Poesie d'Autore


Scritta da: Antonella Marotta
in Poesie (Poesie d'Autore)
Taci anima mia. Son questi i tristi giorni in cui senza volontà si vive,
i giorni dell'attesa disperata.
Come l'albero ignudo a mezzo inverno
che s'attriste nella deserta corte
io non credo di mettere più foglie
e dubito d'averle messe mai.
Andando per la strada così solo
tra la gente che m'urta e non mi vede
mi pare d'esser da me stesso assente.
E m'accalco ad udire dov'è ressa
sosto dalle vetrine abbarbagliato
e mi volto al frusciare d'ogni gonna.
Per la voce d'un cantastorie cieco
per l'improvviso lampo d'una nuca
mi sgocciolano dagli occhi sciocche lacrime
mi s'accendon negli occhi cupidigie.
Chè tutta la mia vita è nei miei occhi:
ogni cosa che passa la commuove
come debola vento un'acqua morta.

Io son come uno specchio rassegnato
che riflette ogni cosa per la via.
In me stesso non guardo perché nulla
vi troverei...

E, venuta la sera, nel mio letto
mi stendo lungo come in una bara.
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    Scritta da: Antonella Marotta
    in Poesie (Poesie d'Autore)
    Svegliandomi il mattino, a volte provo
    sì acuta ripugnanza a ritornare
    in vita, che di cuore farei patto
    in quell'istante stesso di morire.

    Il risveglio m'è allora un altro nascere;
    ché la mente lavata dall'oblio
    e ritornata vergine nel sonno
    s'affaccia all'esistenza curiosa.
    Ma tosto a lei l'esperienza emerge
    come terra scemando la marea.
    E così chiara allora le si scopre
    l'irragionevolezza della vita,
    che si rifiuta a vivere, vorrebbe
    ributtarsi nel limbo dal quale esce.

    Io sono in quel momento come chi
    si risvegli sull'orlo d'un burrone,
    e con le mani disperatamente
    d'arretrare si sforzi ma non possa.

    Come il burrone m'empie di terrore
    la disperata luce del mattino.
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      Scritta da: Antonella Marotta
      in Poesie (Poesie d'Autore)
      Adesso che placata è la lussuria
      sono rimasto con i sensi vuoti,
      neppur desideroso di morire.
      Ignoro se ci sia nel mondo ancora
      chi pensi a me e se mio padre viva.
      Evito di pensarci solamente.
      Chè ogni pensiero di dolore adesso
      mi sembrerebbe suscitato ad arte.
      Sento d'esser passato oltre qual limite
      nel qual si è tanto umani per soffrire,
      e che quel bene non m'è più dovuto,
      perché soffrire la colpa è un bene.

      Mi lascio accarezzare dalla brezza,
      illuminare dai fanali, spingere
      dalla gente che passa, incurioso
      come nave senz'ancora né vela
      che abbandona la sua carcassa all'onda.
      Ed aspetto così, senza pensiero
      e senza desiderio, che di nuovo
      per la vicenda eterna delle cose
      la volontà di vivere ritorni.
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        Scritta da: Antonella Marotta
        in Poesie (Poesie d'Autore)
        I miei occhi implacabili che sono
        sempre limpidi pure quando piangono
        Amicizia non vale ad ingannare.
        Quando parliamo troppo forte o quando
        d'improvviso taciamo tutti e due,
        vedono essi il male che ci rode.
        Col rumor della voce noi vogliamo
        creare fra noi quel che non è;
        quando taciamo non sappiam che dirci
        ed apre degli abissi quel silenzio.
        Allacciarci non giova con le braccia
        se distinti restiamo ai nostri occhi.

        A ingannarli non vali neppur tu,
        Dolore. Quando allenti la tua stretta,
        il mio padre e le mia sorella anch'esse
        s'allontanano paurosamente.

        Certe volte vedendo una bestiola
        che lecca una bestiola e gioca seco,
        mi morde il cuore una crudele invidia.

        Con gli occhi vedo che mi sei negata,
        gioia di voler bene a quelcheduno.
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          Scritta da: Antonella Marotta
          in Poesie (Poesie d'Autore)
          Mi desto dal penoso sonno solo
          nel cuore della notte.
          Tace intorno
          la casa come vuota e laggiù brilla
          silenzioso coi suoi lumi un porto.
          Ma sì freddi e remoti son quei lumi
          e sì alto il silenzio nella casa
          che mi levo sui gomiti in ascolto.
          Improvviso terrore mi sorprende
          il fiato e allarga nella notte gli occhi:
          separata dal resto della casa
          separata dal resto della terra
          è la mia vita ed io son solo al mondo.

