Poesie d'Autore


in Poesie (Poesie d'Autore)

il mio amico William

Il mio amico William è un uomo fortunato:
non ha abbastanza immaginazione per soffrire.

Ha conservato il suo primo impiego,
la sua prima moglie.

È capace di guidare per 50.000 miglia
senza una frenata.

Balla come un cigno
e ha gli occhi più belli e inespressivi
che ci siano da El Paso fino a qui.

Il suo giardino è un paradiso,
i tacchi delle sue scarpe sono sempre allo stesso livello
e la sua stretta di mano è vigorosa.

La gente gli vuol bene.

Quando il mio amico William morirà
non sarà certo di cancro o di pazzia,

passerà davanti al diavolo
per andare in paradiso.

Stasera lo vedrete alla festa
sorridere
davanti al suo Martini

beato e contento
mentre qualcuno
gli chiava la moglie
nel bagno.
Composta mercoledì 25 settembre 2013
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    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Mangiato dalle farfalle

    Forse vincerò alla lotteria irlandese
    forse diventerò pazzo
    forse
    forse l'assicurazione contro la disoccupazione o
    una ricca lesbica in cima a una collina

    forse re-incarnazione in una rana...
    O 70.000 dollari trovati a galla in un sacchetto di plastica
    nella vasca da bagno

    ho bisogno di aiuto
    sono un uomo grasso mangiato da
    alberi verdi farfalle e da te

    gira gira
    accendi la luce
    i denti fanno male, i denti della mia anima fanno male
    non posso dormire
    prego per i tram morti
    i topi bianchi
    motori in fiamme
    sangue su un camice verde in una sala operatoria a
    San Francisco
    e sono imprigionato
    ahi ahi
    folle: il mio corpo là pieno di nient'altro che
    di me
    me intrappolato a metà strada fra il suicidio e
    la vecchiaia
    che mi affanno nelle fabbriche accanto ai
    ragazzi
    tenendo il passo
    bruciando il mio sangue come benzina e
    facendo sogghignare
    il caposquadra

    le mie poesie sono soltanto scarabocchi
    sul pavimento di una
    gabbia.
    Composta mercoledì 25 settembre 2013
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      Un trucco per alleviare il nostro sanguinare

      In pratica
      le grandi parole dei grandi uomini
      non sono poi così grandi.

      E le grandi nazioni o le grandi bellezze
      non lasciano altro che il residuo
      della reputazione che sarà lentamente
      rosicchiato via.

      Né le grandi guerre sembrano così grandi,
      né le grandi poesie
      né le leggende di prima mano.

      Persino i lutti
      ora sono così tristi,
      e il fallimento non è stato altro che un
      trucco
      per farci continuare.

      E la celebrità e l'amore
      un trucco per alleviare il nostro sanguinare.

      E come il fuoco diventa cenere e l'acciaio
      diventa ruggine, noi diventiamo
      saggi
      e poi
      non così saggi.

      E sediamo su sedie
      leggendo vecchie mappe,
      guerre finite, amori finiti, vite finite,

      e un bambino gioca davanti a noi come una scimmia
      e noi diamo un colpetto alla pipa e sbadigliamo,
      chiudiamo gli occhi e dormiamo.

      Belle parole
      come belle signore,
      si accartocciano e muoiono.
      Composta mercoledì 25 settembre 2013
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        in Poesie (Poesie d'Autore)

        Mi vengono a trovare un editore e un poeta

        Avevo appena vinto 115 dollari dai succhiacervelli e
        stavo nudo sul letto
        ascoltando un'opera di uno degli italiani
        e mi ero appena liberato di una donnaccia
        quando bussarono alla porta,
        e visto che i piedipiatti avevano fatto irruzione circa un mese prima,

        urlai piuttosto irritato -
        chi diavolo è? Che vuoi amico?
        sono il tuo editore! Rispose qualcuno urlando,
        e io strillai, non ho un editore,
        prova qui accanto, e lui rispose urlando,
        sei Charles Bukowski, vero? Mi tirai su e
        sbirciai attraverso la grata di ferro per accertarmi che non fosse un piedipiatti,

