrisi.