Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Elisa Iacobellis
in Poesie (Poesie d'Autore)

Giochi ogni giorno...

Giochi ogni giorno con la luce dell'universo.
Sottile visitstrice, giungi nel fiore e nell'acqua.
Sei più di questa bianca testina che stringo
come un grapolo tra le mie mani ogni giorno.

A nessuno rassomigli da che ti amo.
Lasciami stenderti tra le ghirlande gialle.
Chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud?
Ah lascia che ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.

Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa.
Il cielo è una rete colma di pesci cupi.
Qui vengono a finire i venti, tutti.
La pioggia si denuda.

Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s'ancorarono al cielo.

Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all'ulitmo grido.
Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura.
Tuttavia qualche volta corse un'ombra strana nei tuoi occhi.

Ora, anche ora, piccola mi rechi caprifogli,
ed hai persino i seni profumati.
Mentre il vento triste galoppa uccidendo farfalle
io ti amo, e la mia gioia morde la tua bocca di susina.

Quanto ti sarà costato abituarti a me,
alla mia anima sola e selvaggia, al mio nome che tutti allontanano.
Abbiamo visto ardere tante volte l'astro baciandoci gli occhi
e sulle nostre teste ergersi i crepuscoli in ventagli giranti.

Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti.
Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata.
Ti credo persino padrona dell'universo.
Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues,
nocciole oscure, e ceste silvestri di baci.
Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    La Guazza

    Laggiù, nella notte, tra scosse
    d'un lento sonaglio, uno scalpito
    è fermo. Non anco son rosse
    le cime dell'Alpi.
    Nel cielo d'un languido azzurro,
    le stelle si sbiancano appena:
    si sente un confuso sussurro
    nell'aria serena.
    Chi passa per tacite strade?
    Chi parla da tacite soglie?
    Nessuno. È la guazza che cade
    sopr'aride foglie.
    Si parte, ch'è ora, né giorno,
    sbarrando le vane pupille;
    si parte tra un murmure intorno
    di piccole stille.
    In mezzo alle tenebre sole,
    qualcuna riluce un minuto;
    riflette il tuo Sole, o mio Sole;
    poi cade: ha veduto.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Ninnananna

      Posa il capo assopito, amore mio,
      umano sul mio braccio senza fede;
      tempo e febbri avvampino e cancelliano
      ogni bellezza individuale, via
      dai bambini pensosi, e poi la tomba
      attesta che effimero è il bambino:
      ma finch'è spunti il giorno mi rimanga
      tra le braccia la viva creatura,
      mortale sì, colpevole, eppure
      per me il bello nella sua interezza.

      Anima e corpo non hanno confini:
      agli amanti che giacciono sul suo
      tollerante declivio incantato
      in preda al deliquio ricorrente,
      solenne la visione manda Venere
      di soprannaturale armonia,
      di universale amore e speranza;
      mentre un'astratta intuizione accende,
      in mezzo ai ghiacciai e fra le rupi,
      dell'eremita l'estasi carnale.

      Passano sicurezze e fedeltà
      allo scoccare della mezzanotte
      come le vibrazioni di campana,
      e forsennati alla moda lanciano
      il loro pedantesco, uggioso grido:
      il costo fino all'ultimo centesimo
      - sta scritto in tutte le temute carte -
      andrà pagato, ma da questa notte
      non un solo bisbiglio, nè un pensiero,
      non un bacio o uno sguardo sia perduto.

      Bellezza muore, e mezzanotte, ed estasi:
      che i venti dell'alba, mentre lievi
      spirano intorno al tuo capo sognante,
      mostrino un giorno di accoglienza tale
      che occhio e cuore pulsino e gioiscano,
      paghi di un mondo, il nostro, che è mortale;
      meriggi di arsura ti ritrovino
      nutrito dei poteri involontari,
      notti di oltraggio ti lascino andare
      sorvegliato da ogni umano amore.
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        Scritta da: Jessica Piermatti
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Un giorno io ho perso una parola
        sono venuta qui per dirvelo e non perché voi abbiate risposta
        Non amo i dialoghi o le domande: mi sono accorta che cantavo in una orchestra che non aveva voci
        Ho meditato a lungo sul silenzio, al silenzio non c'è risposta.
        Io le mie poesie le ho buttate
        non avevo fogli su cui scriverle.
        Poi mi si sono avvicinati strani animali come uomini di antenate bestie da manicomio
        qualcuno mi ha aiutato a sentirmi unica, mi ha guardato.
        Pensavo che per loro non c'erano semafori, castelli e strade.
        Questo posto sgangherato come il mio cervello che ha trovato solitudini.
        Poi è venuto un santo che aveva qualcosa da dare
        un santo che non aveva le catene, non era un malfattore,
        l'unica cosa che avevo avuto in questi anni.
        L'avrei seguito
        finché un giorno non sapevo più innamorarmi.
        È venuto un santo che mi ha illuminato come una stella.
        Un santo mi ha risposto: perché non ti ami? È nata la mia indolenza.
        Non vedo più gente che mi picchia e non vedo più i manicomi.
        Sono morta nell'indolenza.
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          Scritta da: Cheope
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Il torrente

          Tu così avventuroso nel mio mito,
          così povero sei fra le tue sponde.
          Non hai, ch'io veda, margine fiorito.
          Dove ristagni scopri cose immonde.

          Pur, se ti guardo, il cor d'ansia mi stringi,
          o torrentello.
          Tutto il tuo corso è quello
          del mio pensiero, che tu risospingi
          alle origini, a tutto il fronte e il bello
          che in te ammiravo; e se ripenso i grossi
          fiumi, l'incontro con l'avverso mare,
          quest'acqua onde tu appena i piedi arrossi
          nudi a una lavandaia,
          la più pericolosa e la più gaia,
          con isole e cascate, ancor m'appare;
          e il poggio da cui scendi è una montagna.

          Sulla tua sponda lastricata l'erba
          cresceva, e cresce nel ricordo sempre;
          sempre è d'intorno a te sabato sera;
          sempre ad un bimbo la sua madre austera
          rammenta che quest'acqua è fuggitiva,
          che non ritrova più la sua sorgente,
          né la sua riva; sempre l'ancor bella
          donna si attrista, e cerca la sua mano
          il fanciulletto, che ascoltò uno strano
          confronto tra la vita nostra e quella
          della corrente.
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            Scritta da: Antonella Marotta
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Ora che non mi dici niente, ora
            che non mi fai godere né soffrire,
            tu sei la consueta dei miei giorni.
            Assomigli ad un lago tutto uguale
            sotto un cielo di latta tutto uguale.
            Assonnato mi muovo sulla riva.
            Non voglio non desider, neppure
            penso.
            Mi tocco per sentir se sono.
            È l'essere e il non esser, come l'acqua
            e il cielo di quel lago si confondono.
            Diventa il mio dolore quel d'un altro
            e la vita non è né lieta né triste.
            T'odio, compagna assidua dei miei giorni,
            che alla vita non mi sottrai, facendomi
            come il sonno una cosa inanimata,
            ma me la lasci solo rasentare.
            Poiché son rassegnato a viver, voglio
            che ad ogni ora del dì mi pesi sopra,
            mi tocchi nella mia carne vitale.
            Voglio il Dolore che m'abbranchi forte
            e collochi nel centro della Vita.
            Ora che non mi dici niente, ora
            che non mi fai godere né soffrire,
            io rassegnato aspetto che tu passi.
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