Poesie d'Autore


Scritta da: Silvana Stremiz
in Poesie (Poesie d'Autore)

Monologo

Vita che non osai chiedere e fu,
mite, incredula d'essere sgorgata
dal sasso impenetrabile del tempo,
sorpresa, poi sicura della terra,
tu vita ininterrotta nelle fibre
vibranti, tese al vento della notte...

Era, donde scendesse, un salto d'acque
silenziose, frenetiche, affluenti
da una febbrile trasparenza d'astri
ove di giorno ero travolto in giorno,
da me profondamente entro di me
e l'angoscia d'esistere tra rocce
perdevo e ritrovavo sempre intatta.

Tempo di consentire sei venuto,
giorno in cui mi maturo, ripetevo,
e mormora la crescita del grano,
ronza il miele futuro. Senza pausa
una ventilazione oscura errava
tra gli alberi, sfiorava nubi e lande;
correva, ove tendesse, vento astrale,
deserto tra le prime fredde foglie,
portava una germinazione oscura
negli alberi, turbava pietre e stelle.

Con lo sgomento d'una porta
che s'apra sotto un peso ignoto, entrava
nel cuore una vertigine d'eventi,
moveva il delirio e la pietà.
Le immagini possibili di me,
passi uditi nel sogno ed inseguiti,
svanivano, con che tremenda forza
ti fu dato di cogliere, dicevo,
tra le vane la forma destinata!
Quest'ora ti edifica e ti schianta.
L'uno ancora implacato, l'altro urgeva -
con insulto di linfa chiusa i giorni
vorticosi nascevano da me,
rapidi, colmi fino al segno, ansiosi,
senza riparo n'ero trascinato.
Fosti, quanto puoi chiedere, reale,
la contesa col nulla era finita,
spirava un tempo lucido e furente,
senza fine perivi e rinascevi,
ne sentivi la forza e la paura.
Una disperazione antica usciva
dagli alberi, passava sulle tempie.
Vita, ne misuravi la pienezza,.
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Da "Avvento Notturno" Avorio

    Parla il cipresso equinoziale, oscuro
    e montuoso esulta il capriolo,
    dentro le fonti rosse le criniere
    dai baci adagio lavan le cavalle.
    Giù da foreste vaporose immensi
    alle eccelse città battono i fiumi
    lungamente, si muovono in un sogno
    affettuose vele verso Olimpia.
    Correranno le intense vie d'Oriente
    ventilate fanciulle e dai mercati
    salmastri guarderanno ilari il mondo.
    Ma dove attingerò io la mia vita
    ora che il tremebondo amore è morto?
    Violavano le rose l'orizzonte,
    esitanti città stavano in cielo
    asperse di giardini tormentosi,
    la sua voce nell'aria era una roccia
    deserta e incolmabile di fiori.
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      Scritta da: Silvana Stremiz
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Notturno

      Il sangue ferve per Gesù che affuoca.
      Bruciamo! Dico: e la parola è vuota.
      Salvami tutto crocifisso (grido)
      insanguinato di Te! Ma chiodo al muro,
      in fìsiche miserie io son confitto.
      La grazia di patir, morire oscuro,
      polverizzato nell'amor di Cristo:
      far da concime sotto la sua Vigna,
      pavimento sul qua! Si passa, e scorda,
      pedaliera premuta onde profonda
      sai fa voce dell'organo nel tempio -
      e risultare infine inutil servo:
      questo, Gesù, da me volesti; e vano
      promisi, se poi le anime allontano.
      Bello è l'offrir, quale il fiorire al fiore;
      ma dal sognato vien diverso il fatto.
      Padre, Padre che ancor quaggiù mi tieni,
      fa che in me l'Ecce non si perda o scemi!
      A non poter morire intanto muoio.
      Il sangue brucia: Gesù mette fuoco;
      se non giunge all'ardor, solo è bruciore.
      Maria invoco, che del Fuoco è Fiamma;
      pietosa in volto, sembra dica ferma: -
      Penitenza, figliolo, penitenza:
      prega in preghiera che non veda effetto:
      offriti sempre, anche se invan l'offerta;
      e mentre stai senza sorte certa,
      umiliato, e come maledetto,
      Dio in misericordia ti conferma.
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        Scritta da: Silvana Stremiz
        in Poesie (Poesie d'Autore)

        La sabbia del tempo

        Come scorrea la calda sabbia lieve
        Per entro il cavo della mano in ozio,
        Il cor sentì che il giorno era più breve.

