Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Benvenuta, donna mia, benvenuta!

Benvenuta, donna mia, benvenuta!

Certo sei stanca
come potrò lavarti i piedi
non ho acqua di rose né catino d'argento

certo avrai sete
non ho una bevanda fresca da offrirti

certo avrai fame
e io non posso apparecchiare
una tavola con lino candido

la mia stanza è povera e prigioniera
come il nostro paese.

Benvenuta, donna mia, benvenuta!

Hai posato il piede nella mia cella
e il cemento è divenuto prato

hai riso
e rose hanno fiorito le sbarre

hai pianto
e perle son rotolate sulle mie palme

ricca come il mio cuore
cara come la libertà
è adesso questa prigione.

Benvenuta, donna mia, benvenuta!
Vota la poesia: Commenta
    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Or son molti e molti anni
    che in un regno in riva al mare
    viveva una fanciulla che col nome
    chiamerete di Annabel Lee:
    e viveva questa fanciulla con non altro pensiero
    che d'amarmi e d'essere amata da me.
    Io ero un bimbo e lei una bimba,
    in questo regno in riva al mare;
    ma ci amavamo d'un amore ch'era più che amore-
    io e la mia Annabel Lee –
    d'un amore che gli alati serafini in cielo
    invidiavano a lei ed a me.
    E fu per questo che –oh, molto tempo fa-
    in questo regno in riva al mare
    un vento soffiò da una nube, raggelando
    la mia bella Annabel Lee;
    così che vennero i suoi nobili parenti
    e la portarono da me lontano
    per rinchiuderla in un sepolcro
    in questo regno in riva al mare.
    Gli angeli, non così felici in cielo come noi,
    a lei e a me portarono invidia –
    oh sì! E fu per questo ( e tutti ben lo sanno
    in questo regno in riva al mare)
    che quel vento irruppe una notte dalla nube
    raggelando e uccidendo la mia bella Annabel Lee.
    Ma molto era più forte il nostro amore
    che l'amor d'altri di noi più grandi-
    che l'amor d'altri di noi più savi-
    e né gli angeli lassù nel cielo
    né i demoni dentro il profondo mare
    mai potran separare la mia anima dall'anima
    della bella Annabel Lee: -
    giacché mai raggia la luna che non mi porti sogni
    della bella Annabel Lee;
    e mai stella si leva ch'io non senta i fulgenti occhi
    della bella Annabel Lee: -
    e così, nelle notti, al fianco io giaccio
    del mio amore – mio amore – mia vita e mia sposa,
    nel suo sepolcro lì in riva al mare,
    nella sua tomba in riva al risonante mare.
    Vota la poesia: Commenta
      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Serenata Indiana

      Sorgo dal tuo sogno soave
      Dal primo sogno della notte folta
      Mentre il vento respira leggero
      Ed ogni stella palpitando ascolta.

      Sorgo dal tuo sogno soave
      E uno Spirito mi ha recato
      Chi mai, chi mai saprà come?
      Sotto la tua finestra, bene amato.

      Nel tacito, oscuro cammino
      Anche la brezza già muore.
      Come pensiero nel sogno
      Del ciàmpak esala l'odore.

      Si spegne sul piccolo petto
      Dall'usignolo il lamento
      Come su te io cadrei
      Per come amata ti sento.

      Sollevami dall'erba dove muoio.
      Irrora di pioggia mai stanca
      Di baci gli occhi sfiniti,
      La bocca immobile, bianca.

      Io sussulti d'anèliti profondi.
      Ho pallida, fredda la faccia.
      Oh stringi il mio cuore sul tuo
      Fino a che taccia.
      Vota la poesia: Commenta
        Scritta da: Federico
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        L'uomo e il mare

        Sempre il mare, uomo libero, amerai!
        Perché il mare è il tuo specchio; tu contempli
        nell'infinito svolgersi dell'onda
        l'anima tua, e un abisso è il tuo spirito
        non meno amaro. Godi nel tuffarti
        in seno alla tua immagine; l'abbracci
        con gli occhi e con le braccia, e a volte il cuore
        si distrae dal suo suono al suon di questo
        selvaggio ed indomabile lamento.
        Discreti e tenebrosi ambedue siete:
        uomo, nessuno ha mai sondato il fondo
        dei tuoi abissi; nessuno ha conosciuto,
        mare, le tue più intime ricchezze,
        tanto gelosi siete d'ogni vostro
        segreto. Ma da secoli infiniti
        senza rimorso né pietà lottate
        fra voi, talmente grande è il vostro amore
        per la strage e la morte, o lottatori
        eterni, o implacabili fratelli!
        Vota la poesia: Commenta
          Scritta da: mor-joy
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Due

          Quando saremo due saremo veglia e sonno
          affonderemo nella stessa polpa
          come il dente di latte e il suo secondo,
          saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,
          come i cieli, del giorno e della notte,
          due come sono i piedi, gli occhi, i reni,
          come i tempi del battito
          i colpi del respiro.
          Quando saremo due non avremo metà
          saremo un due che non si può dividere con niente.
          Quando saremo due, nessuno sarà uno,
          uno sarà l'uguale di nessuno
          e l'unità consisterà nel due.
          Quando saremo due
          cambierà nome pure l'universo
          diventerà diverso.
          Vota la poesia: Commenta
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            Sarei forse più sola
            senza la mia solitudine.
            Sono abituata al mio destino.
            Forse l'altra - la pace -

            potrebbe spezzare il buio
            e riempire la stanza -
            troppo stretta per contenere
            il suo sacramento.

