Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

La fonte di Castelvecchio

O voi che, mentre i culmini Apuani
il sole cinge d'un vapor vermiglio,
e fa di contro splendere i lontani
vetri di Tiglio;
venite a questa fonte nuova, sulle
teste la brocca, netta come specchio,
equilibrando tremula, fanciulle
di Castelvecchio;
e nella strada che già s'ombra, il busso
picchia dè duri zoccoli, e la gonna
stiocca passando, e suona eterno il flusso
della Corsonna:
fanciulle, io sono l'acqua della Borra,
dove brusivo con un lieve rombo
sotto i castagni; ora convien che corra
chiusa nel piombo.
A voi, prigione dalle verdi alture,
pura di vena, vergine di fango,
scendo; a voi sgorgo facile: ma, pure
vergini, piango:
non come piange nel salir grondando
l'acqua tra l'aspro cigolìo del pozzo:
io solo mando tra il gorgoglio blando
qualche singhiozzo.
Oh! la mia vita di solinga polla
nel taciturno colle delle capre!
Udir soltanto foglia che si crolla,
cardo che s'apre,
vespa che ronza, e queruli richiami
del forasiepe! Il mio cantar sommesso
era tra i poggi ornati di ciclami
sempre lo stesso;
sempre sì dolce! E nelle estive notti,
più, se l'eterno mio lamento solo
s'accompagnava ai gemiti interrotti
dell'assiuolo,
più dolce, più! Ma date a me, ragazze
di Castelvecchio, date a me le nuove
del mondo bello: che si fa? Le guazze
cadono, o piove?
E per le selve ancora si tracoglie,
o fate appietto? Ed il metato fuma,
o già picchiate? Aspettano le foglie
molli la bruma,
o le crinelle empite nè frondai
in cui dall'Alpe è scesa qualche breve
frasca di faggio? Od è già l'Alpe ormai
bianca di neve?
Più nulla io vedo, io che vedea non molto
quando chiamavo, con il mio rumore
fresco, il fanciullo che cogliea nel folto
macole e more.
Col nepotino a me venìa la bianca
vecchia, la Matta; e tuttavia la vedo
andare come vaccherella stanca
va col suo redo.
Nella deserta chiesa che rovina,
vive la bianca Matta dei Beghelli
più? Desta lei la sveglia mattutina
più, dè fringuelli?
Essa veniva al garrulo mio rivo
sempre garrendo dentro sé, la vecchia:
e io, garrendo ancora più, l'empivo
sempre la secchia.
Ah! che credevo d'essere sua cosa!
Con lei parlavo, ella parlava meco,
come una voce nella valle ombrosa
parla con l'eco.
Però singhiozzo ripensando a questa
che lasciai nella chiesa solitaria,
che avea due cose al mondo, e gliene resta
l'una, ch'è l'aria.
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Marianna Mansueto
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Inno alla Belleza

    Che importa che tu venga
    dall'Inferno o dal Cielo
    o mostro enorme, ingenuo, spaventoso!
    Se grazie al tuo sorriso, al tuo sguardo,
    al tuo piede penetro
    un infinito che ignoravo e che adoro?
    Che importa se da Satana o da Dio?
    Se sirena o angelo, che importa?
    Se si fanno per te - fata occhi, di
    velluto, ritmo, luce, profumo, mia regina-
    meno orrendo l'universo,
    meno grevi gli istanti?
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Laura Di Nella
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Se
      Se... riesci a a non perdere la testa,
      quando tutti intorno a te la perdono e ti mettono sotto accusa
      Se... riesci ad aver fiducia di te stesso, quando tutti dubitano di te
      ma a tenere nel giusto conto il loro dubitare
      Se... riesci ad aspettare, senza stancarti di aspettare,
      o, se mentono a tuo riguardo, a non rispondere con calunnie
      o, essendo odiato, a non lasciarti prendere dall'odio
      e tuttavia a non mostrati troppo buono e a non parlare troppo da saggio
      Se... riesci a sognare senza fare del tuo sogno il tuo padrone
      Se... riesci a pensare, senza fare dei pensieri il tuo fine
      Se... riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
      e trattare questi due impostori allo stesso modo
      Se... riesci a sopportare di udire la verità che hai detto,
      distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi,
      o contemplare le cose a cui tu hai dedicato la vita, distrutte
      e, umilmente, ricostruirle con i tuoi strumenti ormai logori
      Se... riesci a fare un sol fagotto delle tue vittorie,
      e rischiarle in un colpo a testa e croce
      e perdere, e ricominciare di nuovo dal principio
      e non dire mai una parola sulla perdita
      Se... riesci a costringere il tuo cuore, i tuoi nervi, i tuoi polsi
      a sorreggerti, anche dopo molto tempo che non te li senti più,
      e a tener duro quando in te non resta altro,
      tranne la tua Volontà che ripete... resisti
      Se... riesci a parlare con la folla e a conservare la tua onestà,
      o a passeggiare con il re senza perdere il contatto con la gente
      Se... tanto amici che nemici non possono ferirti
      Se... tutti gli uomini per te contano, ma nessuno troppo
      Se... riesci a colmare l'inesorabile minuto,
      dando valore a ogni attimo che passa,
      Tua è la terra e tutto ciò che è in essa
      e quel che più conta... sarai un uomo... figlio mio!
      Vota la poesia: Commenta
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        La vita – è il solo modo
        per coprirsi di foglie,
        prendere fiato sulla sabbia,
        sollevarsi sulle ali;
        essere un cane,
        o carezzarlo sul suo pelo caldo;
        distinguere il dolore
        da tutto ciò che dolore non è;
        stare dentro gli eventi,
        dileguarsi nelle vedute,
        cercare il più piccolo errore.
        Un'occasione eccezionale
        per ricordare per un attimo
        di che si è parlato
        a luce spenta;
        e almeno per una volta
        inciampare in una pietra,
        bagnarsi in qualche pioggia,
        perdere le chiavi tra l'erba;
        e seguire con gli occhi una scintilla di vento;
        e persistere nel non sapere
        qualcosa d'importante.
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: Andrew Ricooked
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Dove ero finito?