        E un'ansia repentina il cor m'assalse
        5 Per l'appressar dell'umido equinozio
        10 Che offusca l'oro delle piagge salse.

        Alla sabbia del Tempo urna la mano
        Era, clessidra il cor mio palpitante,
        L'ombra crescente d'ogni stelo vano
        Quasi ombra d'ago in tacito quadrante.
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          Scritta da: Silvana Stremiz
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Le mani

          Le mani delle donne che incontrammo
          una volta, e nel sogno, e ne la vita:
          oh quelle mani, Anima, quelle dita
          che stringemmo una volta, che sfiorammo
          con le labbra, e nel sogno, e ne la vita!
          Fredde talune, fredde come cose
          morte, di gelo (tutto era perduto):
          o tiepide, parean come un velluto
          che vivesse, parean come le rose:
          rose di qual giardino sconosciuto?
          Ci lasciaron talune una fragranza
          così tenace che per una intera
          notte avemmo nel cuore la primavera;
          e tanto auliva la soligna stanza
          che foresta d'april non più dolce era.
          Da altre, cui forse ardeva il fuoco estremo
          d'uno spirto (ove sei, piccola mano,
          intangibile ormai, che troppo piano
          strinsi? ), venne il rammarico supremo:
          - Tu che m'avesti amato, e non in vano! -
          Da altre venne il desìo, quel violento
          Fulmineo desio che ci percote
          come una sferza; e immaginammo ignote
          lussurie in un'alcova, un morir lento:
          - per quella bocca aver le vene vuote! -
          Altre (o le stesse) furono omicide:
          meravigliose nel tramar l'inganno.
          Tutti gli odor d'Arabia non potranno
          Addolcirle. - Bellissime e infide,
          quanti per voi baciare periranno! -
          Altre (o le stesse), mani alabastrine
          ma più possenti di qualunque spira,
          ci diedero un furor geloso, un'ira
          folle; e pensammo di mozzarle al fine.
          (Nel sogno sta la mutilata, e attira.
          Nel sogno immobilmente eretta vive
          l'atroce donna dalle mani mozze.
          E innanzi a lei rosseggiano due pozze
          di sangue, e le mani entro ancora vive
          sonvi, neppure d'una stilla sozze).
          Ma ben, pari a le mani di Maria,
          altre furono come le ostie sante.
          Brillò su l'anulare il diamante
          né gesti gravi della liturgia?
          E non mai tra i capelli d'un amante.
          Altre, quasi virili, che stringemmo
          forte e a lungo, da noi ogni paura
          fugarono, ogni passione oscura;
          e anelammo a la Gloria, e in noi vedemmo
          illuminarsi l'opera futura.
          Altre ancora ci diedero un profondo
          brivido, quello che non ha l'uguale.
          Noi sentimmo, così, che ne la frale
          palma chiuder potevano esse un mondo
          immenso, e tutto il Bene e tutto il Male:
          Anima, e tutto il Bene e tutto il Male.
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            Scritta da: Stefano Del Degan
            in Poesie (Poesie d'Autore)

            Verdi foreste di smeraldo

            Ho sognato
            verdi foreste di smeraldo,
            rivi d'acqua cristallina e pura
            che corrono splendenti
            tra pietre di zaffiro, giada e topazi,
            gente felice sotto l'azzurro cielo
            di quei giardini d'Eden scomparso,
            libero di volare oltre le barriere del vento,
            senza il dolore della sofferenza,
            oltre la paura dell'abbandono,
            al di là del grigiore della vecchiaia.
            Poi improvviso son sveglio e demente,
            di nuovo preda del corpo prigione,
            ancora terreno legato
            al triste vivere d'appassita bellezza.
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              Scritta da: Ma Na
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              Se io, ancor che nessuno,
              potessi avere sul volto
              quel lampo fugace
              che quegli alberi hanno,
              avrei quella gioia
              delle cose al di fuori,
              perché la gioia è dell'attimo;
              dispare col sole che gela.
              Qualunque cosa m'avrebbe meglio
              giovato della vita che vivo -
              vivere questa vita di estraneo
              che da lui, dal sole, mi era venuta!
              Viaggiare! Perdere paesi!
              Essere altro costantemente,
              non avere radici, per l'anima,
              da vivere soltanto di vedere!
              Neanche a me appartenere!
              Andare avanti, andare dietro
              l'assenza di avere un fine,
              e l'ansia di conseguirlo!
              Viaggiare così è viaggio.
              Ma lo faccio e non ho di mio
              più del sogno del passaggio.
              Il resto è solo terra e cielo.
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