Poesie d'Autore


Scritta da: Stefano Del Degan
in Poesie (Poesie d'Autore)

Occhi a mandorla

Lei dal pallido viso di antiche fattezze orientali
captò la mia attenzione
in un corridoio sala d'aspetto ambulatorio ortopedico
di uno squallido ospedale, civile.
La riconobbi
aveva un'anima.
Non so se lo sapesse.
Lì, quel giorno
di anime ce n'erano solo altre cinque.
Tra la moltitudine in attesa di una visita
rividi le ombre ricorrenti dei miei pensieri
intrecciarsi con le frecce intrise d'amore
dai loro occhi
dai loro cuori.
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    Scritta da: Antonella Marotta
    in Poesie (Poesie d'Autore)

    Cocotte

    Ho rivisto il giardino, il giardinetto
    contiguo, le palme del viale,
    la cancellata rozza dalla quale
    mi protese la mano ed il confetto...

    "Piccolino, che fai solo soletto?"
    "Sto giocando al Diluvio Universale"
    Accennai gli strumenti, le bizzarre
    cose che modellavo nella sabbia,
    ed ella si chinò come chi abbia
    fretta d'un bacio e fretta di ritrarre
    la bocca, e mi baciò tra le sbarre
    come si bacia un uccellino in gabbia.

    Sempre ch'io viva rivedrò l'incanto
    di quel volto tra le sbarre quadre!
    La nuca mi serrò con le mani ladre;
    ed io stupivo di vedermi accanto
    al viso, quella bocca tanto, tanto
    diversa dalla bocca di mia Madre!

    "Piccolino, ti piaccio che mi guardi?
    Sei qui pei bagni? Ed affittate là?"
    Subito mi lasciò, con negli sguardi
    un vano sogno (ricordai più tardi)
    un vano sogno di maternità...

    "Una cocotte..."

    "Che vuol dire mammina?"
    "Vuo dire che è una cattiva signorina:
    non bisogna parlare alla vicina!"
    Co-co-tte... La strana voce parigina
    dava alla mia fantasia bambina
    un senso buffo d'uovo e di gallina...

    Pensavo deità favoleggiate:
    i naviganti e l'Isole Felici...
    Co-co-tte... le fate intese a malefici
    con cibi e bevande affatturate...
    Fate saranno, chi sa quali fate,
    e in chi sa quali tenebrosi offici!

    Un giorno -giorni dopo- mi chiamò
    tra le sbarre fiorite di perbene:
    "O piccolino, che non mi vuoi più bene?"
    "È vero che sei una cocotte? "
    Perdutamente rise... E mi baciò
    con le pupille di tristezza piene

    Tra le gioie defunte e i disinganni
    dopo vent'anni, oggi si ravviva
    il tuo sorriso... Dove sei, cattiva
    signorina? Sei viva? Come inganni
    (meglio per te non essere più viva!)
    la discesa terribile degli anni?

    Oimè! Da che non giova il tuo belletto
    e il cosmetico già fa mala prova
    l'ultimo amante disertò l'alcova...
    Uno, sol uno: il piccolo folletto
    che donasti d'un bacio e d'un confetto,
    dopo vent'anni, oggi, ti ritrova

    in sogno, e t'ama, in sogno, e dice: T'amo!
    Da quel mattino dell'infanzia pura
    forse ho amato te sola, o creatura!
    Forse ho amato te sola! E ti richiamo!
    Se leggi questi versi di richiamo
    ritorna a chi t'aspetta, o creatura!

    Vieni, Che importa se non sei più quella
    che mi baciò quattrenne? Oggi t'agogno,
    o vestita di tempo! Oggi ho bisogno
    del tuo passato! Ti rifarò bella
    coma Carlotta, come Graziella,
    come tutte le donne del mio sogno!

    Il mio sogno è nutrito d'abbandono,
    di rimpianto. Non amo che le rose che non colsi.
    Non amo che le cose che potevano essere e non sono state...
    Vedo la casa; ecco le rose
    del bel giardino di vent'anni or sono!

    Oltre le sbarre il tuo giardino intatto
    fra gli eucalipti liguri si spazia...
    Vieni! T'accoglierà l'anima sazia.
    Fa' che io riveda il tuo volto disfatto;
    ti bacerò: rifiorirà nell'atto,
    sulla tua bocca l'ultima tua grazia.

    Vieni! Sarà come se a me, per mano,
    tu riportassi me stesso d'allora,
    il bimbo parlerà con la Signora.
    Risorgeremo dal tempo lontano.
    Vieni! Sarà come se a te, per mano,
    io riportassi te, giovane ancora.
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      Scritta da: Antonella Marotta
      in Poesie (Poesie d'Autore)

      Io che come un sonnambulo cammino

      Io che come un sonnambulo cammino
      per le mie trite vie quotidiane,
      vedendoti dinanzi a me trasalgo.

      Tu mi cammini innanzi lenta come
      una regina.
      Regolo il mio passo
      io subito destato dal mio sonno
      sul tuo ch'è come una sapiente musica.
      E possibilità d'amore e gloria
      mi s'affacciano al cuore e me lo gonfiano.
      Pei riccioletti folli d'una nuca
      per l'ala d'un cappello io posso ancora
      alleggerirmi della mia tristezza.
      Io sono ancora giovane, inesperto
      col cuore pronto a tutte le follie.

      Una luce di fa nel dormiveglia.
      Tutto è sospeso come in un'attesa.
      Non penso più. Sono contento e muto.
      Batte il mio cuore al ritmo del tuo passo.
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        Scritta da: Antonella Marotta
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        Ed amai nuovamente; e fu di Lina
        dal rosso scialle il più della mia vita.
        Quella che cresce accanto a noi, bambina
        dagli occhi azzurri, è dal suo grembo uscita.

        Trieste è la città, la donna è Lina,
        per cui scrissi il mio libro di più ardita
        sincerità; né dalla sua fu fin ad oggi mai l'anima partita.

        Ogni altro conobbi umano amore;
        ma per Lina torrei di nuovo un'altra
        vita, di nuovo vorrei cominciare.

        Per l'altezze l'amai del suo dolore;
        perché tutto fu al mondo, e non mai scaltra,
        e tutto seppe, e non se stessa, amare.
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          Scritta da: Antonella Marotta
          in Poesie (Poesie d'Autore)

          Amicizia

          Noi non ci conosciamo. Penso ai giorni
          che, perduti nel tempo, c'incontrammo,
          alla nostra incresciosa intimità.
          Ci siamo sempre lasciati
          senza salutarci,
          con pentimenti e scuse da lontano.
          Ci siam riaspettati al passo,
          bestie caure,
          cacciatori affinati,
          a sostenere faticosamente
          la nostra parte di estranei.
          Ritrosie disperanti,
          pause vertiginose e insormontabili,
          dicevan, nelle nostre confidenze,
          il contatto evitato e il vano incanto.
          Qualcosa ci è sempre rimasto,
          amaro vanto,
          di non aver ceduto ai nostri abbandoni,
          qualcosa ci è sempre mancato.
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