Poesie d'Autore


in Poesie (Poesie d'Autore)

RIMORCHIO

I fiumi dove i cani non si tuffano,
noi li attraversiamo.
Le donne che gli altri uomini non vogliono,
noi le amiamo.
Il cavallo con la fasciatura,
noi ci puntiamo sopra.
Mettetemi al bancone con 3 donne:
una, vagamente petulante;
una, sostanzialmente stupida;
e la terza,
uno schianto:
lo schianto si alzerà dallo sgabello
e verrà a sedersi vicino a me.
Gli dei se ne assicurano sempre.
Gli dei mi proteggono.
Mi sistemano
davvero mica male.
"Ciao, bello", mi chiede, "come
va?"
"Che ti bevi", domando.
Mi dici cos'è.
Ne ordino uno per lei e uno per
me.
Fuori, si sta molto meglio: le auto si
scontrano; i palazzi bruciano;
i futuri suicidi
fischiettano tra i denti mentre
camminano verso ovest o est o sud o
nord.
"A che pensi?, mi
chiede.
" Spero che i dodgers perdano, le
dico, poi mi
alzo, vado in bagno, sgattaiolo fuori,
e poi sparisco dall'uscita
posteriore.
C'è un vicolo lì fuori.
Mi incammino verso ovest
fischiettando tra i
denti.
Composta sabato 28 settembre 2013
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    Scintilla

    Mi hanno sempre irritato tutti gli anni, le ore i
    minuti che gli ho regalato lavorando come un mulo,
    mi ha fatto seriamente male alla testa,
    mi ha fatto male dentro, mi ha stordito
    e mi ha fatto diventare pazzo - non riuscivo ad accettare
    questi miei anni assassinati
    eppure i miei compagni di lavoro non davano segni di
    agonia, anzi molti di loro sembravano addirittura soddisfatti,
    e vederli così mi faceva impazzire quasi quanto
    quel lavoro monotono e insensato.

    I lavoratori sottostavano,
    il lavoro gli annientava, venivano
    racconti col cucchiaino e buttati via.

    Mi irritava ogni minuto, ogni minuto mentre veniva
    mutilato
    e nulla alleviava la noia.

    Ho valutato l'ipotesi del suicidio.
    Mi sono bevuto le poche ore di libertà.

    Ho lavorato per decenni.

    Ho vissuto con la peggiore specie di donne,
    e loro hanno ucciso
    quello che il lavoro non era riuscito ad uccidere.

    Sapevo che stavo morendo.
    Qualcosa dentro mi diceva: continua così, muori, spegniti,
    diventa come loro, accettalo.
    E poi qualcos'altro dentro diceva: no, salva un pezzetto
    minuscolo.
    Non importa che sia molto, basta solo una scintilla.
    Una scintilla può incendiare un'intera
    foresta.
    Solo una scintilla.
    Salvala.

    Penso di esserci riuscito.
    Sono fiero di esserci riuscito.
    Che stramaledetta
    fortuna.
    Composta domenica 20 ottobre 2013
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      Attraversa l'anima

      Attraversa l'anima
      come una lama
      e ne sonda i paesaggi
      ora mesti, ora bui
      dove corvi neri come pece
      gracchiano così forte
      da grattarti le pareti del cuore.

      Percorre deliziosi giardini
      decorati da candide margherite
      e scaldati da un tiepido sole primaverile.
      Ma quando la sua linfa
      Giunta all'apice scoppia
      il foglio si macchia.
      Unico tampone per tale ferita.
      Composta sabato 28 settembre 2013
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        Le parole

        Le parole non hanno occhi né gambe,
        non hanno bocca né braccia,
        non hanno visceri
        e spesso nemmeno cuore,
        o ne hanno assai poco.

        Non puoi chiedere alle parole
        di accenderti una sigaretta
        ma possono renderti più piacevole
        il vino.

        E certo non puoi costringere le parole
        a fare qualcosa che non
        voglion fare.
        Non puoi sovraccaricarle
        e non puoi svegliarle
        quando decidono di dormire.

        A volte
        le parole ti tratteranno bene,
        a seconda di quel
        che gli chiedi
        di fare.
        Altre volte,
        ti tratteranno male,
        qualunque cosa
        tu gli chieda di fare.

        Le parole vanno
        e vengono.
        Qualche volta ti tocca
        di aspettarle a lungo.
        Qualche volta non tornano
        più indietro.

        Qualche volta gli scrittori
        si uccidono
        quando le parole li lasciano.
        Altri scrittori
        fingeranno di averle ancora
        in pugno
        anche se le loro parole
        sono già morte e sepolte.