          Poi il ricordo delle trite vie
          e dei nomi e dei volti consueti
          emerge come spiaggia da marea
          e di me sorridendo mi riadagio.

          Ma svanita col sonno la paura,
          un gelo in fondo all'anima rimane:
          io tra gli uomini vado
          curioso di lor ma come estraneo;
          ed alcuno non ho nelle cui mani
          metter le mani
          e col quale di me dimenticarmi.
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            Scritta da: Antonella Marotta
            in Poesie (Poesie d'Autore)
            A volte mentre vado al sole
            e gli aspetti del mondo accolgo e il cuore
            quasi m'opprime l'amorosa ressa,
            ombra il sole ecco farsi l'ombra, gelo.

            Un cieco mi par d'essere che va
            lungo la sponda d'un immenso fiume.
            Scorrono sotto l'acque maestose;
            ma non le vede lui: il poco sole
            lui si prende beato. E se gli giunge
            a tratti mormorar d'acque, lo crede
            ronzio d'orecchi illusi.

            Perché a me par vivendo questa mia
            povera vita, un'altra rasentarne
            come nel sonno; e che quel sonno sia
            la mia vita presente.

            Un vago sentimento allor mi coglie,
            uno sgomento pueril.
            Mi siedo
            dove sono, sul ciglio della strada,
            miro il misero mio angusto mondo
            e carezzo con man che trema l'erba.
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              Scritta da: Antonella Marotta
              in Poesie (Poesie d'Autore)
              A volte sulla sponda della via
              preso da infinito scoramente
              mi seggo; e dove vado mi domando,
              perché cammino. E penso la mia morte
              e mi vedo già steso nella bara
              troppo stretta fatoccio inanimato...

              Quant'albe nasceranno ancora al mondo
              dopo di noi!
              Di ciò che abbiam sofferto
              di tutto ciò che in vita ebbimo a cuore
              non rimarrà il più piccolo ricordo

              Le generazioni passan come
              onde di fiume...

              Una mortale pesantezza il cuore
              m'opprime.
              Inerte vorrei esser fatto
              come qualche antichissima rovina
              e guardare succedersi le ore,
              e gli uomini mutare i passi, i cieli
              all'alba colorirsi, scolorirsi
              a sera...
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                Scritta da: Antonella Marotta
                in Poesie (Poesie d'Autore)
                Sempre assorto in me stesso e nel mio mondo
                come in sonno tra gli uomini mi muovo.
                Di chi m'utra col braccio non m'accorgo,
                e se ogni cosa guardo acutamente
                quasi sempre non vedo ciò che guardo.
                Stizza mi prende contro chi mi toglie
                a me stesso. Ogni voce m'importuna.
                Amo solo la voce delle cose.
                M'irrita tutto ciò che è necessario
                e consueto, tutto ciò che è vita,
                m'irrita come il fuscello la lumaca
                e com'essa in me stesso mi ritiro.

                Chè la vita che basta agli altri uomini
                non basterebbe a me.
                E veramente
                se un altro mondo non avessi, mio,
                nel quale dalla vita rifugiarmi,
                se oltre le miserie e le tristezze
                e le necessità e le consuetudini
                a me stesso non rimanessi io stesso,
                oh come non esistere vorrei!
                Ma un'impressione strana m'accompagna
                sempre in ogni mio passo e mi conforta:
                mi pare di passare come per caso
                da questo mondo...
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                  Scritta da: Antonella Marotta
                  in Poesie (Poesie d'Autore)
                  Ora che non mi dici niente, ora
                  che non mi fai godere né soffrire,
                  tu sei la consueta dei miei giorni.
                  Assomigli ad un lago tutto uguale
                  sotto un cielo di latta tutto uguale.
                  Assonnato mi muovo sulla riva.
                  Non voglio non desider, neppure
                  penso.
                  Mi tocco per sentir se sono.
                  È l'essere e il non esser, come l'acqua
                  e il cielo di quel lago si confondono.
                  Diventa il mio dolore quel d'un altro
                  e la vita non è né lieta né triste.
                  T'odio, compagna assidua dei miei giorni,
                  che alla vita non mi sottrai, facendomi
                  come il sonno una cosa inanimata,
                  ma me la lasci solo rasentare.
                  Poiché son rassegnato a viver, voglio
                  che ad ogni ora del dì mi pesi sopra,
                  mi tocchi nella mia carne vitale.
                  Voglio il Dolore che m'abbranchi forte
                  e collochi nel centro della Vita.
                  Ora che non mi dici niente, ora
                  che non mi fai godere né soffrire,
                  io rassegnato aspetto che tu passi.
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