            La speranza non mi è amica -
            come un'intrusa potrebbe
            profanare questo luogo di dolore -
            con la sua dolce corte.

            Potrebbe essere più facile
            affondare - in vista della terra -
            che giungere alla mia limpida penisola
            per morire - di piacere.
            Vota la poesia: Commenta
              Scritta da: Andrew Ricooked
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Dove ero finito?

              Non sapevo da dove venissi
              o dove stessi
              andando.
              Ero perso.
              Mi ritrovavo seduto
              in strani ingressi
              per ore,
              senza pensare
              semza muovermi
              finché mi chiedevano
              di andarmene.

              Non voglio dire che ero
              idiota o
              stupido.
              Quello che voglio dire è che
              ero senza
              interessi.

              Non me ne fregava niente se cercavate
              di uccidermi.
              Non vi avrei fermato.

              Stavo vivendo un esistenza che
              non significava niente per
              me.

              Trovavo posti dove stare.
              Stanzette in affitto. Bar. Prigioni.
              Sonno e indifferenza sembravano
              le uniche
              possibilità.
              Tutto il resto sembrava
              privo di senso.

              Una volta rimasi tutta la notte a guardare
              il Mississipi.
              Non so perché.
              Il fiume scorreva lì accanto e
              l'unica cosa che ricordo è che
              puzzava.

              Mi sembrava sempre di essere
              su una corriera
              che attraversava il paese
              diretta
              da qualche parte.
              A guardare fuori da un finestrino
              sporco
              il nulla
              assoluto.

              Sapevo sempre esattamente quanti
              soldi avevo
              con me.
              Per esempio:
              un biglietto da cinque e due da uno
              nel portafoglio
              una moneta da venticinque, una da dieci e una
              da due centesimi nella tasca
              destra davanti.

              Non avevo voglia di parlare
              con nessuno e non volevo che nessuno
              mi parlasse.

              Ero considerato un
              disadattato e un tipo
              strambo.
              Mangiavo pochissimo ma
              ero incredibilmente
              forte.
              Una volta, quando lavoravo in una fabbrica
              dei ragazzotti giovani, strafottenti,
              stavano cercando di sollevare un pezzo
              di macchinario pesante
              dal pavimento.
              Non ci riusciva nessuno.

              "Ehi, Hank, provaci tu!" Dissero
              ridendo.

              Mi avvicinai, lo sollevai,
              lo rimisi a terra,
              tornai al
              lavoro.

              Mi valse il loro rispetto
              non so perché
              ma io non lo
              volevo.

              A volte abbassavo
              le tapparelle nella mia stanza
              e me ne stavo a letto per una
              settimana o più.

              Ero in uno strano viaggio
              ma era
              privo di senso.
              Non avevo idee.
              Non avevo progetti.
              Dormivo.
              Non facevo altro che dormire
              e aspettare.

              Non mi sentivo solo.
              Non soffrivo di vittimismo.
              Ero solo invecchiato in una
              vita nella quale
              non riuscivo a trovare alcun
              senso.

              Allora ero
              un giovanotto di
              mille anni.

              Adesso sono un vecchio
              che aspetta di rinascere.
              Composta domenica 3 gennaio 2010
              Vota la poesia: Commenta
                Scritta da: Gaetano Toffali
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Bum

                Noi inchiodati
                qui
                a scrivere poesie.
                So
                che questa
                non è poesia.
                È la storia di un treno.
                So
                che su quel treno
                c'erano
                un barbone
                un emigrante
                un operaio
                una studentessa
                un padre di famiglia.
                So
                che il barbone
                ha la mia età
                senza denti
                senza capelli
                e ride e piange
                e non va da nessuna parte
                e non ha nessuna valigia.
                So
                che l'emigrante ha cinquantatré anni
                e viene dalla Germania.
                So
                che va in Sicilia
                e nella valigia
                una stecca di cioccolata.
                So
                che l'operaio
                lavora all'Alfa Romeo.
                So
                che ha quarantadue anni
                nella valigia
                l'ultima busta paga.
                So
                che la studentessa
                è molto bella
                e ha diciassette anni.
                So
                che va a vedere Roma,
                nella valigia
                la macchina fotografica.
                So
                che il padre di famiglia
                ha gli occhiali sessantadue anni
                un nipote a Bari
                e nella valigia
                "la cena per i suoi rondinini".
                So
                che stanno aspettando qualcosa
                e ridono
                e il treno ride
                e le valigie ridono
                e la democrazia
                nascosta sotto i binari
                come sempre
                ride.
                Bum.
                Vota la poesia: Commenta