          Non sapevo da dove venissi
          o dove stessi
          andando.
          Ero perso.
          Mi ritrovavo seduto
          in strani ingressi
          per ore,
          senza pensare
          semza muovermi
          finché mi chiedevano
          di andarmene.

          Non voglio dire che ero
          idiota o
          stupido.
          Quello che voglio dire è che
          ero senza
          interessi.

          Non me ne fregava niente se cercavate
          di uccidermi.
          Non vi avrei fermato.

          Stavo vivendo un esistenza che
          non significava niente per
          me.

          Trovavo posti dove stare.
          Stanzette in affitto. Bar. Prigioni.
          Sonno e indifferenza sembravano
          le uniche
          possibilità.
          Tutto il resto sembrava
          privo di senso.

          Una volta rimasi tutta la notte a guardare
          il Mississipi.
          Non so perché.
          Il fiume scorreva lì accanto e
          l'unica cosa che ricordo è che
          puzzava.

          Mi sembrava sempre di essere
          su una corriera
          che attraversava il paese
          diretta
          da qualche parte.
          A guardare fuori da un finestrino
          sporco
          il nulla
          assoluto.

          Sapevo sempre esattamente quanti
          soldi avevo
          con me.
          Per esempio:
          un biglietto da cinque e due da uno
          nel portafoglio
          una moneta da venticinque, una da dieci e una
          da due centesimi nella tasca
          destra davanti.

          Non avevo voglia di parlare
          con nessuno e non volevo che nessuno
          mi parlasse.

          Ero considerato un
          disadattato e un tipo
          strambo.
          Mangiavo pochissimo ma
          ero incredibilmente
          forte.
          Una volta, quando lavoravo in una fabbrica
          dei ragazzotti giovani, strafottenti,
          stavano cercando di sollevare un pezzo
          di macchinario pesante
          dal pavimento.
          Non ci riusciva nessuno.

          "Ehi, Hank, provaci tu!" Dissero
          ridendo.

          Mi avvicinai, lo sollevai,
          lo rimisi a terra,
          tornai al
          lavoro.

          Mi valse il loro rispetto
          non so perché
          ma io non lo
          volevo.

          A volte abbassavo
          le tapparelle nella mia stanza
          e me ne stavo a letto per una
          settimana o più.

          Ero in uno strano viaggio
          ma era
          privo di senso.
          Non avevo idee.
          Non avevo progetti.
          Dormivo.
          Non facevo altro che dormire
          e aspettare.

          Non mi sentivo solo.
          Non soffrivo di vittimismo.
          Ero solo invecchiato in una
          vita nella quale
          non riuscivo a trovare alcun
          senso.

          Allora ero
          un giovanotto di
          mille anni.

          Adesso sono un vecchio
          che aspetta di rinascere.
          Composta domenica 3 gennaio 2010
          Vota la poesia: Commenta
            Scritta da: mor-joy
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Amore a prima vista

            Sono entrambi convinti
            che un sentimento improvviso li unì.
            È bella una tale certezza
            ma l'incertezza è più bella.

