Pensavo, mentre camminavo, in quel freddo corridoio dell'ospedale, avrò fatto mille chilometri, la luce forte e poi fioca della sera mi aveva distrutto gli occhi, quella situazione non mi sembrava vera. Asciugavo le lacrime e pregavo, la mia preoccupazione, solo tu. Non pensavo fino ad allora di amarti come ti amo ora, vorrei riuscire a dirtelo, questa soddisfazione me la devi dare. Da quel vetro, che volevo sfondare, riuscivo a sentire i tuoi respiri, non mi facevano entrare, mai mi sono sentita così male, volevo confessarti quel che sei.... Una stretta al cuore: signora, aspetti ancora, non è il momento, non è ora, ti sedavano per non farti girare, il tuo cuore si poteva fermare, non mi potevi vedere. Quanto è brutto questo posto, non ci sei mai voluto andare, ma di corsa quella sirena, ancora mi rimbomba nella testa, tre notti che non dormo, non mangio voglio riportarti a casa, adesso basta!
Averla senza possederla. Dare il meglio di sé senza pensare di ricevere. Voler stare spesso con lei, ma senza essere mossi dal bisogno di alleviare la propria solitudine. Temere di perderla, ma senza essere gelosi. Aver bisogno di lei, ma senza dipendere. Aiutarla, ma senza aspettarsi gratitudine. Essere legati a lei, pur essendo liberi. Essere un tutt'uno con lei, pur essendo se stessi. Ma per riuscire in tutto ciò, la cosa più importante da fare è... accettarla così com'è, senza pretendere che sia come si vorrebbe.
Convinto ancora di avermi circuito aggiungendo un trofeo alla tua lunga lista, non ha mai voluto capire, che è la donna che conquista e quando vuole ti rincorre sulla pista. Le tue carezze, solo una conferma, sulla mia pelle che più non si ferma, trema, al solo sfiorare e le tue mani... dove sono, le sento dappertutto, hai cominciato per il tuo piacere, ed ora sei finito, distrutto. Ora sono io a guidare il gioco, che hai voluto iniziare senza amore, non pensavi di essere coinvolto, ed hai paura che qualcosa ti venga tolto, ora vivi aspettando le mie mani, e mi chiami e aspetti.... si, forse domani.
Se dai rovi nascerà un fiore, sarà una rosa che cambia colore, aspetta che sbocci, non la tagliare. Sopra il suo stelo succhia la vita, punge la spina ma ormai è finita, e se qualcuno la coglierà, anche regina tra tutti i fiori, presto morrà, e nelle tue mani ancora bocciolo, appassirà. Lascia che Rosa cresca da sola, guarda il colore, senti l'odore, non influire col tuo volere, lascia che sola impari a sognare. Quando crescendo il suo colore cambierà, stai a guardare il suo splendore, si aprirà ai raggi del sole, al calore, e la sua vita bella sarà. Non cogliere i fiori sopra lo stelo, lascia che crescano sotto quel cielo, hanno bisogno del nostro amore, anche se poi nel grande giardino, incontrando un fiore, cambieranno colore.
Tu eri l'uragano e io l'alta torre che sfida il suo potere: dovevi schiantarti o abbattermi... Non è potuto essere! Tu eri l'Oceano e io la eretta roccia che salda attende il suo ondeggiare: dovevi rifrangerti o sradicarmi! Non è potuto essere! Bella tu, io altero; abituati l'una a travolgere, l'altro a non cedere; il sentiero stretto, inevitabile lo scontro... Non è potuto essere!
Hai detto tutto questo Certo, ho detto tutto questo. Cosa vuoi? Voglio bruciare. Perché? Perché sono infiammabile, sono serio. Hai detto tutto questo... Certo, ho detto tutto questo. Non sai cosa vuoi E dici che la vita non è abbastanza. La vita non è abbastanza. Allora cos'è abbastanza? Sentire... altrimenti muoio. Cosa proverai? Il fuoco. Allora vai avanti e brucia. Ma la vita non è in fiamme. Allora muori. Fisicamente?
Io so un inno immenso e strano che annuncia nelle notti dell'anima un'aurora, e queste pagine sono di quell'inno cadenze che l'aria dilata nell'ombra.
Io vorrei scriverlo, dell'uomo dominando la ribelle, meschina lingua, con parole che fossero ad un tempo sospiri e risate, colori e musica.
Ma è inutile lottare; non c'è scrittura che possa racchiuderlo, e a malapensa - oh mia bella! - tenendo fra le mie mani le tue, potrei, all'orecchio, cantarlo a te sola.