Nel mio cielo al crepuscolo sei come una nube e il tuo colore e la tua forma sono come li voglio. Sei mia, sei mia, donna dalle dolci labbra, e nella tua vita vivono i miei sogni infiniti.
La lampada della mia anima ti fa arrossare i piedi, il mio aspro vino è più dolce sulle tue labbra: oh mietitrice del mio canto serale, quanto ti sentono mia i miei sogni solitari! Sei mia, sei mia, vado gridando nella brezza della sera, e il vento travolge la mia voce vedova. Cacciatrice del fondo dei miei occhi, il tuo bottino ristagna come l'acqua il tuo sguardo notturno.
Nella rete della mia musica sei prigioniera, amore mio, e le mie reti di musica sono grandi come il cielo. La mia anima nasce sulla sponda dei tuoi occhi di lutto. Nei tuoi occhi di lutto inizia il paese del sogno.
Le dicevano: - Bambina! Che tu non lasci mai stesa, dalla sera alla mattina, ma porta dove l'hai presa, la tovaglia bianca, appena ch'è terminata la cena! Bada, che vengono i morti! I tristi, i pallidi morti! Entrano, ansimano muti. Ognuno è tanto mai stanco! E si fermano seduti la notte intorno a quel bianco. Stanno lì sino al domani, col capo tra le due mani, senza che nulla si senta, sotto la lampada spenta. - È già grande la bambina: la casa regge, e lavora: fa il bucato e la cucina, fa tutto al modo d'allora. Pensa a tutto, ma non pensa a sparecchiare la mensa. Lascia che vengano i morti, i buoni, i poveri morti. Oh! la notte nera nera, di vento, d'acqua, di neve, lascia ch'entrino da sera, col loro anelito lieve; che alla mensa torno torno riposino fino a giorno, cercando fatti lontani col capo tra le due mani. Dalla sera alla mattina, cercando cose lontane, stanno fissi, a fronte china, su qualche bricia di pane, e volendo ricordare, bevono lagrime amare. Oh! non ricordano i morti, i cari, i cari suoi morti! - Pane, sì... pane si chiama, che noi spezzammo concordi: ricordate?... È tela, a dama: ce n'era tanta: ricordi?... Queste?... Queste sono due, come le vostre e le tue, due nostre lagrime amare cadute nel ricordare! -.
Taci, anima stanca di godere e di soffrire(all'uno e all'altro vai rassegnata) Nessuna voce tua odo se ascolto: non di rimpianto per la miserabile giovinezza, non d'ira o di speranza, e neppure di tedio. Giaci come il corpo, ammutolita, tutta piena d'una rassegnazione disperata. Non ci stupiremmo, non è vero, mia anima, se il cuore si fermasse, sospeso se ci fosse il fiato... Invece camminiamo, camminiamo io e te come sonnambuli. E gli alberi son alberi, le case sono case, le donne che passano son donne, e tutto è quello che è, soltanto quel che è. La vicenda di gioia e di dolore non ci tocca. Perduto ha la voce la sirena del mondo, e il mondo è un grande deserto. Nel deserto io guardo con asciutti occhi me stesso.
We two boys together clinging, One the other never leaving, Up and down the roads going, North and South excursions making, Power enjoying, elbows stretching, fingers clutching, Arm'd and fearless, eating, drinking, sleeping, loving, No law less than ourselves owning, sailing, soldiering, thieving, threatening, Misers, menials, priests alarming, air breathing, water drinking, on the turf or the sea-beach dancing, Cities wrenching, ease scorning, statutes mocking, freebleness chasing, Fulfilling our foray.
Passa la nave mia colma d'oblio per aspro mare, a mezza notte, il verno, enfra Scilla e Cariddi; ed al governo siede'l signore, anzi'l nimico mio;
a ciascun remo un penser pronto e rio che la tempesta e'l fin par ch'abbi a scherno; la vela rompe un vento umido, eterno di sospir', di speranze e di desio;
pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni bagna e rallenta le già stanche sarte, che son d'error con ignoranza attorto.
Celansi i duo mei dolci usati segni; morta fra l'onde è la ragion e l'arte: tal ch'incomincio a desperar del porto.
Sottile sei come un cero del tempio, l'occhio hai trafitto da spade d'amore. Io non ti chiedo un sol bacio: in silenzio vorrei deporre sul rogo il mio cuore.
Io non ti chiedo una sola carezza: t'offenderebbe la mia rozza mano. Ma dal cancello ti guardo in purezza rose di porpora cogliere e t'amo.
Sempre ti bruciano i raggi del sole e via t'involi sul vento che fugge. Su te c'è un angelo senza parole: io gusto in cuore il dolor che mi strugge.
Mentre t'intreccio nei riccioli, adagio, dei versi ignoti gli strani diamanti, getto il mio cuore invaghito nel lago meraviglioso degli occhi raggianti.
Vaga speranza non era la fede, non esigeva una vile preghiera, era un'attesa, l'amore faceva pregare immagini, alzare preghiere.
Era l'uomo ispirato: in sé cresceva, raggiungendo il silenzio delle origini. La sua gioia trovava Dio già pronto: io toglieva dall'ombra dell'arcano, per alzarlo tremando nella luce!
Voglio che tornando tu trovi una paroletta del tuo amico stasera. Ho un desiderio desolato di te stasera. Ahimè stasera e sempre. Ma stasera il desiderio è di qualità nuova. È come un tremito infinitamente lungo e tenue. Sono come un mare in cui tremino tutte le gocciole, tremano tutte le ali dell'anima, tremano tutte le fibre dei nervi, tremano tutti i fiori della primavera e anche le nuvole del cielo e anche le stelle della notte e anche la piccola luna trema. Trema sui tuoi capelli che sono una schiuma bionda. Ho la bocca piena delle tue spalle, che sono ora come un fuoco di neve tiepida disciolta in me. Godo e soffro. Ti ho dentro di me e vorrei tuttavia sentirti sopra di me. Non mi hai lasciato tanta musica partendo. Stanotte tienimi sul tuo cuore, avvolgimi nel tuo sogno, incantami col tuo fiato, sii sola con me solo. Oh melodia melodia... Tremano tutte le gocciole del mare.