Vent'anni, e non cammino, non ricordo nemmeno se sono stato un bambino, tra le braccia di mia madre sono nato che fino a che ha potuto mi ha cresciuto e sostenuto. Sempre ringrazio Dio per averla avuta. Quando ero piccolo, non mi sentivo diverso, adesso vivo ancorato ad una gelida sedia, senza questa sicurezza mi sentirei perso. La solitudine, è dentro al mio cuore, fuori intorno a me un immenso amore, qualche amico fa finta, il sorriso non nega, ma ho imparato a leggere negli occhi. La mia casa mi lega, è il mio porto sicuro, il computer, il mio cane, mio padre e mia madre, qualche volta ridiamo, qualche passeggiata, ma una lacrima scende e presto va asciugata, guardando un fiore che non posso cogliere, un viso che non posso accarezzare, quella bicicletta... non so pedalare, il mare, il sole mi fa male i miei occhi, senza futuro, sono abituati al chiuso della mia stanza, ho vent'anni, ma mi manca la speranza.
E la nebbia scese come un sipario, tutto sfumò e nascose, anche quei giorni segnati, del calendario, nelle mani, che un tempo stringevi, più non rimani. Le promesse, le illusioni, le bugie e quelle strane sensazioni, non sapevo mai dov'eri, ti cercavo e non volevi, eppure a modo tuo mi amavi. Nel cuore sei rimasto, per tutto il tempo, ti sentivo come un brivido nel vento, mi sentivo sfiorare come solo tu sapevi fare, ed un giorno d'aprile, ti ho visto tornare. Ho riaperto casa, ho riaperto il cuore, sperando... ancora sto soffrendo e non si può per l'ennesima volta. Quel sipario scese su questa commedia, che mai più replicò.
Perché Signore chiedi il dolore, forse a chi può sopportarlo, ci vuoi eroi nel cuore, ma siamo umani, con la nostra disperazione, non puoi continuamente metterci alla prova, qual è la tua soddisfazione? Ci prometti una vita tranquilla, al di là del mondo, ma se in terra già fede vacilla, cosa poi ci dobbiamo aspettare. Sotto questo cielo di stelle, stiamo a guardare, a volte cerchiamo te, sempre lo stesso, che difenderai noi tutti ce lo hai promesso, ma in terra chi hai messo a nostra difesa, tra fede e amore non c'è più intesa, non siamo eroi ma ricorda quel che hai detto... perché ci fai soffrire, siamo figli tuoi.
Sei tu, il ricordo più bello, riposto qui nel cuore, tra le pagine di un libro che non riesco ad aprire. Ogni giorno scrivevo un minuto di te, e ti aspettavo, consumando i miei occhi. Accarezzo le tue lettere, chiamandoti respiro il tuo respiro, quel letto che ci ha visti amanti, ha mantenuto a lungo il suo segreto. Amore mio, ti prego, non voglio che i miei figli... Me lo dicevi sempre, lo ripetevi ancora, e quanto mi hai umiliato, ora per ora, lasciandomi da sola, con tutte quelle bugie, sei andato avanti per giorni, senza farti sentire e sempre ripetevi: cerca di capire... Le promesse di una vita insieme, non le hai mai mantenute, io dovevo essere discreta, eri un uomo sposato. Ma tempo è passato e non ne hai più parlato, volevi me, volevi tutto, ed era peccato. Ho vissuto la tua stessa vita, senza sapere, ero la tua amica, la confidente, l'amante e ti consolavo quando serviva, senza parlare e mi stava bene, perché troppo ti amavo, or non ci sei più, né per me, né per lei mi rimane il ricordo... nel cuore un profondo dolore.
Fuori si sentiva l'eco dei fucili, grida per noi incomprensibili, dentro questo vagone merci, eravamo stipati come porci. Non c'erano più mamme, né figli né famiglie da riunire, sicuro c'era un popolo da salvare. Distrutti, in quel lungo viaggio, mentre la neve cadeva e copriva quel treno che lento ci conduceva, dove non c'era più ritorno, dove finisce il mondo... la frontiera, quella linea per noi infinita, da dove ogni cosa non è più tornata. Bambini che piangevano, attaccati alle gonne ed al seno, scaldati da quella calca umana, che ancora di più stringeva e non se ne curava. Qualche preghiera, mista ad imprecazioni, urla e mortificazioni. Qualcuno è tornato dal mondo dell'oblio, mi ha raccontato... c'ero anch'io.
Si sentiva quell'acre odor di corpi, da quei forni, solo il fumo, usciva, come anime che salivano al cielo, nella sera. Pioveva, ma quel fumo bianco era una bandiera, sventolava col vento freddo della notte buia, erano migliaia innocenti, gementi rinchiusi in celle di vergogna, come topi di fogna, senza più nome. Numeri a fuoco, da pazzi marchiati, non sentivano più il dolore, bestie da macello.... E noi dovremmo scordare, quello che è successo! Questa è la pena che dobbiamo scontare, anche noi tutti, abbiamo lasciato fare, quanti di noi hanno assecondato questo psicopatico e malato. Vergognarci è poco, non si torna indietro, ma in questo giorno il fumo di quel forno sventolerà ancora come una bandiera per ricordarci sempre quel che era.