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in Poesie (Poesie d'Autore)
Quando quaranta inverni assedieranno la tua fronte
e profonde trincee solcheranno il campo della tua bellezza,
l'orgoglioso manto della gioventù, ora ammirato,
sarà a brandelli, tenuto in nessun conto.
Allora, se richiesto dove la tua bellezza giace,
dove il tesoro dei tuoi gagliardi giorni,
rispondere ch'essi s'adagiano infossati nei tuoi occhi
per te vergogna bruciante sarebbe e ridicolo vanto.
Quanta più lode meriterebbe la tua bellezza,
se tu potessi replicare: "Questo mio bel bambino
pareggia il conto e fa perdonare il passare degli anni",
dando prova che la sua bellezza da te fu data.
Sarebbe questo un sentirsi giovane quando sei vecchio,
mirare il tuo sangue caldo quand'esso nelle tue vene è freddo.
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    in Poesie (Poesie d'Autore)

    I furbi

    I furbi scendono la corrente come pesci bianchi
    sulla cresta d'acque blu, oltre le rapide.
    I furbi, con le loro gole e sopracciglia da furbi,
    i loro furbi peli nel naso, entrambe le scarpe allacciate, tutte le tragedie cancellate, denti splendenti.
    I furbi non si scompongono. Anche le loro morti sono morti al quadrato, furbi furbi furbi.
    Hanno case migliori, auto migliori, risate migliori.
    Persino i loro incubi sono sogni sgargianti.
    Questi furbi ti siedono di fronte, con un sorriso pulito, che li riempe, fianco i capelli sprizzano nitore.
    Quanto ho vissuto e quanti ne ho visti.
    Sapete cos'è davvero la morte?
    È uno di questi furbi rottinculo che ti stringe la mano e ti abbraccia.
    Sapete cos'è davvero la morte?
    Venite a vedermi mentre allungo la carta di credito
    al cameriere disprezzandovi. O peggio.
    Composta domenica 27 ottobre 2013
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      Scritta da: Gabriella Stigliano
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Mi avevano lasciato solo
      nella campagna, sotto
      la pioggia fina, solo.
      Mi guardavano muti
      meravigliati
      i nudi pioppi. soffrivano
      della mia pena. pena
      di non saper chiararnente...

      E la terra bagnata
      e i neri altissimi monti
      tacevano vinti. Sembrava
      che un dio cattivo
      avesse con un sol gesto
      tutto pietrificato.

      E la pioggia lavava quelle pietre.
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        Scritta da: prosdocimo
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Come potrei

        Come potrei trattenerla in me,
        la mia anima, che la tua non sfiori;
        come levarla oltre te, all'infinito?
        Potessi nasconderla in un angolo
        sperduto nelle tenebre;
        un estraneo rifugio silenzioso
        che non seguiti a vibrare
        se vibra il tuo profondo.
        Ma tutto quello che ci tocca, te
        e me insieme
        ci tende come un arco
        che da due corde un suono solo rende
        Su quale strumento siamo tesi,
        e quale grande musicista ci tiene nella mano?
        O dolce canto.
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          Scritta da: Andrea De Candia
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          E tu che hai messo mano al mio dolore
          con la dolcezza che distingue il bene
          padre esemplare di un retta schiera
          di progenie devota benedetto
          sei per quella tua ripida pazienza
          conoscitrice delle cose insane
          né ti fa meraviglia l'ardua specie
          del dolore scoperto alle tue mani
          può venir palpitante una fanciulla
          ed un brivido assurdo: sei l'umano
          incarnato nell'era degli dei.
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Un trucco per alleviare il nostro sanguinare

            In pratica
            le grandi parole dei grandi uomini
            non sono poi così grandi.

            E le grandi nazioni o le grandi bellezze
            non lasciano altro che il residuo
            della reputazione che sarà lentamente
            rosicchiato via.

            Né le grandi guerre sembrano così grandi,
            né le grandi poesie
            né le leggende di prima mano.

            Persino i lutti
            ora sono così tristi,
            e il fallimento non è stato altro che un
            trucco
            per farci continuare.

            E la celebrità e l'amore
            un trucco per alleviare il nostro sanguinare.

