Poesie d'Autore migliori


Scritta da: Valeria S
in Poesie (Poesie d'Autore)

Amo in te

Amo in te
l'avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l'audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l'impossibile
entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne.
Amo in te l'impossibile
ma non la disperazione.
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    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Tu mi prendesti per mano e mi traesti
    al Tuo fianco, mi facesti sedere su
    l'alto seggio al cospetto di tutti
    gli uomini; ond'io divenni timido,
    incapace di muovermi e di seguitar
    la mia via; esitante e scongiurante
    a ogni passo che non avessi a urtare
    in una loro spina insidiosa.
    Alfine son liberato!
    Il colpo è giunto, stride l'insulto,
    il mio posto è là, giri nella polvere.
    Ormai dinanzi a me sono aperti i sentieri.
    Aperte ho l'ali al desiderio del cielo,
    Vado a raggiungere le stelle cadenti
    della mezzanotte, vado a precipitarmi
    nell'ombra profonda.
    Somiglio a nuvola estiva in balia dell'uragano,
    la quale, gettato via l'aureo diadema,
    appende la folgore come spada a una catena di lampi.
    Corro con folle gioia giù pel sentiero polveroso
    del reietto; m'avvicino alla Tua,
    finale accoglienza.
    Il bimbo trova la madre quando ne lascia il grembo.
    Quando io vengo separato da Te,
    sbandito dalla Tua casa, sono libero di contemplare
    il Tuo volto.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Lettera alla madre

      "Mater dolcissima, ora scendono le nebbie,
      il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
      gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve;
      non sono triste nel Nord: non sono
      in pace con me, ma non aspetto
      perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
      da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
      come tutte le madri dei poeti, povera
      e giusta nella misura d'amore
      per i figli lontani. Oggi sono io
      che ti scrivo. " - Finalmente, dirai, due parole
      di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto
      e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore
      lo uccideranno un giorno in qualche luogo. -
      "Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
      di treni lenti che portavano mandorle e arance,
      alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze,
      di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
      questo voglio, dell'ironia che hai messo
      sul mio labbro, mite come la tua.
      Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori.
      E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
      per tutti quelli che come te aspettano,
      e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
      non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro
      tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
      del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
      non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
      Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
      morte di pudore. Addio, cara, addio, mia dolcissima mater."
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Cupido, loser, eigenwilliger Knabe!

        Cupido, loser, eigenwilliger Knabe!
        Du batst mich um Quartier auf einige Stunden.
        Wie viele Tag'und Nächte bist du geblieben!
        Und bist nun herrisch und Meister im Hause geworden!
        Von meinem breiten Lager bin ich vertrieben;
        Nun sitz ich an der Erde, Nächte gequälet;
        Dein Mutwill schüret Flamm auf Flamme des Herdes,
        Verbrennet den Vorrat des Winters
        und senget mich Armen.
        Du hast mir mein Geräte verstellt und verschoben;
        Ich such und bin wie blind und irre geworden.
        Du lärmst so ungeschickt; ich fürchte das Seelchen
        Entflieht, um dir zu entfliehn, und räumet die Hütte.
        Cupido, monello testardo!
        Cupido, monello testardo!
        M'hai chiesto un riparo per poche ore,
        e quanti giorni e notti sei rimasto!
        Adesso il padrone in casa mia sei tu!
        Sono scacciato dal mio ampio letto;
        sto per terra, e di notte mi tormento;
        il tuo capriccio attizza fiamma su fiamma nel fuoco,
        brucia le scorte d'inverno
        e arde me misero.
        Hai spostato e scompigliato gli oggetti miei,
        io cerco, e sono come cieco e smarrito.
        Strepiti senza ritegno, e io temo che l'animula
        fugga via per sfuggire te, e abbandoni questa capanna.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Viaggio a Montevideo

          Io vidi dal ponte della nave
          I colli di Spagna
          Svanire, nel verde
          Dentro il crepuscolo d'oro la bruna terra celando
          Come una melodia:
          D'ignota scena fanciulla sola
          Come una melodia
          Blu, su la riva dei colli ancora tremare una viola...
          Illanguidiva la sera celeste sul mare:
          Pure i dorati silenzii ad ora ad ora dell'ale
          Varcaron lentamente in un azzurreggiare:...
          Lontani tinti dei varii colori
          Dai più lontani silenzii
          Ne la ceste sera varcaron gli uccelli d'oro: la nave
          Già cieca varcando battendo la tenebra
          Coi nostri naufraghi cuori
          Battendo la tenebra l'ale celeste sul mare.
          Ma un giorno
          Salirono sopra la nave le gravi matrone di Spagna
          Da gli occhi torbidi e angelici
          Dai seni gravidi di vertigine. Quando
          In una baia profonda di un'isola equatoriale
          In una baia tranquilla e profonda assai più del cielo notturno
          Noi vedemmo sorgere nella luce incantata
          Una bianca città addormentata
          Ai piedi dei picchi altissimi dei vulcani spenti
          Nel soffio torbido dell'equatore: finché
          Dopo molte grida e molte ombre di un paese ignoto,
          Dopo molto cigolìo di catene e molto acceso fervore
          Noi lasciammo la città equatoriale
          Verso l'inquieto mare notturno.
          Andavamo andavamo, per giorni e per giorni: le navi
          gravi di vele molli di caldi soffi incontro passavano lente:
          Sì presso di sul cassero a noi ne appariva bronzina
          Una fanciulla della razza nuova,
          Occhi lucenti e le vesti al vento! Ed ecco: selvaggia a la fine di un giorno che apparve
          La riva selvaggia là giù sopra la sconfinata marina:
          E vidi come cavalle
          Vertiginose che si scioglievano le dune
          Verso la prateria senza fine
          Deserta senza le case umane
          E noi volgemmo fuggendo le dune che apparve
          Su un mare giallo de la portentosa dovizia del fiume,
          Del continente nuovo la capitale marina.
          Limpido fresco ed elettrico era il lume
          Della sera e là le alte case parevan deserte
          Laggiù sul mar del pirata
          De la città abbandonata
          Tra il mare giallo e le dune...
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            Scritta da: Maresa Schembri
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Amore

