Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Elisa Iacobellis
in Poesie (Poesie d'Autore)

Nella sua fiamma...

Nella sua fiamma mortale la luce ti avvolge.
Assorta, pallida, dolente, adagiata così
contro le antiche spirali del crepuscolo
che intorno a te gira.

Muta, amica mia,
sola nella solitudine di quest'ora di morte
e piena delle tante vite del fuoco,
erede pura del giorno distrutto.

Dal sole cade un grappolo sul tuo vestito scuro.
Le grandi radici della notte
crescono improvvise dalla tua anima,
e riaffiorano in superficie le cose in te celate,
così che un popolo pallido e azzurro
da te appena generato si nutre.

Oh solenne e feconda e magnetica schiava
del cerchio che in nero e oro succede:
fiera, cerca e trova una creazione tanto viva
che i suoi fiori soccombono, e di tristezza è piena.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Scalpitio

    Si sente un galoppo lontano
    (è la...? ),
    che viene, che corre nel piano
    con tremula rapidità.
    Un piano deserto, infinito;
    tutto ampio, tutt'arido, eguale:
    qualche ombra d'uccello smarrito,
    che scivola simile a strale:
    non altro. Essi fuggono via
    da qualche remoto sfacelo;
    ma quale, ma dove egli sia,
    non sa né la terra né il cielo.
    Si sente un galoppo lontano
    più forte,
    che viene, che corre nel piano:
    la Morte! La Morte! La Morte!
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      In pena

      In pena per un cielo infranto
      per la pioggia che ci bagnerà
      vado pensando alla gioia grande
      che se vorremo ci prenderà.

      Tra dovere ed inquietudine
      esita quasta vita rude.
      (È una molto grande pena
      confessarlo, ora)

      Qui ogni cosa odora d'erba.
      Su tutto il cielo, in cielo, il volo delle rondini
      ci distrae, ci fa pensare...
      Io penso una speranza quieta.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Talvolta la mia gioia

        Talvolta
        la mia gioia
        ti spaventa
        amore mio
        nasce dal nulla
        e si nutre di poco
        di larve invisibili
        che il vento trasporta
        di frammenti di paura
        che si fondono in tepore
        di briciole di serenità
        cadute
        dalla mensa dei poveri
        di un raggio di sole
        che risveglia lucciole
        addormentate
        in gocce di rugiada
        se mi ami
        amore mio
        perdona la mia gioia.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Guido, ì vorrei che tu e Lapo ed io

          Guido, ì vorrei che tu e Lapo ed io
          fossimo presi per incantamento,
          e messi in un vasel ch'ad ogni vento
          per mare andasse al voler vostro e mio.
          Sì che fortuna od altro tempo rio
          non ci potesse dare impedimento,
          anzi, vivendo sempre in un talento,
          di stare insieme crescesse 'l disio.
          E monna Vanna e monna Lagia poi
          con quella ch'è sul numer de le trenta
          con noi ponesse il buono incantatore:
          e quivi ragionar sempre d'amore,
          e ciascuna di lor fosse contenta,
          sì come ì credo che saremmo noi.
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            Scritta da: Pierluigi Camilli
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Gli umanitari

            Ecco il genio umanitario
            che del mondo stazionario
            unge le carrucole.
            Per finir la vecchia lite
            tra noi, bestie incivilite
            sempre un po' selvatiche,
            coll'idea d'essere Orfeo
            vuoi mestare in un cibreo
            l'universo e reliqua.
            Al ronzio di quella lira
            ci uniremo, gira gira,
            tutti in un gomitolo.
            Varietà d'usi e di clima
            le son fisime di prima;
            è mutata l'aria.
            I deserti, i monti, i mari,
            son confini da lunari,
            sogni di geografi.
            Col vapore e coi palloni troveremo gli scorcioni
            anco nelle nuvole;
            ogni tanto, se ci pare,
            scapperemo a desinare
            sotto, qui agli antipodi;
            e né gemini emisferi
            ci uniremo bianchi e neri:
            bene! Che bei posteri!
            Nascerà di cani e gatti
            una razza di mulatti
            proprio in corpo e in anima.
            La scacchiera d'Arlecchino
            sarà il nostro figurino,
            simbolo dell'indole.
            (Già per questo il Gran Sultano
            fé' la giubba al Mussulmano
            a coda di rondine!)
            Bel gabbione di fratelli!
            Di tirarci pè capelli
            smetteremo all'ultimo.
            Sarà inutile il cannone;
            rnorirem d'indigestione,
            anzi di nullaggine.
            La fiaccona generale
            per la storia universale
            farà molto comodo.
            Io non so se il regno umano
            deve aver Papa e Sovrano:
            ma se ci hanno a essere,
            Il Monarca sarà probo
            e discreto: un re del globo
            saprà star né limiti.
            Ed il capo della fede?
            Consoliamoci, si crede
            che sarà cattolico.