        Fanno così
        molti scrittori famosi
        e molti meno famosi
        che sono scrittori soltanto
        di nome.

        Le parole non sono
        per tutti.
        E per la maggioranza,
        esistono
        soltanto per poco.

        Le parole sono
        uno dei più grandi
        miracoli
        al mondo,
        possono illuminare
        o distruggere
        menti,
        nazioni,
        culture.
        Le parole sono belle
        e pericolose.

        Se vengono a trovarti,
        te ne accorgerai
        e ti sentirai
        il più fortunato
        della terra. Nient'altro avrà più
        importanza
        e tutto sembrerà importante.

        Ti sentirai
        il dio sole,
        riderai del tempo che fugge,
        ce l'avrai fatta,
        lo sentirai
        dalle dita
        fino alle budella,
        e sarai diventato,
        finché
        dura,
        un fottutissimo scrittore
        che rende possibile
        l'impossibile,
        scrivendo parole,
        scrivendole,
        scrivendole.
        Composta giovedì 10 ottobre 2013
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Lancia il dado

          Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo
          Altrimenti, non cominciare mai.

          Se hai intenzione di tentare, fallo fino in fondo
          Ciò potrebbe significare perdere fidanzate,
          mogli, parenti, impieghi
          e forse la tua mente.

          Fallo fino in fondo.

          Potrebbe significare non mangiare per 3 o 4 giorni.
          Potrebbe significare gelare su una panchina del parco.
          Potrebbe significare prigione, potrebbe significare derisione, scherno, isolamento.

          L'isolamento è il regalo, le altre sono una prova della tua resistenza, di quanto tu realmente voglia farlo.

          E lo farai a dispetto dell'emarginazione e delle peggiori diseguaglianze. E ciò sarà migliore di qualsiasi altra cosa tu possa immaginare.

          Se hai intenzione di tentare,
          fallo fino in fondo.
          Non esiste sensazione altrettanto bella.
          Sarai solo con gli Dei.
          E le notti arderanno tra le fiamme

          Fallo, fallo, fallo.
          FALLO!

          Fino in fondo,
          fino in fondo

          Cavalcherai la vita fino alla risata perfetta
          È l'unica battaglia giusta che esista.
          Composta lunedì 4 novembre 2013
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            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Uno spazio di pausa

            Uno spazio di pausa
            devi averne uno, altrimenti le pareti ti schiacceranno.
            Devi mollare tutto quanto, gettarlo
            via, liberarti di tutto.
            Devi guardare ciò che guardi
            o pensare ciò che pensi
            o fare ciò che fai
            oppure non fai,
            senza pensare ai vantaggi
            personali,
            senza accettare la guida di nessuno.

            La gente si consuma per
            la fatica
            si nasconde nelle abitudini
            comuni.
            Le sue preoccupazioni sono
            le preoccupazioni del gregge.

            Soltanto pochi sono capaci di fissare
            una vecchia scarpa per
            dieci minuti
            o di pensare a cose strampalate
            tipo chi ha inventato
            il pomello della porta?

            Le persone perdono il senso della vita
            perché sono incapaci di
            fermarsi,
            di disfarsi di se stessi,
            di sciogliersi,
            di smettere di vedere,
            di disimparare,
            di mettersi in salvo.

            Ascolta la propria falsa
            risata, e poi
            puoi andar
            via.
            Composta sabato 28 settembre 2013
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              Scritta da: Mariella Buscemi
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Sfilate di funesti funerali.
              E loro sono lì, scuoiati al macello.
              Sagome di cartone con il mirino sul petto,
              colpiti uno ad uno da pallottole sparate da un killer seriale che sta sempre su un tetto troppo alto per poter essere avvistato in tempo.
              Paura di perdervi e di assistere, impotente, alla perdita.
              E mi manca l'occhio destro,
              il braccio sinistro,
              pezzi di cuore sparsi, come briciole, sul sentiero dove voi marciate.
              Il mio demone è la perdita,
              la paura della perdita,
              la solitudine che lascia la perdita.
              E perdere mi porta a chiedere
              e chiedere mi porta ad elemosinare,
              ma c'è un dio che pretende l'anima,
              ché non solo il diavolo la mercanteggia.
              Ed ho paura di rimanere,
              ché se avessi potuto seguirvi in quel luogo freddo
              di terra brulla e spoglia, a diventar cenere con voi
              ed a farmi sgretolare le ossa,
              avrei avuto più pace,
              invece, addosso, m'è rimasta solo pece.
              Mi sarebbero ancora cresciuti i capelli
              e ne avrei fatto funi per aggrapparci ancora
              alla (non)vita;
              le unghia si sarebbero ancora allungate
              e ne avrei fatto artigli per lottare
              e riportarvi indietro.
              E già molti mi sono volati via
              e mi rimane davvero poco
              e questo poco lo vedo tremare.
              E se è un tetro sortilegio che coloro che amo
              li vedo finire, divenir eterei fantasmi
              fatti di nulla, ché di nulla siamo fatti,
              questo me lo chiedo con quel profondo senso d'ingiustizia
              che mi sento montare dentro,
              quello che fa venire quel nodo stretto alla gola
              come se ci fossero corde che tirano la testa indietro
              e gli occhi diventano molli e liquidi
              come lo è questa nostra esistenza,
              liquida.
              E sono questi i miei demoni,
              le campane, i vermi ed i tamburi.
              E sono io il demone di questo dolore che ho dentro,
              demone dentro al demone,
              bambina partoriente lacrime.
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Amore