            E come il fuoco diventa cenere e l'acciaio
            diventa ruggine, noi diventiamo
            saggi
            e poi
            non così saggi.

            E sediamo su sedie
            leggendo vecchie mappe,
            guerre finite, amori finiti, vite finite,

            e un bambino gioca davanti a noi come una scimmia
            e noi diamo un colpetto alla pipa e sbadigliamo,
            chiudiamo gli occhi e dormiamo.

            Belle parole
            come belle signore,
            si accartocciano e muoiono.
            Composta mercoledì 25 settembre 2013
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              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Colui che non sa niente, non ama niente.
              Colui che non fa niente, non capisce niente.
              Colui che non capisce niente è spregevole.
              Ma colui che capisce, ama, vede, osserva...
              La maggiore conoscenza è congiunta indissolubilmente all'amore...
              Chiunque crede che tutti i frutti maturino contemporaneamente come le fragole, non sa nulla dell'uva.
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                Scritta da: Elisabetta
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                La pioggia nel pineto

                Taci. Su le soglie
                del bosco non odo
                parole che dici
                umane; ma odo
                parole più nuove
                che parlano gocciole e foglie
                lontane.

                Ascolta. Piove
                dalle nuvole sparse.
                Piove su le tamerici
                salmastre ed arse,
                piove sui pini
                scagliosi ed irti,
                piove su i mirti
                divini,
                su le ginestre fulgenti
                di fiori accolti,
                su i ginepri folti
                di coccole aulenti,
                piove su i nostri volti
                silvani,
                piove su le nostre mani
                ignude,
                su i nostri vestimenti
                leggeri,
                su i freschi pensieri
                che l'anima schiude

                novella,
                su la favola bella
                che ieri
                t'illuse, che oggi m'illude,
                o Ermione.

                Odi? La pioggia cade
                su la solitaria
                verdura
                con un crepitio che dura
                e varia nell'aria secondo le fronde
                più rade, men rade.

                Ascolta. Risponde
                al pianto il canto
                delle cicale
                che il pianto australe
                non impaura,
                né il ciel cinerino.

                E il pino
                ha un suono, e il mirto
                altro suono, e il ginepro
                altro ancora, stromenti
                diversi
                sotto innumerevoli dita.

                E immersi
                noi siam nello spirito
                silvestre,
                d'arborea vita viventi;
                e il tuo volto ebro
                è molle di pioggia
                come una foglia,
                e le tue chiome
                auliscono come
                le chiare ginestre,
                o creatura terrestre
                che hai nome
                Ermione.

                Ascolta, Ascolta. L'accordo
                delle aeree cicale
                a poco a poco
                più sordo
                si fa sotto il pianto
                che cresce;
                ma un canto vi si mesce
                più roco
                che di laggiù sale,
                dall'umida ombra remota.

                Più sordo e più fioco
                s'allenta, si spegne.
                Sola una nota
                ancor trema, si spegne,
                risorge, trema, si spegne.
                Non s'ode voce del mare.
                Or s'ode su tutta la fronda
                crosciare
                l'argentea pioggia
                che monda,
                il croscio che varia
                secondo la fronda
                più folta, men folta.

                Ascolta.
                La figlia dell'aria
                è muta: ma la figlia
                del limo lontana,
                la rana,
                canta nell'ombra più fonda,
                chi sa dove, chi sa dove!
                E piove su le tue ciglia,
                Ermione.

                Piove su le tue ciglia nere
                sì che par tu pianga
                ma di piacere; non bianca
                ma quasi fatta virente,
                par da scorza tu esca.
                E tutta la vita è in noi fresca
                aulente,
                il cuor nel petto è come pesca
                intatta,
                tra le palpebre gli occhi
                son come polle tra l'erbe,
                i denti negli alveoli
                son come mandorle acerbe.

                E andiam di fratta in fratta,
                or congiunti or disciolti
                (e il verde vigor rude
                ci allaccia i malleoli
                c'intrica i ginocchi)
                chi sa dove, chi sa dove!
                E piove su i nostri volti
                silvani,
                piove su le nostre mani
                ignude,
                su i nostri vestimenti
                leggeri,
                su i freschi pensieri
                che l'anima schiude
                novella,
                su la favola bella
                che ieri
                m'illuse, che oggi t'illude,
                o Ermione.
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