            Non conoscendosi prima, credono
            che non sia mai successo nulla fra loro.
            Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
            dove da tempo potevano incrociarsi?

            Vorrei chiedere loro
            se non ricordano -
            una volta un faccia a faccia
            forse in una porta girevole?
            Uno "scusi" nella ressa?
            Un 'ha sbagliato numerò nella cornetta?
            - ma conosco la risposta.
            No, non ricordano.

            Li stupirebbe molto sapere
            che già da parecchio
            il caso stava giocando con loro.

            Non ancora del tutto pronto
            a mutarsi per loro in destino,
            li avvicinava, li allontanava,
            gli tagliava la strada
            e soffocando un risolino
            si scansava con un salto.

            Vi furono segni, segnali,
            che importa se indecifrabili.
            Forse tre anni fa
            o il martedì scorso
            una fogliolina volò via
            da una spalla all'altra?
            Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
            Chissà, era forse la palla
            tra i cespugli dell'infanzia?

            Vi furono maniglie e campanelli
            in cui anzitempo
            un tocco si posava sopra un tocco.
            Valigie accostate nel deposito bagagli.
            Una notte, forse, lo stesso sogno,
            subito confuso al risveglio.

            Ogni inizio infatti
            è solo un seguito
            e il libro degli eventi
            è sempre aperto a metà.
            Vota la poesia: Commenta
              Scritta da: Gaetano Toffali
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Bum

              Noi inchiodati
              qui
              a scrivere poesie.
              So
              che questa
              non è poesia.
              È la storia di un treno.
              So
              che su quel treno
              c'erano
              un barbone
              un emigrante
              un operaio
              una studentessa
              un padre di famiglia.
              So
              che il barbone
              ha la mia età
              senza denti
              senza capelli
              e ride e piange
              e non va da nessuna parte
              e non ha nessuna valigia.
              So
              che l'emigrante ha cinquantatré anni
              e viene dalla Germania.
              So
              che va in Sicilia
              e nella valigia
              una stecca di cioccolata.
              So
              che l'operaio
              lavora all'Alfa Romeo.
              So
              che ha quarantadue anni
              nella valigia
              l'ultima busta paga.
              So
              che la studentessa
              è molto bella
              e ha diciassette anni.
              So
              che va a vedere Roma,
              nella valigia
              la macchina fotografica.
              So
              che il padre di famiglia
              ha gli occhiali sessantadue anni
              un nipote a Bari
              e nella valigia
              "la cena per i suoi rondinini".
              So
              che stanno aspettando qualcosa
              e ridono
              e il treno ride
              e le valigie ridono
              e la democrazia
              nascosta sotto i binari
              come sempre
              ride.
              Bum.
              Vota la poesia: Commenta
                Scritta da: circe
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Foglietto illustrativo

                Sono un tranquillante,
                Agisco in casa,
                funziono in ufficio,
                affronto gli esami,
                mi presento all'udienza,
                incollo con cura le tazze rotte -
                devi solo prendermi,
                farmi sciogliere sotto la lingua,
                devi solo mandarmi giù
                con un sorso d'acqua.
                So come trattare l'infelicità,
                come sopportare una cattiva notizia,
                ridurre l'ingiustizia,
                rischiarare l'assenza di Dio,
                scegliere un bel cappellino da lutto.
                Che cosa aspetti -
                fidati della pietà chimica.
                Sei un uomo (una donna) ancora giovane,
                dovresti sistemarti in qualche modo.
                Chi ha detto che la vita va vissuta con coraggio?
                Consegnami il tuo abisso -
                lo imbottirò di sonno.
                Mi sarai grato (grata) per la caduta in piedi.
                Vendimi la tua anima.
                Un altro acquirente non capiterà.
                Un altro diavolo non c'è più.
                Vota la poesia: Commenta
                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Se

                  Se (Lettera al figlio, 1910)

                  Se riesci a conservare il controllo quando tutti
                  Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;
                  Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
                  Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
                  Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
                  O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
                  O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio,
                  E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio;

                  Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
                  Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
                  Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
                  E trattare allo stesso modo quei due impostori;
                  Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
                  Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
                  O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
                  E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;

                  Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
                  E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
                  E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
                  E non dire una parola sulla perdita;
                  Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
                  A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
                  E a tener duro quando in te non resta altro
                  Tranne la Volontà che dice loro: "Tieni duro!".

                  Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
                  E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
                  Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro,
                  Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
                  Se riesci a occupare il minuto inesorabile
                  Dando valore a ogni minuto che passa,
                  Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
                  E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio!

                  Rudyard Kipling.
                  Composta sabato 31 agosto 2013
                  Vota la poesia: Commenta