        e coprii la mia nudità con una vestaglia,
        diedi un calcio ad una lattina di birra e li invitai ad entrare,
        un editore e un poeta.
        Soltanto uno prese una birra (l'editore)
        Così io ne bevvi due per il poeta e una per me
        e loro sedevano là sudando e osservandomi
        e io sedevo là cercando di spiegare
        che non ero veramente un poeta nel senso tradizionale,
        e raccontai loro dei recinti per il bestiame e del mattatoio
        e degli ippodromi e delle condizioni di alcune nostre prigioni,
        e l'editore improvvisamente tirò fuori cinque riviste da una cartella

        e le gettò tra le lattine
        e parlammo dei Fiori del male, Rimbaud, Villon,
        e di cosa sembravano alcuni poeti moderni:
        J. B. May e Wolf the Hedley sono molto puri, unghie pulite, ecc.;
        Mi scusai per le lattine di birra, la mia barba, e tutto quello che c'era sul pavimento
        e ben presto tutti stavano sbadigliando
        e l'editore improvvisamente si alzò e io dissi,
        andate via?
        E poi l'editore e il poeta stavano uscendo dalla porta,
        e allora pensai, beh, al diavolo può non essergli piaciuto
        quello che hanno visto
        ma io non vendo lattine di birra e opera italiana e
        calze di nylon strappate sotto il letto e unghia sporche,
        io vendo rime vita e versi,
        e mi alzai e mi scolai una nuova lattina di birra
        e guardai le cinque riviste con il mio nome in copertina
        e mi chiesi cosa significasse,
        mi chiesi se scriviamo poesie o se stiamo tutti ammucchiati
        in una grande tenda
        abbracciando teste di cazzo.
        Composta mercoledì 25 settembre 2013
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          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Il funerale di uno scrittore

          C'era una frana sulla
          Pacific Coast Highway e ci hanno fatto fare una
          deviazione fin su alle colline di Malibu
          e c'era un gran traffico e faceva caldo, e poi
          ci siamo persi.
          Ma ho intravisto un carro funebre e ho detto: "ecco
          il carro funebre, seguiamolo", e la mia donna ha detto:
          "quello non è il carro funebre", e io ho detto: "sì, è il
          nostro carro funebre".

          Il carro funebre ha girato a sinistra e io l'ho seguito
          mentre si arrampicava per una
          stradina sterrata, fino a quando non ha accostato e io
          ho pensato: "si è perso pure lui". C'era un camioncino parcheggiato lì
          e un signore che vendeva fragole
          e io mi sono fermato
          e ho chiesto
          dov'era la chiesa e lui mi ha dato le indicazioni
          e la mia donna ha detto al tizio delle fragole: "al ritorno
          passiamo a comprare un po' di fragole". poi ho fatto
          inversione e il carro funebre si è rimesso in moto
          e ci siamo avviati uno dietro l'altro
          fino a quando non siamo arrivati alla
          chiesa.

          eravamo lì
          per il funerale di un grand'uomo
          ma
          il gruppo era sparito: la
          famiglia, un paio di vecchi amici sceneggiatori,
          e altre due o tre persone. abbiamo
          detto due parole ai parenti e alla moglie del defunto
          e poi siamo entrati e la messa è cominciata e il
          prete non era niente di che ma uno dei figli del grand'uomo
          ha fatto un bel discorso, e poi è finito tutto
          ed eccoci di nuovo fuori, in macchina,
          di nuovo dietro al carro funebre, giù per la stessa stradina
          ripida
          e di nuovo davanti al camioncino delle fragole, e la mia
          donna ha detto: "non fermiamoci per le fragole",
          e mentre proseguivamo verso il cimitero, ho pensato:
          Fante, sei stato uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi
          e questo è un giorno triste.
          alla fine, eccoci al cimitero; il prete
          ha detto qualcosa ed è tutto finito.
          sono andato dalla vedova che se ne stava lì seduta tutta pallida
          e bella e piuttosto solitaria su una sedia pieghevole di metallo.
          "Hank", mi ha detto, "è difficile", e ho provato inutilmente
          a dire qualcosa che le fosse di conforto.

          allora ce ne siamo andati, lasciandola lì, e
          io stavo proprio male.