            Dicono che lo sciacallo e la talpa
            bevano allo stesso ruscello
            dove viene a bere il leone.

            E dicono che l'aquila e l'avvoltoio
            infilino il becco nella stessa carcassa,
            e stanno in pace l'uno con l'altro, davanti alla cosa morta.

            O amore, che con la tua regale mano
            hai imbrigliato i miei desideri,
            e hai elevato la mia fame e la mia sete
            a dignità di orgoglio,
            non permettere che il forte e il durevole in me
            mangino il pane e bevano il vino
            che tentano il mio io più debole.
            Lasciami piuttosto morire di fame,
            e consenti che il mio cuore bruci dalla sete
            e lasciami morire e avvizzirmi,
            prima che io stenda la mano
            verso una coppa che tu non abbia riempito
            o una ciotola che tu non abbia benedetto.
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              Scritta da: Eclissi
              in Poesie (Poesie d'Autore)

              Canzone d'autunno

              Oggi sento nel cuore
              un vago tremore di stelle,
              ma il mio sentiero si perde
              nell'anima della nebbia.
              La luce mi spezza le ali
              e il dolore della mia tristezza
              bagna i ricordi
              alla fonte dell'idea.
              Tutte le rose sono bianche,
              bianche come la mia pena,
              e non sono le rose bianche,
              perché ci ha nevicato sopra.
              Prima ci fu l'arcobaleno.
              Nevica anche sulla mia anima.
              La neve dell'anima ha
              fiocchi di baci e di scene
              che sono affondate nell'ombra
              o nella luce di chi le pensa.
              La neve cade dalle rose,
              ma quella dell'anima resta
              e l'artiglio degli anni
              ne fa un sudario.
              Si scioglierà la neve
              quando moriremo?
              O ci sarà altra neve
              e altre rose più perfette?
              Scenderà la pace su di noi
              come c'insegna Cristo?
              O non sarà mai possibile
              la soluzione del problema?
              E se l'amore c'inganna?
              Chi animerà la nostra vita
              se il crepuscolo ci sprofonda
              nella vera scienza
              del Bene che forse non esiste
              e del Male che batte vicino?
              Se la speranza si spegne
              e ricomincia Babele
              che torcia illuminerà
              le strade della Terra?
              Se l'azzurro è un sogno,
              che ne sarà dell'innocenza?
              Che ne sarà del cuore
              se l'Amore non ha frecce?
              Se la morte è la morte,
              che ne sarà dei poeti
              e delle cose addormentate
              che più nessuno ricorda?
              O sole della speranza!
              Acqua chiara! Luna nuova!
              Cuori dei bambini!
              Anime rudi delle pietre!
              Oggi sento nel cuore
              un vago tremore di stelle
              e tutte le rose sono
              bianche come la mia pena.
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                Scritta da: Rea
                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Il tuo sorriso

                Toglimi il pane, se vuoi,
                toglimi l'aria, ma
                non togliermi il tuo sorriso.

                Non togliermi la rosa,
                la lancia che sgrani,
                l'acqua che d'improvviso
                scoppia nella tua gioia,
                la repentina onda
                d'argento che ti nasce.

                Dura è la mia lotta e torno
                con gli occhi stanchi,
                a volte, d'aver visto
                la terra che non cambia,
                ma entrando il tuo sorriso
                sale al cielo cercandomi
                ed apre per me tutte
                le porte della vita.

                Amore mio, nell'ora
                più oscura sgrana
                il tuo sorriso, e se d'improvviso
                vedi che il mio sangue macchina
                le pietre della strada,
                ridi, perché il tuo riso
                sarà per le mie mani
                come una spada fresca.

                Vicino al mare, d'autunno,
                il tuo riso deve innalzare
                la sua cascata di spuma,
                e in primavera, amore,
                voglio il tuo riso come
                il fiore che attendevo,
                il fiore azzurro, la rosa
                della mia patria sonora.

                Riditela della notte,
                del giorno, delle strade
                contorte dell'isola,
                riditela di questo rozzo
                ragazzo che ti ama,
                ma quando apro gli occhi
                e quando li richiudo,
                quando i miei passi vanno,
                quando tornano i miei passi,
                negami il pane, l'aria,
                la luce, la primavera,
                ma il tuo sorriso mai,
                perché io ne morrei.
                Composta lunedì 6 settembre 2010
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