                Amore, disse, gas,
                dammi un bacio d'addio,
                baciami le labbra,
                baciami i capelli,
                le dita,
                gli occhi il cervello,
                fammi dimenticare.

                Amore, disse, gas
                aveva una stanza al secondo piano
                respinto da una dozzina di donne
                35 editori
                e una mezza dozzina di agenzie di collocamento,
                ora non voglio dire che valesse
                qualcosa.

                Aprì tutti i beccucci
                senza accenderli
                e andò a letto.

                Qualche ora dopo un tizio diretto
                alla stanza 309
                accese un sigaro
                nella hall
                e un sofà volò fuori dalla finestra
                un muro venne giù come sabbia bagnata
                una fiamma purpurea divampò fino a 12 metri d'altezza.

                il tizio a letto
                nulla seppe e di nulla si curò
                ma oserei dire
                che quel giorno
                si mostrò piuttosto in gamba.
                Composta giovedì 26 settembre 2013
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                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  La lettura di poesia

                  Pieno pomeriggio
                  in un college vicino al mare
                  sobrio
                  col sudore che mi cola sulle braccia,
                  una goccia di sudore sul tavolo,
                  l'asciugo col dito,
                  per i soldi per i soldi
                  mio dio penseranno che adoro tutto questo come gli altri
                  mentre è per il pane e la birra e l'affitto
                  per i soldi,
                  sono teso faccio schifo mi sento male
                  poveracci che fiasco, che disastro.

                  Una donna si alza,
                  esce
                  sbatte la porta.

                  Una poesia sconcia
                  me l'avevano detto di non leggere poesie sconce
                  qui
                  troppo tardi.

                  I miei occhi non vedono alcune righe,
                  le leggo
                  fino alla fine -
                  disperato, tremante,
                  che schifezza.

                  Non possono sentire la mia voce
                  e io dico
                  basta, è finita, sono
                  rovinato.

                  E più tardi in camera mia
                  trovo birra e scotch:
                  il sangue d'un codardo.

                  Questo dunque
                  sarà il mio destino:
                  scribacchiare per quattro soldi in stanze semibuie
                  leggere poesie di cui da un pezzo mi sono
                  stancato.

                  E una volta credevo
                  che gli uomini che guidano l'autobus
                  o puliscono le latrine
                  o ammazzano altri uomini nei vicoli
                  fossero degli idioti.
                  Composta mercoledì 25 settembre 2013
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                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    La donna ideale

                    Il sogno di un uomo
                    è una puttana con un dente d'oro
                    e il reggicalze,
                    profumata
                    con ciglia finte,
                    rimmel,
                    orecchini,
                    mutandine rosa
                    l'alito che sa di salame,
                    tacchi alti,
                    calze con una piccolissima smagliatura
                    sul polpaccio sinistro,
                    un po' grassa,
                    un po' sbronza,
                    un po' sciocca e un po' matta
                    che non racconta barzellette sconce
                    e ha 3 verruche sulla schiena
                    e finge di apprezzare la musica sinfonica
                    e che si ferma una settimana
                    solo una settimana
                    e lava i piatti e fa da mangiare
                    e scopa e fa i pompini
                    e lava il pavimento della cucina
                    e non mostra le foto dei suoi figli
                    né parla del marito o ex-marito
                    di dove è andata a scuola o dov'è nata
                    o perché l'ultima volta è finita in prigione
                    o di chi è innamorata,
                    si ferma solo una settimana
                    solo una settimana
                    e fa quello che deve fare
                    poi se ne va e non torna più indietro

                    a prendere l'orecchino che ha dimenticato sul comò.
                    Composta mercoledì 25 settembre 2013
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