            Finirà, se Dio lo vuole,
            questa guerra di parole,
            guerra da pettegoli.
            Finirà: sarà parlata
            una lingua mescolata,
            tutta frasi aeree;
            e già già da certi tali
            nei poemi e nei giornali
            si comincia a scriverè.
            Il puntiglio discortese
            di tener dal suo paese,
            sparirà tra gli uomini.
            Lo chez-nous'd'un vagabondo
            vorrà dire: in questo mondo,
            non a casa al diavolo.
            Tu, gelosa ipocondria,
            che m'inchiodi a casa mia,
            escimi dal fegato;
            e tu pur chetati, o Musa,
            che mi secchi colla scusa
            dell'amor di patria.
            Son figliuol dell'universo,
            e mi sembra tempo perso
            scriver per l'Italia.
            Cari miei concittadini,
            non prendiamo per confini
            l'Alpi e la Sicilia.
            S'ha da star qui rattrappiti
            sul terren che ci ha nutriti?
            O che siamo cavoli?
            Qua e là nascere adesso,
            figuratevi, è lo stesso:
            io mi credo Tartaro.
            Perché far razza tra noi?
            Non è scrupolo da voi:
            abbracciamo i barbari!
            Un pensier cosmopolita
            ci moltiplichi la vita,
            e ci slarghi il cranio.
            Il cuor nostro accartocciato,
            nel sentirsi dilatato,
            cesserà di battere.
            Così sia: certe battute
            fanno male alla salute;
            ci è da dare in tisico.
            Su venite, io sto per uno;
            son di tutti e di nessuno;
            non mi vò confondere.
            Nella gran cittadinanza,
            picchia e mena, ho la speranza
            di veder le scimmie
            Sì sì, tutto un zibaldone:
            alla barba di Platone
            ecco la repubblica!
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              Scritta da: Mattia Del Missier
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Brezza marina

              Come è triste la carne... E ho letto tutti i libri!
              Fuggire! Laggiù fuggire! Ho udito il canto degli uccelli ebbri tra l'ignota schiuma e i cieli.
              Nulla, neppure gli antichi giardini riflessi negli occhi,
              Potrà Trattenere il mio cuore che si immerge nel mare.
              O notti! Neppure il deserto chiarore della mia lampada
              Sul foglio ancora intatto, difeso dal suo chiarore,
              E neppure la giovane donna che nutre il suo bambino.
              Partirò! Nave che culli le tue vele
              Leva l'ancora verso un'esotica natura!
              Una Noia crede ancora, desolata da speranze crudeli, ai fazzoletti agitati nell'ultimo addio.
              E forse gli alberi che attirano la tempesta
              il vento farà inclinare sui naufragi
              Perduti, senz'alberi, lontani da fertili isole...
              Ma ascolta, mio cuore mio, il canto dei marinai!
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                Scritta da: Andrea De Candia
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Estasi di S. Luigi Gonzaga

                Coi ginocchi piegati
                sul primo dei tre gradini dell'Altare,
                Dio dell'innocenza
                io Ti chiedo al mio amplesso.
                Non tarderanno a sorprendermi
                braccia d'incensi mistici ondeggianti
                al sommo delle mie chiaroveggenze.
                Né mancheranno i grappoli nevosi
                delle Tue leggiadrissime abbondanze
                al mio secco palato.
                Ti vedo, Estasi ripida dell'oro,
                flusso di gemma alzata all'agonia:
                Il Tuo Unico Senso
                occhieggia misterioso e ineluttabile
                dietro cieca persiana.
                E Ti canto in segreto
                spiccando gigli e spade dalla gola
                ch'esita a rivelarsi
                in tutta la sua ampiezza prodigiosa.
                Ah, Dio dei miei miracoli segreti:
                vengo a nutrire della mia presenza
                il seme di Misura
                che m'appartiene e indugia nel Tuo palmo.
                Quando germoglierà la mia Figura?
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