          Ho chiesto a un amico di riaccompagnare la mia ragazza in
          città e me ne sono andato all'ippodromo. Sono arrivato
          giusto in tempo per la prima corsa, e mentre giocavo la mia
          scommessa l'impiegato mi guardava strano e mi ha detto
          "Gesù, Hank, come mai porti la cravatta?"
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            Epilogo

            Fante che se n'è andato a Hollywood,
            Fante su un campo di golf,
            Fante al tavolo da gioco,
            Fante in una casa a Malibu,
            Fante amico di William
            Saroyan.
            Ma Fante il ricordo più bello
            che ho di te
            era negli anni'30
            quando vivevi in quell'albergo vicino
            all'Angel's Flight
            e lottavi per essere uno scrittore,
            inviando racconti e lettere
            a Mencken.
            A quei tempi
            ti veniva fuori
            l'urlo dallo stomaco.
            e io lo sentivo.
            Lo sento ancora adesso.
            E mi rifiuto di immaginarti
            su un campo di golf
            o a Hollywood.
            Ma questo non è importante
            adesso che sei morto,
            però il fatto che tu fossi un grande scrittore
            quello resta
            e insieme il modo in cui mi hai aiutato
            a mettere le parole
            sulla carta
            come volevo io.
            Sono felice di averi incontrato alla fine
            anche se stavi
            morendo
            e mi ricordo quando
            ti ho domandato
            "senti, John, come cavolo
            gli è andata a quella ragazza
            messicana
            di Ask the Dust?"
            E tu mi hai risposto
            "si è scoperto che era
            una dannata
            lesbica!"
            E poi è entrata l'infermiera
            con delle grosse
            pillole bianche
            per te.
            Composta mercoledì 25 settembre 2013
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              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Sarebbe bello morire alla macchina da scrivere invece che in un letto con il culo appiccicato a una padella fredda.
              Una volta andai all'ospedale a trovare un mio amico scrittore che stava morendo
              un pezzetto alla volta
              il peggior modo possibile.
              Così a ogni visita
              (quando era in sè) continuava a
              parlarmi
              della sua
              scrittura (di come non fosse un dono
              ma una magica ossessione)
              E non si preoccupava delle
              mie visite perché
              lui sapeva che io capivo perfettamente che cosa stava
              dicendo.
              Al suo funerale
              mi aspettavo che si alzasse dalla
              bara e dicesse: "Chinaski,
              è stato bello così,
              ne è valsa pena"
              non ha mai saputo come ero fatto
              perché prima che ci conoscessimo
              era giù diventato cieco
              ma sapeva
              che io capivo
              la sua lenta e terribile
              morte.
              Una volta gli dissi che
              gli dei lo stavano punendo
              perché scriveva troppo
              bene.
              Io spero di non essere mai così
              bravo, io voglio morire con la mia testa buttata su questa
              macchina da scrivere
              3 righe alla fine della
              pagina
              una sigaretta consumata tra le
              dita, la radio ancora accesa
              voglio solo scrivere
              abbastanza bene per
              finire
              così.
              Composta mercoledì 25 settembre 2013
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                in Poesie (Poesie d'Autore)

                Non restituire al mittente

                La buona notizia è che sono
                deperibile,
                mentre la lumaca striscia sotto
                la foglia,
                mentre la dama nel caffè
                ride una falsa risata,
                mentre la Francia brucia
                un crepuscolo di porpora.
                Sono deperibile
                e questo è il bello,
                mentre il cavallo scalcia
                un asse della stalla,
                mentre ci affrettiamo verso
                il paradiso,
                io sono piuttosto deperibile.
                Metti le scarpe sotto
                il letto
                allineate.
                Mentre ulula il cane
                l'ultima rana sbuffa
                e salta.
                Composta mercoledì 25 settembre 2013
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                  in Poesie (Poesie d'Autore)

                  Vecchio?

                  In agosto avrò 73 anni,
                  quasi ora di fare le valigie
                  per un salto nel vuoto
                  ma due cose
                  mi trattengono:
                  non ho ancora scritto
                  abbastanza poesie
                  e poi il vecchio
                  che abita nella casa
                  di fianco alla mia.
                  Vivo e vegeto,
                  a 96 anni.
                  Picchia sulla finestra
                  col bastone
                  e manda baci
                  a mia moglie.
                  Capisce tutto,
                  schiena dritta,
                  passo svelto,
                  guarda troppa tivù
                  ma noi
                  allora?
                  Ogni tanto vado a trovarlo,
                  ciacola
                  ma non dice cazzate,
                  tende a ripetersi
                  un poco
                  ma vale quasi la pena
                  di riascoltarlo.
                  Ero da lui
                  un giorno e ha detto:
                  "sai, presto
                  tirerò le cuoia..."
                  "mah," ho detto io, "non ne sono
                  così sicuro..."
                  "Io sì," ha detto,
                  "perciò, che ne diresti
                  di fare un cambio con casa mia?"
                  "Certo la tua è carina."
                  "ma non so se puoi darmi
                  quello che voglio in cambio..."
                  "Dipende, mettimi alla prova."
                  "Bè," ha detto, "vorrei un nuovo
                  paio di testicoli."
                  Quando morirà il vicino
                  sarà difficile riempire
                  il gran vuoto che lascia.
                  Mi sono
                  spiegato?
                  Composta mercoledì 25 settembre 2013
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                    in Poesie (Poesie d'Autore)

                    Auto-invitati

                    E va bene, mettimi le mutande al contrario, telefona in Cina,
                    fai volar via gli uccelli,
                    compra un quadro di una colomba rossa e ricordati
                    di Herbert Hoover.
                    Quel che cerco di dire è che 6 delle ultime
                    8 sere abbiamo avuto ospiti, tutti auto-invitati,
                    e come dice mia moglie: "non vogliamo farli restar male".
                    Sicché ci sediamo e li ascoltiamo, certuni famosi
                    e certuni mica tanto, certuni piuttosto svegli
                    e divertenti, certuni mica tanto
                    ma finisce tutto in chiacchiera, chiacchiera, chiacchiera,
                    parole, parole, parole, un garbato mulinello di suoni
                    che rivela innanzitutto solitudine: in un modo o nell'altro
                    chiedono tutti di essere accettati,
                    di essere ascoltati, e ciò è comprensibile,
                    ma io sono uno di quelli che preferirebbe
                    starsene tranquillo a casa con la moglie e i suoi 6 gatti
                    (o di sopra da solo a fare niente).
                    L'impressione è che sia un egoista
                    e mi senta sminuito dalla gente
                    ma non ho l'impressione che loro
                    si sentano vuoti, ho l'impressione
                    che li diletti il movimento
                    delle loro bocche.
                    E quando se ne vanno quasi tutti accennano
                    a un'altra visitina.
                    Mia moglie è carina, li saluta con calore,
                    ha un cuore d'oro, così d'oro che quando, che so,
                    andiamo al ristorante e scegliamo un tavolo
                    lei prende il posto da cui si può "veder la gente"
                    e io quello da cui non è possibile.
                    D'accordo, sono un figlio del demonio;
                    l'intera umanità mi annoia e no, non è
                    paura, sebbene qualcosa in loro mi spaventi,
                    e non è invidia perché non voglio nulla
                    di ciò che loro vogliono, è solo che
                    in tutte quelle ore di
                    parole parole parole
                    non sento niente di davvero buono coraggioso o nobile,
                    e che valga un briciolo del tempo in cui mi hanno impallinato
                    le cervella.
                    Te lo ricordi quando avevi l'abitudine di buttarli fuori
                    dalla porta invece di fargli scaricar le batterie
                    sui tuoi divani,
                    quei tipi malinconici sempre a caccia di compagnia,
                    e ti vergogni di te stesso per esserti arreso
                    alle loro insane fesserie
                    ma altrimenti tua moglie direbbe:
                    "pensi di essere forse l'unico essere umano
                    sulla terra?"
                    Vedete, ecco come il diavolo
                    mi acchiappa.
                    Perciò io ascolto e loro si sentiranno
                    realizzati.
                    Composta mercoledì 25 settembre 2013
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